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L'abbraccio di Bari al testimone di pace ucciso a Gaza

L'eredità di Vittorio "Vik" Arrigoni

Egidia Beretta racconta suo figlio nel libro "Il viaggio di Vittorio",
dai primi viaggi, al rapporto con la famiglia fino alla tragica morte
20 marzo 2013

Un'immagine di Vittorio Arrigoni, molto amato dai pacifisti per la sua attività nell'International Solidarity Moviment e le cronache da Gaza

Le prime immagini di Vittorio Arrigoni che scorrono sul muro dell'auditorium La Vallisa, a Bari, sono un pugno nello stomaco. Le ha portate sua madre, Egidia Beretta, insieme al suo libro, «Il viaggio di Vittorio», con il quale il sindaco di Bulciago, in provincia di Lecco, sta girando l’Italia. I video raccontano della campagna militare israeliana contro i gazawi, palestinesi della Striscia di Gaza. Si tratta del mese di sangue tra il 2008 e il 2009, conosciuto come operazione «Piombo fuso», che ha provocato circa 600 morti, tutti tra i gazawi.

Il punto di vista del racconto è quello del pacifista impegnato, della sua esperienza diretta.

Nel primo frammento «Vik» intervista alcuni contadini, ma una raffica di mitra interrompe la scena bucolica. Seguono immagini di bambini che arrancano tra le macerie e cadaveri ammassati. Poi il buio e il silenzio. Nell’auditorium tre cantanti intonano «A Muso Duro», di Pierangelo Bertoli. Poi parla Egidia.

Se non ci foste voi. Non è solo dell’esperienza di Vik come attivista dell’organizzazione non governativa International Solidarity Movement (Ism), che Egidia racconta, di fronte a una platea che l’ascolta commossa per tutto l’incontro, raccolta da Kenda onlus sotto luci soffuse, in una commemorazione laica. Per anni ha accolto le lettere e le telefonate di suo figlio, restando l’unica depositaria delle cose più raccapriccianti che subiva, che spesso non riportava neanche al resto della famiglia, per non destare preoccupazioni. Anche per questo, sul profilo di Facebook di Egidia potete leggere che vive a Gaza, perché è lì che il suo cuore è rimasto, a fianco a quello del figlio, che in quella terra ha battuto per gli ultimi istanti. «Sostenetemi voi-scrive una volta Vittorio-che siete la mia famiglia, se non ci foste voi, sarebbe come se mi mancasse un braccio, dovete proprio supportarmi!» Un appello insolito da un figlio che non dimostra con esuberanza l’amore che prova per i suoi cari. «Risponderò alle vostre mail alla fine, ci sono tante persone che vogliono un chiarimento, prima di voi», diceva non senza ironia ai suoi. Un amore profondo, però, come si legge anche nella lettera che invia a suo padre, ricoverato solo due mesi prima della morte di Vittorio, per un tumore che se lo porterà via a dicembre dello stesso anno. Una lettera che ogni padre vorrebbe ricevere, piena di rispetto e basata sulle divergenze, sul dialogo e sulla sintesi tra queste, l’esortazione a star bene e a pensare agli affetti.

Abbiamo chiesto a Egidia un ricordo di suo figlio in famiglia: «Avevamo la certezza di saperlo contento anche quando le sue scelte lo portavano a vivere situazioni difficili e rischiose e per me questa è la cosa più importante. Durante i primi campi di lavoro e durante il primo viaggio in Palestina non c’era questa grande ansia.»


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