Utopia e concretezza per uscire dalla crisi
In un periodo come il nostro, di profonda crisi etica, le responsabilità della deriva socio-istituzionale vengono facilmente attribuite alla politica, quasi fosse un’entità astratta ed inavvicinabile capace di banchettare sulle spalle dei cittadini che dovrebbe tutelare. Occorre riabilitare il ruolo dell’ars politica, arte nobilissima grazia alla quale abbiamo appreso il senso della convivenza, della coabitazione e dell’organizzazione istituzionale.
Il politico dovrebbe incarnare il nume tutelare, l’uomo di fiducia a cui siamo disposti ad affidare “le chiavi di casa”. Il fatto che oggi la maggior parte delle persone non si rispecchi nella casta governativa, non deve distrarre dal valore che le istituzioni hanno per la vita comunitaria. Non si confonda la carica con la persona: l’essere umano passa, la legge rimane, provocando stravolgimenti positivi o negativi che siano. Diventa necessario, quindi, tutelare il ruolo delle istituzioni e non agire in funzione al soggetto politico che ricopre l’incarico. In questo frangente gioca un ruolo fondante il linguaggio, poiché su di esso si edifica la vita pubblica del paese. Centrale diviene l’uso etico della parola ad opera di politici, istituzioni e gente comune.
In un’epoca in cui si alzano spesso i toni e le tribune politiche si trasformano in informi sovrapposizioni di suoni, l’assenza di personalità come Alexander Langer - che hanno fatto della comunicazione civile e del senso etico uno stile di vita ed hanno creduto e vissuto per una politica del rispetto verso il prossimo e verso la natura - emerge dal rumore di fondo come un urlo di disperazione. “Il più impolitico dei politici” conosceva bene la valenza della comunicazione e sapeva scegliere con cura, all’interno del suo forbitissimo vocabolario, le espressioni giuste per arrivare alle persone.
Le parole condizionano il nostro vivere quotidiano, etichette prive di significato per i più, vengono inaspettatamente caricate di associazioni ed influiscono in maniera del tutto imprevedibile sulla quotidianità della gente. L’odiato “spread”, nemico pubblico numero uno nel 2012, il termine più sfruttato dalla televisione, ne è un esempio. Una semplice parola ha assunto una tale valenza negativa da diventare un’arma in grado di consumare aziende, dissolvere riserve di capitale e annichilire lo spirito di molti italiani, talvolta con esito tragico. (Ma può avere la finanza un simile potere sulle nostre vite?)
E’ necessario ridare il giusto valore alla comunicazione ponderando le scelte linguistiche ed i toni. Le “parole sono pietre”, su di esse si può e si deve costruire il futuro, ripartiamo dando valore a ciò che viene detto e scritto, Alex Langer ci può insegnare molto a riguardo. La sua proprietà di linguaggio, quel suo modo di comunicare diretto, semplice, che ha consentito di saltare muri di inimicizia e costruire ponti fra culture lontane, proviamo a farlo nostro.
Rileggiamo le raccolte dei suoi articoli (“Fare la Pace”, “Il viaggiatore leggero”, “Conversione ecologica e stili di vita”, “Non per il potere”) e ripartiamo da quel senso civico.
Noi, che oggi ci troviamo a vivere proprio quel futuro multietnico prospettato dal “profeta verde”, dobbiamo imparare a diluire quei confini che il mondo globale ci impone netti e chiari. La nostra società consumistica, vorticosa, pressante, conosce solo inclusione o esclusione. Langer ci ricorda che esiste una via “altra” da cercare, più faticosa forse, più creativa di certo, una via non contro o a favore, ma trasversale. Ragionando da questa nuova prospettiva, non pensiamo più ad un’Italia dentro o fuori dall’euro e dalla Comunità Europea, contribuiamo al contrario a proporre un’Europa diversa, più attenta alla persona che non ai giochi di borsa.
Concentriamoci sulle politiche ambientali, sui diritti ed i doveri comunitari nel lavoro, nella difesa dei minori, nella tutela delle donne, nel consolidamento di un’istruzione che sia davvero pubblica. Pensiamo ad un‘Europa che difenda i diritti del malato. Oltre alle politiche fiscali esistono culture, ma soprattutto vite, oggi travolte da terribili drammi, che hanno bisogno di risposte etiche, sociali ed economiche.
Riportiamo la nostra fantasia italiana nella vita politica del paese e con essa riscopriamo la forza della speranza. L’utopia da sola non è però sufficiente occorre la concretezza, concretezza che deriva dalla responsabilità del singolo. “Dove la politica non arriva deve arrivare la comunità” diceva Langer, cerchiamo di fare nostro questo insegnamento, ripartiamo dalla scuola per insegnare ai nostri ragazzi che cos’è il senso civico, che cosa vuole dire essere cittadino di un mondo che ormai è diventato una città globale.
Ripartiamo dalla famiglia e dal suo valore. Etero, gay, allargata, di fatto, non importa, ripartiamo dalla tutela di quel nucleo fondamentale su cui si fonda la società, quel primo mattone che contribuirà a formare le generazioni di domani.
All’inizio degli anni ’90 la politica italiana faceva i conti con mani pulite; la fine della 1° Repubblica lasciava profondi segni nel paese, eppure c’erano persone che come Alex Langer, lontano dai riflettori, lavoravano alacremente e testardamente per difendere la pace, l’ambiente e la dignità umana.
Quanto manca questo “portatore di speranza” alla nostra società? La “democrazia è qualcosa di più del semplice prevalere della maggioranza”, scriveva vent’anni fa, democrazia come responsabilità individuale verso gli altri, ma prima di tutto verso noi stessi. Langer, questo “costruttore di costellazioni”, ci potrebbe ricordare quanto sia importante ripartire dalla comunità per ricostruire una società che ha perso i propri punti di riferimento e sbanda tra talent show, morti in diretta e consumismo feroce.
Oggi, a quasi vent’anni dalla scomparsa di questo politico sui generis, oggi che le “elezioni come marketing” sono diventate una realtà e che la politica dell’immagine ha preso il sopravvento, oggi più che mai è necessario credere e dare fiducia a quelle numerosissime persone (rosse, verdi, blu, arcobaleno) che, spesso nell’ombra, lavorano perché i diritti vengano tutelati e perché il mondo diventi un posto migliore. Rispettiamo quelle persone che “vogliono fare qualcosa e non essere qualcuno”. Noi stessi abbiamo l’obbligo di diventare i piccoli costruttori del nostro avvenire. Solo in questo modo, io credo, riusciremo ad emergere da questa crisi morale e culturale, prima ancora che economica. Oggi più che mai dobbiamo credere, ed insegnare ai nostri figli a credere, nella forza del diritto e nel valore delle istituzioni, imparando a difenderle. Forse possiamo realmente cambiare il sistema diventando la “sabbia nell’ingranaggio” deviato.
Il cammino lo hanno indicato persone fuori dal comune come Alexander Langer, noi dobbiamo limitarci a percorre la strada.
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