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su A- Rivista Anarchica n. 387/Marzo 2014 RECENSIONE:

Daniele Novara, ALICE NEL PAESE DEI DIRITTI, Edizioni Sonda 2013

Libro di MARIO LODI, DANIELE NOVARA, PIA VALENTINIS
Laura Tussi10 marzo 2014

Daniele Novara, ALICE NEL PAESE DEI DIRITTI, Edizioni Sonda, 2013

ALICE NEL PAESE DEI DIRITTI

Libro di MARIO LODI, DANIELE NOVARA, PIA VALENTINIS

Recensione di LAURA TUSSI

EDIZIONI SONDA, 2013

 

“Alice nel paese dei diritti” è un libro realizzato con la collaborazione di molte persone e dedicato a bambini e adulti. La presentazione di Daniele Novara sui diritti e i doveri dei bambini denuncia la deriva consumistica a cui sono sottoposti i fanciulli nel mondo occidentale e cosiddetto benestante, ribadendo la necessità della presenza di educatori che rispettino la differenza infantile, per una pedagogia “amica” della crescita dei bambini e delle bambine. Le illustrazioni di Pia Valentinis corredano il racconto di Alice che esce dal paese delle meraviglie per esplorare il mondo reale, compiendo un percorso iniziatico e a tappe, per scoprire e spiegare come sono nati i diritti dell'Infanzia. Le scoperte di Alice sono poi rese fruibili attraverso test, giochi e racconti. Proseguendo nella lettura, si trova un capitolo dedicato alla “Convenzione dei diritti dei bambini”: un documento molto importante, approvato dall’ONU e da tanti paesi del mondo, impegnati per la tutela dell'infanzia, abilmente ritrascritto, in formula didattica, da Mario Lodi. Questo libro ludico e divertente apre ad una serie di riflessioni imprescindibili non solo sul mondo dell'Infanzia, ma, di conseguenza, sulla considerazione della situazione esistenziale dell'umanità nella sua complessità, a partire dalla “Dichiarazione universale dei diritti umani”, fino ad arrivare alla “Convenzione internazionale sui diritti dell'Infanzia”, approvata dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) il 20 novembre 1989. Questi documenti, fondamentali per la storia dell'umanità, aiutano a comprendere il valore della condizione dello stato del bambino e della bambina, oltre gli stereotipi, i pregiudizi, le discriminazioni, perché “siamo noi stessi nella misura in cui siamo gli altri”, per scoprirci attraverso le reciproche differenze, le implicite contraddizioni ed esplicite conflittualità. Infatti, in un contesto sociale micropedagogico, proprio il conflitto - secondo gli Autori -, non la violenza, favorisce l'incontro e trasforma l'indifferenza in consapevolezza, per il diritto dei bambini di litigare in pace, oltre i falsi miti del perbenismo, perché la condizione infantile del litigio è un diritto. Ovviamente si intendono contesti di conflitto e non di violenza: due aspetti pedagogici ben distinti. È necessario gestire i litigi come occasioni formative, per aprirsi a nuovi ambiti di incontro e transitare dall'appartenenza escludente alla cittadinanza aperta e solidale, per favorire la diversità come risorsa.

Alla radice dell'educazione sussiste il concetto di umanità e lo scopo di adeguare la cultura e gli atteggiamenti sociali delle persone a una dimensione planetaria, in cui il diritto del singolo e dei popoli assuma un ruolo centrale. Dunque è possibile intendere l'educazione ai diritti umani come un processo globale e integrato, indirizzato a formare in ogni soggetto la coscienza di “cittadino del mondo”. I bambini hanno diritto come gli adulti all'uguaglianza e alla differenza e a non essere discriminati, nessuno escluso, nel diritto a poter mantenere le particolari tradizioni culturali e religiose, in conformità con il rispetto dei diritti umani e a non sentirsi esclusi o rifiutati per le particolari origini. Nel tempo delle grandi migrazioni, l'intero apparato educativo e formativo deve considerare la necessità di accogliere bambini provenienti da vari “altrove”. L'accoglienza comporta di vivere una relazione che innesti fiducia, valorizzazione e capacità di trasformare i problemi in risorse. I grandi spostamenti umani del nuovo millennio costituiscono un segnale importante di una fase rinnovata dell'umanità, in un percorso collettivo vissuto come sfida arricchente e non come minaccia che impoverisce. È sempre più necessario transitare dalla logica dell'accoglienza, basata sulla visione dello “straniero”, come ospite, all'idea che dobbiamo costruire una convivenza possibile con il concetto e la pratica della gestione del conflitto. Infatti il conflitto e il disagio sono provocati da ogni convivenza, ogni incontro con il nuovo e il diverso, ed è proprio attraverso la situazione conflittuale e la condizione di disagio che possiamo giungere alla scoperta dell'altro, ma anche di noi stessi, per vivere pienamente una cittadinanza aperta, plurale e solidale, in una innovativa grammatica interiore e in una nuova e ampia concezione dell'essere umano, aperta al dialogo e all'incontro, per favorire contesti di pace e rispetto dei diritti di tutti gli esseri viventi.

 

Note: su A- Rivista Anarchica n. 387/Marzo 2014 RECENSIONE:
www.arivista.org

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