La Sindrome da segretezza di Fukushima
Il mese scorso, i partiti giapponesi maggioritari si sono scontrati in Parlamento riguardo ad una legge sui segreti di Stato. Noi americani dovremmo prenderne atto.
Secondo questo provvedimento il governo – e solo quest’ultimo- ha il potere di decretare quali possano essere i segreti di stato. Qualunque impiegato statale che divulghi questi ‘segreti’ rischia di essere detenuto fino a 10 anni ed i giornalisti che rischiano di rimanere incastrati nelle maglie di questa vaga legge potrebbero scontare una pena fino a 5 anni di carcere.
Questa è la conseguenza del fatto che i funzionari statali sono stati a dir poco infastiditi dalle costanti divulgazioni sulle negligenze evidenziate prima e dopo il disastro nucleare di Fukushima avvenuto nel 2011, gestito dalla Tokyo Electric Power Company (TEPCO).
Di settimana in settimana, infatti, i reportage trasmessi sui media rivelano non solo la pericolosità della contaminazione delle falde acquifere,l’esistenza di materiale radioattivo inaccessibile ancora nel profondo di questi reattori ma anche la necessità di impedirne la fuoriuscita per evitare un ulteriore avvelenamento delle coltivazioni e delle acque. Gli stessi funzionari stimano, al momento, che ci vorranno più di 40 anni per ripulire e smantellare i reattori.
Altri però sono i fattori che stanno alimentando questa indiscutibile battuta d’arresto della democrazia: un militarismo che attenta alla sovranità popolare ed è altresì provocato dal disaccordo con la Cina riguardo al Mare del Sud. Si assiste con sconcerto alle pressioni per maggiori finanziamenti da destinarsi alle truppe Giapponesi da parte delle forze armate americane. Le posizioni assunte dalla Cina sono quindi l’ultima giustificazione del Dipartimento di Sicurezza Nazionale sul coinvolgimento -da parte del militarismo industriale americano- nel Sud-Est asiatico.
La drastica segretezza del governo ed i progetti di legge facilmente rintracciabili attraverso gli enti legislativi sono cattivi presagi sia per la libertà di stampa che per il dissenso da parte della popolazione giapponese. Poichè la libertà d’informazione ed un salutare dibattito parlamentare (l’ultimo dei quali è stato interrotto bruscamente nel dicembre 2013) sono la cifra identificativa di una nazione democratica.
Vi è una buona ragione per la quale il New York Times continua a trattare l’argomento relativo alle degradanti condizioni nella desolata area di Fukushima: il nostro paese ha infatti autorizzato la costruzione di vari reattori con lo stesso progetto di base che presenta i medesimi inadeguati standard di sicurezza e di ispezione. Anche alcuni dei nostri reattori si trovano in vicinanza di faglie tettoniche attorno alle quali la popolazione esistente non avrebbe possibilità di essere evacuata, in caso di un serio guasto all’impianto elettrico. I due reattori di Indian Point che si trovano 30 miglia a nord di New York City ne sono un esempio.
Meno saremo in grado di conoscere le condizioni passate e presenti che hanno determinato il disastro di Fukushima, meno riusciremo a capire qualcosa sui reattori nucleari nel nostro paese.
Fortunatamente molti dei più famosi scienziati Giapponesi, inclusi i premi Nobel Toshihide Maskawa e Hideki Shirakawa, hanno guidato l’opposizione nel loro paese contro la legge sui segreti di stato. Sono stati circa 3,000 gli accademici firmatari di una pubblica lettera di protesta i quali hanno affermato che la legge in questione è una minaccia ai “principi del pacifismo e ai diritti umani fondamentali stabiliti dalla Costituzione. E dovrebbe essere immediatamente ricusata.”
Seguendo il filo di questa dichiarazione, le categorie di scienziati e avvocati giapponesi, le compagnie mediatiche e le associazioni popolari si sono opposte con forza al disegno di legge. Le stesse statistiche mostrano come la popolazione sia contraria a questo attacco alla democrazia, ma i partiti al potere rimangono irremovibili sulla loro posizione. Tra le ragioni a sostegno affermano che la legge sulla segretezza di stato sia utile in particolar modo“per la sicurezza nazionale e per sconfiggere il terrorismo”. Non suona un pò troppo familiare?
Nella mente dei giapponesi la storia è sempre presente: sanno cosa sia accaduto nella loro nazione quando l’indiscusso avanzare verso la militarizzazione della società portò alla tirannia intimidatrice che condusse all’invasione della Cina, della Corea e del Sud-Est Asiatico, prima e dopo Pearl Harbor. Già nel 1945 il Giappone si trovava in rovina, rovina che si completò con gli avvenimenti di Hiroshima e Nagasaki.
Gli americani devono essere consapevoli delle inutili provocazioni politiche e militari della Cina, la quale è preoccupata per l'accerchiamento da parte degli stati confinanti alleati degli USA e per il loro potere aereo-marittimo. Washington farebbe meglio a prestare attenzione alle politiche commerciali che hanno facilitato il trasferimento in Cina di intere industrie e compagnie.
L’amministrazione Obama dovrebbe essere quindi più attenta alle inclinazioni autoritarie Giapponesi - che le politiche hanno incoraggiato o consapevolmente ignorato- spesso nascondendosi dietro l’incurabile segretezza americana.
La storia ci fa cenno.
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