I pensieri di Savino
20 marzo 2003: le prime bombe americane su Bagdad. 20 marzo 2004: la guerra non è ancora finita. Per chiedere il ritiro delle truppe d’occupazione dall’Iraq, per la pace in Medio Oriente, per dire basta armi, basta guerre, nel giorno dell'anniversario dell'invasione di Bagdad il popolo della pace è sceso in piazza in tutto il mondo. Ed è sceso in piazza anche in Italia, a Roma. A marciare per le strade della capitale, insieme con i tanti che si battono per la pace, insieme con i giovani, le mamme, i bambini, i lavoratori, i pensionati c’era anche Savino Pezzotta, il Segretario generale della Cisl, per dire "No al terrorismo, no a tutte le guerre, comprese quelle dimenticate, non da pacifisti ma da pacifici".
11 marzo: ancora timore, tremore e corpi seppelliti in immagini e parole: amore, speranza, pace. Il terrorismo esige una risposta politica. In questo particolare momento, la pace può rappresentare il primato assoluto di questa risposta e dell’agire politico”?
La pace è un grande obiettivo ed è possibile. Dipende da tutti noi. Di qui la responsabilità che avvertiamo nella più ferma condanna di ogni forma di violenza ed in particolare della più nefasta e inaccettabile barbarie del terrorismo. Non basta, tuttavia, la sola condanna: dobbiamo operare con coraggio per sconfiggere ogni forma di violenza e per prosciugare la palude del terrorismo.
20 marzo contro il terrorismo e contro la guerre. Contro la guerra in Iraq, per costruire un’alternativa all’unilateralismo americano, per il rafforzamento dell’Onu e del suo ruolo pacificatore…
La Cisl era contraria alla dichiarazione di guerra all’Iraq, così come era contraria all’invio di nostre truppe. Nella situazione data, riteniamo decisivo il ruolo degli organismi internazionali, in primo luogo dell’Onu, per guidare la transizione verso la democrazia del paese ed il suo sviluppo economico e sociale. Un ruolo, peraltro, che implica il più ampio sostegno per le iniziative dell’Onu attraverso una larga ed efficace solidarietà internazionale.
E contro tutte le guerre, comprese quelle dimenticate. Quanto spazio resta per una ipotesi che vede nella lotta contro queste guerre una via attraverso la quale ricostruire un equilibrio mondiale fondato anche sulla cooperazione internazionale e sullo sviluppo dei paesi poveri?
L’attenzione “dei potenti della terra” è oggi concentrata in particolare sull’Iraq, sul Medio Oriente e sul Kosovo. Ma sono anche altre, purtroppo, le guerre che attraversano il mondo, forse alcune perfino più devastanti. Pensiamo, ad esempio, agli scontri durissimi che imperversano in tanti paesi dell’Africa. Sembra che non facciano notizia e di esse riecheggiano solo voci flebili e lontane. Quasi nessuno ne parla. La Cisl, al contrario, lo urla ai quattro venti perché siamo convinti che se non si recupera l’Africa, questo straordinario continente dimenticato, anche l’impegno per la pace è destinato ad una tenue ed illusoria speranza.
L'aggressione alla delegazione Ds da parte dei "disobbedienti" è un episodio che lascerà un segno nella piattaforma pacifista?
Nonostante l’episodio di sabato la bandiera della pace è e rimane multicolore. Non annulla le differenza, ma "costringe" a trovare, proprio nella pace, il valore della convergenza su un grande traguardo, che interessa ciascuno di noi e tutta l’umanità. Nonostante i tentativi di strumentalizzare la manifestazione, che era a carattere mondiale, trovo che le divisioni non abbiano senso. Sono contro il principio più elementare di saggezza, che stimola lo stesso fiume delle passioni più profonde, ad incanalarsi in un unico alveo lungo e vitale: la pace, appunto.
Un impegno, quello per la pace, per dimostrare che la vita deve vincere sulla barbarie. La vita della gente comune e di un Paese, l’Italia, che sta attraversando un periodo di grande difficoltà economica. E lo sciopero del 26 marzo ne è un forte e chiaro segnale…
La pace non può essere disgiunta da un ordine mondiale più giusto, più equo, più solidale da realizzare, certo, nel più vasto orizzonte della globalizzazione, con le profonde inquietudini e i radicati malesseri che lo attraversano. Senza dimenticare le singole realtà, compreso il nostro Paese, che rischia di essere ridotto ad una posizione marginale nel contesto delle dinamiche dei mercati. Ad invertire questa tendenza perversa, risponde la nostra iniziativa del 26 marzo. Con l’indicazione di chiari e concreti obiettivi: per affermare una politica economica, capace di rispondere alle esigenze della gente ed approvare una nuova stagione di vero sviluppo al nostro "sistema Paese".
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