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Una diversa versione sulla presenza militare italiana in Iraq

Retroscena: sapete perché i militari italiani sono nei pressi dei campi petroliferi di Nassiriya?

Il governo italiano sostiene che "appare del tutto comprensibile che il nostro paese possa essere pienamente coinvolto al processo di ricostruzione anche attraverso la partecipazione di imprese italiane". E spunta l'Eni. Il giacimento in questione è valutato "fra i 2,5 ed i 4 miliardi di barile in totale". Per intenderci, l'equivalente dell'intero fabbisogno energetico italiano per almeno 10 anni.
25 marzo 2004
Antonio Di Pietro - Presidente Italia dei Valori
Fonte: Circolare del partito Italia dei Valori
http://lists.peacelink.it/pace/msg07255.html

Cari amici,
perché i nostri soldati sono stati mandati in Iraq, all'indomani della vittoria lampo delle truppe anglo-americane? Ad un anno di distanza e' ora possibile offrire alla valutazione dell'opinione pubblica una versione diversa da quella ufficiale. Ci e' stato detto che siamo andati laggiù per "prioritarie considerazioni di carattere politico ed umanitarie" (paroloni che di per sé vogliono dire "tutto" ma che si risolvono in un "niente" se poi non vengono riempite di contenuto concreto e tangibile).

In realtà le cose potrebbero non stare propriamente così. E' una "sensazione" questa ricavabile dalla risposta che il Governo Berlusconi ha di recente data alla interrogazione parlamentare n. 3-01471 presentata dai senatori della "Lista Di Pietro-Occhetto", laddove testualmente ha affermato che "appare del tutto comprensibile che il nostro paese possa essere pienamente coinvolto al processo di ricostruzione anche attraverso la partecipazione di imprese italiane".

Sempre nello stesso documento governativo si legge poi: "il fatto che l'Italia sia uno dei paesi che abbia maggiormente contribuito al mantenimento della necessaria cornice di sicurezza, offrendo un generoso contributo in tali settori, rende del tutto naturale questo possibile coinvolgimento".

Verrebbe subito da chiedersi se nel "generoso contributo" offerto in cambio di "partecipazione di imprese italiane alla ricostruzione" il Governo avesse messo in conto anche il possibile massacro dei nostri soldati!

E comunque, a prescindere dalla irresponsabilità di tali affermazioni, rimane la sproporzione oggettiva tra il beneficio perseguito (lucrosi contratti economici per talune imprese) e il prezzo pagato (la vita umana di coloro che ci hanno rimesso e ci rimettono ogni giorno la pelle).

Ma la questione più delicata - e per certi versi politicamente più compromettente - sta nel "particolare" tipo di beneficio economico-imprenditoriale che si intravede sullo sfondo e che potrebbe essere la vera (anche se occulta) ragione per cui il nostro "Governo imprenditore" ha inopinatamente indossato i panni del "guerrafondaio del giorno dopo" (un po' come le iene nella savana che si avventano sulla "preda altrui" per banchettare insieme). Ci riferiamo al
possibile sfruttamento dei campi petroliferi iracheni da parte dell'ENI. Al riguardo ci sono tante coincidenze che stanno venendo a galla ed il mosaico comincia a prendere forma.

La prima coincidenza viene riferita dalla stessa "improvvida" risposta governativa alla nostra interrogazione parlamentare, laddove si legge testualmente che "una iniziale bozza di accordo per lo sfruttamento dei campi petroliferi di Nassiriya fra ENI e gli enti competenti iracheni era stata "parafata" (ovvero sottoscritta) nel
1998 ed e' poi stata modificata nel 2001". Dallo stesso documento si apprende poi che "queste due bozze di accordo avevano a suo tempo permesso all'ENI di effettuare delle stime sulla capacità produttiva del giacimento in questione, valutata fra i 2,5 ed i 4 miliardi di barile in totale". Per intenderci, l'equivalente dell'intero fabbisogno energetico italiano per almeno 10 anni.

La seconda coincidenza si rinviene dalla testimonianza di Benito Li Vigni, ex dirigente dell'ENI laddove egli segnala il carattere particolarmente vantaggioso per la società italiana delle clausole contrattuali del suddetto accordo. Stando alla ricostruzione del nostro testimone, l'ENI a suo tempo aveva "strappato" a Saddam
l'impegno a pagare totalmente le spese di estrazione del petrolio con corrispondente quantità di petrolio. Una volta azzerate le spese, i partners avrebbero ripartito fra loro gli utili riconoscendo il 70% agli iracheni ed il 30% alla società italiana. All'evidenza trattasi di un contratto "stra-vantaggioso" per gli italiani (neanche Mattei era mai riuscito ad ottenere tanto) e la ragione per cui Saddam aveva accettato simili condizioni potrebbe stare probabilmente nel fatto
che pensava cosi' di "ingraziarsi" i governanti italiani affinché facessero
"pressione" nelle sedi internazionali opportune per revocare o alleggerire l'embargo a cui era stato sottoposto l'Iraq (ed infatti, contratti del genere Saddam li aveva conclusi anche con gli enti petroliferi della Spagna, della Germania e della Russia). Tutti paesi - questi - che potevano, nell'ottica di Saddam, far sentire la loro voce sia in ambito ONU che con l'Amministrazione americana.

La terza coincidenza e' nei fatti: i nostri soldati sono stati mandati proprio a Nassirya. Per giunta inizialmente l'accampamento militare fu posto proprio a ridosso degli uffici petroliferi della zona (come a noi ha riferito il succitato Benito Li Vigni).

Sempre a Nassirya - ed e' la quarta coincidenza - gli americani hanno generosamente installato un Governatore di nazionalità italiana.

La quinta coincidenza viene riferita sempre nella ingenua risposta governativa alla nostra interrogazione parlamentare: "siamo informati (e' il Governo italiano che parla, si badi bene) che nel corso del 2003 l'ENI si e' aggiudicata un tender internazionale della societa' irachena per il mercato del greggio (SOMO) per un totale di un milione di barili di petrolio ed ha inoltre concluso, sempre con la SOMO un contratto per l'acquisto di 4 milioni di barili di petrolio". Traduzione: spodestato Saddam, l'Eni ha portato in porto un primo lucroso affare post-bellico e si prepara a concluderne altri.

Quinta coincidenza (che a questo punto assume piuttosto le sembianze di una controprova): l'amministratore delegato dell'ENI Vittorio Mincato ha a suo tempo affermato che "L'Eni segue con attenzione l'evoluzione della situazione in Iraq pronto a cogliere l'occasione per lavorare" aggiungendo che "il gruppo petrolifero conosce bene l'area di Nassirya perché era già interessato" (Ansa 30 maggio 2003).

Proviamo allora a fare un po' di conti sul business della ricostruzione. Un documento strategico ("dossier Iraq") in parte reso noto dalle agenzie di stampa (Ansa, 23 febbraio 2003) riferisce che "ricostruire l'Iraq e' un affare stimato complessivamente in oltre 300 miliardi di dollari. Ciò per l'Italia può valere circa due miliardi di euro l'anno di soli scambi commerciali". Nel documento si legge
anche: "l'obiettivo e' di mantenere il nostro paese fra i 4 migliori fornitori dell'Iraq e far sì che le esportazioni italiane mantengano la quota dell'8%-9% sul totale importato dal paese" e si aggiunge chiosando "occorrerà dirigere gli investimenti verso l'ampliamento dell'estrazione, l'incremento della capacità di raffinazione, il
potenziamento delle infrastrutture di trasporto".

Possiamo allora trarre delle prime conclusioni, che poi sono delle domande ben precise:

1. La scelta di portare le truppe italiane in Iraq e dislocarle proprio a Nassirya ha a che fare con il giacimento petrolifero oggetto dell'accordo tra l'ENI ed il Governo iracheno di Saddam?

2. La scelta del Governo italiano di sostenere l'intervento militare in Iraq e' conseguente solo a dichiarate considerazioni politiche umanitarie oppure e' stato il "prezzo" pagato a Bush per continuare a garantirsi lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi di Nassirya?

3. L'Amministrazione provvisoria americana dell'Iraq ha confermato l'impegno a suo tempo assunto da Saddam nei confronti dell'ENI sui campi petroliferi di Nassirya?

A queste domande, che pure abbiamo chiesto con la nostra succitata interrogazione parlamentare (che a questo punto assume il valore di una denuncia politica a tutto tondo) il Governo ha dato parziale risposta. Alle prime due ha dato risposta negativa ma - siccome ogni "indiziato" ha diritto di mentire o di tacere - prima di prendere per oro colato le sue negazioni, bisogna esaminare i "riscontri".

Con riferimento alla terza domanda il Governo si e' limitato a dire "non risulta". Che vuol dire non risulta? Una cosa e' "non risultare" (nel senso che non e' negli atti ufficiali) altra e' che sia vera o meno. La nostra domanda - ripetiamola - era ed e': e' vero o no che l'Amministrazione americana ha confermato - o meglio si accinge ad ufficializzare - l'accordo a suo tempo realizzato con Saddam?

Il Governo con tutta probabilità non risponderà mai in maniera esaustiva alle nostre domande ma noi torneremo a breve di nuovo sull'argomento con "attività suppletiva di indagine" (come si dice ingergo).

Note: Italia dei Valori
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