Iraq: Un anno di guerra di R.Fisk
pericolo mortale. Un anno dopo, le uniche persone che si sentono più sicure
sono quelle che preferiscono non pensare con le proprie teste.
Di Robert Fisk
17 Marzo 2004 "The Independent" - La collisione dei missili Cruise può
ancora essere vista sulla torretta per le telecomunicazioni che si trova
sull'altra sponda del fiume Tigri. Il Ministero della Difesa giace tuttora
in rovina. La metà dei ministeri governativi a Bagdad mostra tuttora le
ferite prodotte dal fuoco, un necessario ricordo dell'incendio cancerogeno
che ha avvolto strettamente la gente di questa città nelle prime ore e
giorni della loro cosiddetta "liberazione".
Ma i simboli della guerra non sono le cicatrici lasciate dall'invasione
dell'anno scorso - e non possiamo chiamarla "la guerra dell'anno scorso",
perché la guerra sta continuando tutt'oggi. No, la vera follia della nostra
invasione può essere vista nelle fortezze che gli occupanti stanno
costruendo, quei bastioni di acciaio e calcestruzzo e quelle armature
blindate con cui adesso gli Americani si sono circondati. Come i crociati,
stanno costruendo castelli in mezzo alla gente che sono venuti a "salvare",
per proteggersi da quelli che si riteneva li avessero accolti regalandogli
fiori.
Persino nelle più piccole strade di Baghdad, è possibile respirare il
profumo del fiore d'arancio, che è sia dolce che amaro, un piccolo paradiso
in mezzo alla sporcizia e al tanfo di benzina. Ma è anche possibile
percepire il rumore di una popolazione alienata, per la quale ogni problema,
ogni umiliazione, ogni contrattempo, ogni tragedia, è colpa e responsabilità
dei propri occupanti. Come noi incolpiamo Blair - e Blair e Bush soltanto -
per la guerra, così gli Iracheni incolpano coloro che sono venuti a prendere
possesso del loro paese: Americani, Inglesi, Occidentali, stranieri. Oh,
quanto siamo diversi. Oh, quanto loro sono diversi. I due non si
incontreranno mai. Il problema è che non siamo poi così diversi.
Doveva essere la Guerra Personale di ogni Ragazzo. Questa è la maniera nella
quale i nostri leader ci presentano la morte, il sangue, e il tradimento in
questo periodo. E, strano abbastanza, questa è la stessa maniera nella quale
la guerra viene presentata anche agli Arabi dai loro dittatori e dai loro
re. Quando Saddam mandò le sue legioni in Iran nel 1980, soprannominò la
loro aggressione come "la Guerra Lampo" - mentre la seconda parte, 11 anni
più tardi, doveva essere "La Madre di Tutte le Battaglie". Abbiamo avuto
Desert Shield e Desert Storm e, l'anno scorso, Operazione Free Iraq ed ora
gli Americani - che stanno fronteggiando la resistenza che non avrebbero mai
potuto immaginare che potesse arrivare a sfidare la loro occupazione
dell'Iraq - stanno iniziando Operazione Iron Anvil, Operazione Iron Hammer
e, persino questa settimana nell'Afghanistan, Operazione Mountain Storm.
La nostra memoria popolare della Seconda Guerra Mondiale (la maggior parte
della popolazione Britannica, come oggi il Governo Blair, ha una memoria
diretta assai ridotta del conflitto 1939-45) è ora invocata come fosse un
trailer della grande immagine, una parte necessaria di una famigliare
narrativa della guerra. L'uomo con i baffi - che sia Nasser o Saddam - è
come il piccolo ex-caporale con i baffi che inviò la Luftwaffe sopra
l'Inghilterra nel 1940. E gli uomini che stavano andando a difenderci dalla
bestia di Baghdad, l'Hitler del Tigri (anche se Saddam era poi un fan di
Stalin) erano i Churchill e i Roosevelt, titani in battaglia contro la
malvagità. Temo che Churchill non avrebbe avuto tempo per i piccoli uomini
che desiderano sedersi sul suo trono storico, con la loro sincerità
disperata, la loro arroganza, il loro costante uso di "assolutamente" e
"completamente".
Così quando appena un anno fa il percorso di guerra in Iraq è stato
predisposto per noi, le vecchie memorie del conflitto 1939-45 sono state
rispolverate per l'occasione. Coloro che non desideravano confrontare Saddam
erano i Chamberlain, gli inclini alle concessioni, i deboli, le potenziali
quinte colonne. Coloro che erano invece pronti ad affrontare le zanne del
mostro stavano marciando verso la battaglia come i Desert Rats di Alamein.
Durante la liberazione del Kuwait del 1991, il comandante Inglese, il
Generale Peter de la Billiere, addirittura esibì sulla spalla una insegna
originale dell'Eight Army Desert Rat. Durante il Natale del 1990, mentre le
truppe Britanniche erano stazionate nel deserto Saudita in attesa di
attaccare gli Iracheni, la BBC mescolò l'intrattenimento per le truppe e le
loro famiglie con le immagini dei carri armati Britannici nel Deserto
Occidentale prese da un cinegiornale del 1942.
Ci furono alcuni passi falsi. Quando Blair ci ha detto che dobbiamo
sostenere George Bush, lui ha ricordato a tutti noi di come l'America era
venuta al nostro salvataggio nella Seconda Guerra Mondiale, trascurando con
tanta misericordia di accennare al vantaggioso periodo di neutralità di cui
gli Stati Uniti avevano goduto, fino a quando i Giapponesi avevano attaccato
a Pearl Harbour nel mese di Dicembre del 1941. Commentatori Americani hanno
ricordato al loro pubblico Inglese che gli Stati Uniti avevano dichiarato
guerra ad Hitler. Ma questo è falso. Fu Hitler che dichiarò guerra agli
Stati Uniti nel 1941.
E se abbiamo osato ricordare che Donald Rumsfeld, il Segretario della Difesa
Americano, aveva stretto la mano di Saddam agli inizi degli anni 80 - quando
era immerso nel suo più intenso periodo da genocida - Churchill ci è stato
riportato alla mente. Ricordo come uno dei "commentatori" di destra degli
Stati Uniti - in questo caso proveniente dall'Istituto Brookings - mi fece
notare durante un intervista per la BBC che "Churchill ha detto che a volte
è necessario fare un patto con il diavolo". Ma non è così, gli avevo
risposto, e Churchill non ha mai fatto una tale dichiarazione. Quello che
disse a John Colville dopo l'invasione Nazista dell'Unione Sovietica nel
1941 era che "se Hitler invadesse l'Inferno, accennerei favorevolmente al
Diavolo almeno una volta alla Camera dei Comuni". Ma Rumsfeld stava facendo
molto più di un semplice accenno quando aveva stretto quella mano.
Nei giorni che hanno preceduto la nostra invasione dell'Iraq un anno fa, le
minacce oltre che da Seconda Guerra Mondiale hanno anche dovuto avere un
sapore da Guerra Fredda. Condoleezza Rice, l'esperta di Bush di minacce e
terrore, ci ha messo in guardia su una "nuvola fungo" - presumibilmente la
versione Russa piuttosto che quella di Hiroshima e Nagasaki - e si è
invocata la parola olocausto. L'assurdo dossier di Blair - con i giornalisti
servilmente dietro a questa ridicola descrizione fornita dal documento mal
scritto e ingannevole del Primo Ministro - ha suggerito indirettamente che
Londra avrebbe potuto essere attaccata; date un'occhiata al reportage del
giornale Express a questo riguardo, con il nostro più importante uomo dei
servizi segreti a sostenere di non avere visto niente di sbagliato in questo
dossier quando è stato interrogato di fronte all'inchiesta Hutton. Qui
ancora una volta sono tornati in azione i vecchi incubi - blitz su Londra.
E i nostri amici ed alleati Europei? Se osano opporsi alla nostra corsa alla
guerra, vengono etichettati come vigliacchi, vili ed ingrati agli Americani
per la loro liberazione dal giogo della Germania Nazista. "La vecchia
Europa", usando la vergognosa espressione di Rumsfeld, era
collaborazionista, potenzialmente Nazista e - come nel caso della Francia,
naturalmente - una inaffidabile femminuccia. La povera vecchia Francia.
Quando il Wall Street Journal ha fatto tornare un suo corrispondente alle
spiagge del D-Day del 1944, è stato gratificante sapere che gli ancora grati
Francesi che vivono là ricordavano che gli Americani avevano dato le loro
vite per la loro liberazione, e non per la loro futura obbedienza politica.
La Germania è stata una nazione più difficile da condannare perché i
paralleli con la Seconda Guerra Mondiale non potevano essere applicati. Dopo
tutto i Tedeschi, difficilmente potrebbero essere abusati per non essere
abbastanza inclini alla guerra. Fa tuttavia venire i brividi riflettere sul
fatto che quando stavo parlando con Osama bin Laden nel 1997 degli attacchi
agli Americani, lui confrontò quei bombardamenti alla resistenza Francese
contro l'occupazione Nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Il
conflitto del 1939-45 è una montagna alla quale tutti vogliamo tendere.
Tutta questa, tuttavia, fu una narrativa che avrebbe potuto e venne
combinata con la guerra per conquistare il favore dell'uomo della strada.
Sospetto che questo cominciò prima e durante la guerra in Kosovo, quando
Hitler venne tirato in ballo ancora una volta (piuttosto inadeguatamente, in
considerazione del coraggio mostrato dalla Yugoslavia contro i Nazisti
durante la guerra) per scurire ulteriormente il nome della bestia di
Belgrado. Quella è stata la prima guerra del dopoguerra - se capite quello
che intendo - alla quale presero parte anche i Tedeschi. Così i giornalisti
presenti ai quartieri generali della NATO vennero incoraggiati a chiamare la
Luftwaffe "La Air Force Tedesca". Lo stesso Slobodan Milosevic,
naturalmente, aveva fornito le immagini necessarie a strumentalizzare le
memorie dell'olocausto: le lunghe file degli espropriati e brutalizzati
albanesi del Kosovo che affluivano in Macedonia.
Ma fu la NATO a mettere in scena la farsa. Abbiamo avuto il leggermente
comico portavoce dell'East End Londinese Jamie Shea, sempre pronto a fare un
bella citazione da Hobbes e una maniera assai rapida di allontanare quelle
domande che potevano dimostrarsi fastidiose. Quando un aereo della NATO
bombardò un treno sul ponte Gurdulice in Serbia, se ne venne su con un video
del bombardamento - affermando che a causa della velocità con cui il treno
si stava avvicinando al ponte fu impossibile bloccare l'azione di guerra -
senza accennare minimamente al fatto che la pellicola era stata accelerata
e, molto più offensivo, che dopo che il treno si era fermato, il pilota
aveva continuato a bombardare il ponte. Quando poi durante una seconda
incursione la NATO bombardò uno stretto ponte stradale uccidendo anche un
gruppo di soccorritori civili, Shea blandamente precisò che il ponte avrebbe
potuto permettere il passaggio di carri armati. Il fatto è che non poteva;
non era abbastanza largo. Quando la NATO uccise i pazienti di un ospedale,
Shea lo descrisse come un obiettivo militare. Le inchieste del dopoguerra da
parte del The Independent hanno dimostrato che le truppe Yugoslave stavano
nascondendosi nello scantinato dell'ospedale. La NATO doveva saperlo, come
sapeva pure dei pazienti. Così ha bombardato comunque l'ospedale. E da quel
massacro se ne è uscita pulita.
Il missile che uccise centinaia di Iracheni in un riparo anti - aereo a
Bagdad nel 1991 divenne una svolta nella guerra. La vecchia storia infondata
sui missili della contraerea iracheni che esplodevano sugli Iracheni
sprofondò quando Brent Sadler della CNN - il network che qui brevemente
stava facendo il suo lavoro di raccontare la verità - mostrò parte di un
missile Cruise che era esploso in un hotel di Baghdad.
La NATO tentò lo stesso trucco quando bombardò un convoglio di rifugiati
Albanesi Kosovari nel 1999, arrivando ad insinuare che erano stati aerei
Yugoslavi ad avere attaccato i civili. In quell'occasione, fu il The
Independent a trovare i codici digitali sulle schegge di granata, che
dimostrarono che le bombe erano della NATO. Ma generalmente, il metodo "uomo
della strada" usato dalla Nato ha funzionato. Milosevic era talmente un
orrendo personaggio che potemmo dimenticarci del suo ruolo preminente
nell'accordo di Dayton del 1995 - quando è stato fagocitato da Richard
Holbrooke, il negoziatore principale degli Stati Uniti, che voleva far
entrare le truppe degli Stati Uniti in Bosnia senza una sola battaglia e
quando agli albanesi del Kosovo venne sprezzantemente ordinato di chiudere
la bocca - e potemmo anche ignorare la fine stampa dei colloqui di pace sul
Kosovo a Rambouillet nel 1999. Un annesso all'accordo proposto dichiarò che
i Serbi avrebbero dovuto permettere l'accesso della NATO a tutte le strade e
alle ferrovie, le stazioni radio, il territorio e le frontiere della Serbia
- un qualcosa che nessuna nazione sovrana accetterebbe mai. Così fu
concretizzato il percorso di guerra.
Nei mesi che hanno portato all'invasione dell'Iraq dell'anno, sospetto che
di questo ci si sia ricordati fin troppo bene a Whitehall. Il "dossier" di
Blair " fu degno di un Jamie Shea, il suo catalogo degli abusi dei diritti
umani - anche se molti di questi derivati da dubbio materiale riciclato
vecchio già di 11 anni - conteneva vere e proprie bugie per omissione. Quel
documento ricordò la rivolta dei Musulmani Sciiti a Bassora nel 1991 e la
successiva repressione di Saddam, senza accennare una sola volta che eravamo
stati noi, la Gran Bretagna e l'America, che avevamo spinto questa povera
gente a ribellarsi e successivamente l'avevamo tradita affidandola alla
misericordia di Saddam. Che non è poi tanto diverso dalla dichiarazione del
Generale Wesley Clark del 1999 che la NATO stava bombardando la Serbia per
permettere ai rifugiati albanesi del Kosovo di tornare alle loro case -
anche se la maggior parte di loro erano ancora nelle loro case quando la
NATO aveva cominciato a bombardare.
Sospetto inoltre che una delle ragioni principali per le quali così tante
decine di migliaia di Inglesi - e di Europei - hanno marciato contro la
guerra è stato non soltanto perché hanno creduto che la guerra fosse
ingiusta e fondata sulle bugie, ma perché hanno percepito che gli si stava
parlando a un livello molto basso, che venivano trattati come bambini, e
manipolati irrispettosamente da Blair e dai suoi sostenitori. Il Ministro
per l'Europa dell'Inghilterra, Denis MacShane, diede il via al gioco a
Bruxelles appena prima dell'invasione dell'Iraq quando disse ai critici
Inglesi che a volte è compito del Primo Ministro di essere una "guida" per
la sua gente. Agli Europei non fu dovuto essere ricordato che il Tedesco per
"guida" è Fuhrer.
E penso piuttosto che questo sia che cosa ora Blair crede essere - una
"guida" che conduce la sua gente in base ad una supposta chiarezza morale.
Era stato il Primo Ministro Irlandese, Eamon de Valera, che una volta aveva
detto che quando voleva sapere che cosa pensava la gente Irlandese, gli
bastava guardarsi dentro il cuore. Ossia, questo è esattamente che cosa
Blair ha pensato quando è andato fare la guerra. La nostra sensibilità, i
nostri punti di vista, le nostra credenze, le nostre convinzioni di lunga
data e le nostre discussioni non hanno contato, poiché lui sapeva che cosa
era meglio per noi. Se potessimo soltanto aver visto il materiale sull'Iraq
dei servizi segreti che è passato dalla sua scrivania, ha detto Blair alla
Camera dei Comuni, noi non staremmo adesso ad interrogarlo sulle ragioni di
questa guerra. Naturalmente, ora che conosciamo esattamente che cosa stava
passando dalla sua scrivania, sappiamo che avevamo ragione ad essere
sospettosi.
E tuttavia - il "e tuttavia" è una parte importante di ogni storia sul Medio
Oriente - c'è un parallelo misterioso e preoccupante, quasi un'immagine allo
specchio della nostra fanciullesca camminata alla guerra, fra la stessa
gente che abbiamo invaso. Storicamente, abbiamo fornito la maggior parte dei
dittatori del Medio Oriente, li abbiamo foraggiati, armati, sostenuti o (se
osavano nazionalizzare il canale di Suez, attaccare gli Americani a Berlino
o invadere il Kuwait) bombardati. Che cosa non abbiamo mai potuto spiegare è
la loro tenacia; o, per essere più precisi, la capacità della loro gente di
restarsene docili sotto il loro giogo. Eravamo soliti chiedere: perché gli
Iracheni non si sbarazzano di Saddam? E ci siamo dimenticati di quanti pochi
Tedeschi osarono fronteggiare la ferocità della vendetta di Hitler.
Ma dobbiamo anche confrontarci con un fatto: che le società Arabe sembrano
avere la capacità unica di assorbire queste dittature, di adattarsi alle
vittorie elettorali presidenziali del 99.9 per cento, ai poliziotti segreti
e alle camere di tortura, alle bugie e alle distorsioni - in grado persino
(qui è la parte difficile) di offrire una lealtà reale ai mostri che abbiamo
deciso debbano governarli.
I Francesi hanno una parola molto buona per descrivere questo fenomeno:
infantilismo. Molte popolazioni Arabe sono state effettivamente
"infantilizzate" dai loro leader e regimi. In privato, potrebbero anche
lanciare lo sguardo al soffitto per mostrare il loro aborrimento della
dittatura, ma davanti ad un pubblico il loro entusiasmo potrebbe essere
quasi reale. E penso che spesso sia effettivamente reale. Ricordo una
signora Siriana molto intelligente che, in privato, usava sempre criticare
il defunto Presidente Hafez Assad. 'Posso veramente credere quanto stupido è
il regime, di come poco Assad capisca il mondo o, effettivamente, la
Siria?'. 'Mi rendo conto di quanto felice sarebbe la gente Siriana una
volta terminato il regime?'. Tuttavia quando l'ho incontrata il giorno dopo
la morte di Assad, questa stessa donna si è girata verso di me con le
lacrime agli occhi. "Robert, non puoi capire cosa proviamo", mi ha detto
piangendo. "Era un padre per noi, un vero padre".
E penso che lo dicesse significandolo pienamente. Questo poiché la dittatura
non impone soltanto brutalità e paura su una società. Strappa dal collo
della gente adulta il giogo della colpa, le difficoltà date dalla
responsabilità. La gente può dimenticare le preoccupazioni degli adulti
Occidentali - dove mandare i bambini a scuola, quale partito politico
votare, come trovare il migliore commercialista, come risolvere le questioni
riguardanti i diritti delle donne, l'uguaglianza, la criminalità,
l'ingiustizia sociale. Sotto la dittatura, la gente è restituita alla
propria infanzia. Possono vivere per sempre come bambini, per sempre
giovani, nutriti ed amati dal Grande Padre, il Califfo, il Sultano, colui
che Dio ha scelto per proteggerli e guidarli, una guida che deve soltanto
guardare al proprio cuore per sapere che cosa la sua gente pensa.
L'eterna gioventù è cosa gli viene offerto in cambio della loro lealtà. E'
vero, il prezzo dell'infedeltà è troppo terribile per essere contemplato -
certamente troppo terribile da resistere fisicamente - ma questi sono
periodi difficili. Il Grande Padre deve promulgare leggi di emergenza per
noi. Sono nel nostro interesse. E chi siamo noi per rifiutare questa
benevolenza quando gli stranieri - Americani come Rumsfeld, per esempio -
arrivano fino a stringere la mano del nostro leader per estendere anche a
noi le buone relazioni dell'Ovest?
Penso piuttosto che questo spieghi la società patriarcale che esiste nel
mondo Arabo. Il padre che non ha ruolo nella sua società - a meno che non
sia un apparatchik del partito, nel qual caso un nuovo insieme di regole
fanciullesche entra in gioco - può regnare soltanto a casa, un posto in cui
la sua parola, la sua legge, i suoi desideri sono sacrosanti. Incapace di
svolgere un ruolo nella società reale, imita questo ruolo dentro la sua
stessa casa.
Diventa spesso come il dittatore il cui ritratto è appeso in ogni casa, in
verità (poiché questo era il caso dell'Iraq), spesso in ogni camera da
letto. Decide che cosa i suoi bambini devono fare, chi devono sposare, che
cosa sua moglie deve pensare. Una visita da parte di un ufficiale della
polizia segreta - che suppone sempre che il padre non è un poliziotto egli
stesso - è un evento di paura e di potenziale umiliazione. Tanto più
importante, allora, diviene per il padre calmare il poliziotto, per essere
suo amico e per riaffermare quindi il proprio potere nella casa.
Nei giorni della dittatura, Saddam era solito presentarsi inatteso alla casa
di una famiglia povera a Baghdad o Tikrit per ascoltare che cosa la gente
stava pensando. Desiderava conoscere i loro timori, le loro preoccupazioni e
reclami così come cosa li avrebbe resi felici. Fino ad un certo punto, gli
veniva detto delle fogne che erano straripate, delle case che erano state
costruite male, degli ospedali che non accettavano subito i pazienti. Ed era
nell'interesse di Saddam di ascoltare e sentire che cosa la sua gente poteva
stare pensando e quindi di immagazzinarlo nel suo cuore. Era la versione di
Saddam della Grande Conversazione di Tony Blair. Le telecamere Irachene
sarebbero state là, gli ufficiali della polizia segreta pure, a svolgere il
ruolo di medici nel caso appena che le cose fossero andate fuori controllo.
Gli Arabi possono pensare che tutto questo sia ingiusto. Una combinazione di
tragedia storica e di probabilità culturale - la fede Islamica, il
Califfato, l'intrusione politica e militare dell'Ovest nel momento stesso in
cui il mondo Musulmano avrebbe potuto condividere un rinascimento con
l'Europa - può spiegare le dittature attuali nel Medio Oriente, assieme alla
nostra spietata colonizzazione. I Tedeschi non si sono comportati più o meno
allo stesso modo sotto Hitler, gli Italiani sotto Mussolini, gli Spagnoli
sotto Franco?
Ma rimane vero che la società Irachena è stata "infantilizzata" da Saddam.
In che altra maniera possiamo altrimenti comprendere la sua ostinata lealtà
durante la terribile guerra degli otto anni con l'Iran, quando Sciiti
Musulmani hanno combattuto Sciiti Musulmani con attacchi di massa e gas
letali? Era gente che non aveva responsabilità, alla quale era detto che
cosa dire, leggere e pensare e che erano - probabilmente in maniera
pericolosa - il più felice per tutto questo.
Quando gli Iracheni mi dicono oggi che "le cose erano migliori sotto
Saddam", vogliono dire che con Saddam hanno avuto legge, ordine e dittatura
piuttosto che libertà e caos (portati dai gemelli benedetti Bush e Blair).
Ma negativamente temo inoltre che guardino indietro ad un'età in cui non
hanno avuto responsabilità, quando potevano lasciare da parte le loro
preoccupazioni e il loro potere di fare domande, quando le certezze erano
incastonate nel ferro, quando l'amore era fuori questione, per quanto
corrotto.
Tuttavia sospetto che questo sia che cosa ora noi condividiamo con loro: gli
Iracheni che hanno vissuto con la regola di Saddam e noi che ora andiamo in
guerra così spensieratamente, che adesso occupiamo le terre di altra gente
con tale sublime certezza. Sentiamo un bisogno - o perlomeno i nostri leader
avvertono tale bisogno - di avere una società bambinesca, nella quale il
dissenso viene deriso o ignorato, dove la saggezza, l'integrità e la verità
sembrano essere esclusiva prerogativa di coloro che ci governano e di coloro
che danno il loro supporto a quei leader.
No, la Gran Bretagna di Blair e l'America di Bush non sono l'Iraq di Saddam.
Ma le società richiedono che cosa Coleridge ha definito "la voluta
sospensione dell'incredulità". Dobbiamo fidarci. Dobbiamo conformarci.
Dobbiamo accettare. Dobbiamo accettare che cosa le nostre guide desiderano,
noi dobbiamo - una frase infelice dal periodo di Hitler - "contribuire a far
girare la ruota". Questa è la legalità della guerra in Iraq, che adesso
compie un anno e non mostra ancora segno di voler finire. E adesso siamo
tutti bambini.
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