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Combattere l'effetto serra si può... volendo.

Per limitare le emissioni di CO2, la Cina deve dismettere l’utilizzo del carbone

Solo così può arrivare a limitare le proprie emissioni di gas con effetto serra da qui al 2030 come promesso all vertice APEC.
14 novembre 2014
Carmela Palombi (traduttrice)
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: Le Monde.fr -- di Brice Pedroletti (corrispondente da Pechino) - 13 novembre 2014

Russia and China sign deal on second gas route

 Può la Cina arrivare a limitare le proprie emissioni di gas con effetto serra da qui al 2030 come si è impegnata a fare, mercoledì 12 novembre a Pechino, in occasione del vertice del Forum di cooperazione economica per l’ Asia-Pacifico (APEC)? L’annuncio è stato ritenuto piuttosto realistico da una buona parte degli esperti e delle organizzazioni non governative (ONG). Alcuni pensano che questo manchi perfino d’ambizione. “Le nostre aspettative fronte a Cina e Stati Uniti, la cui evoluzione nelle emissioni condiziona la reazione globale al cambiamento climatico, sono chiaramente più importanti”, ha dichiarato, mercoledì durante un comunicato, Li Shuo, la responsabile a Pechino della campagna di GreenPeace sul clima.
Da parte sua, Song Guojun, direttore dell’Istituto delle Politiche Ambientali dell’Università del popolo a Pechino, ricorda che sia la popolazione che il tasso d’urbanizzazione potrebbero consolidarsi da qui al 2030: “È di conseguenza possibile ipotizzare una stabilizzazione nel livello di emissioni inquinanti. Ma ciò richiederà un cambiamento nello stile di vita e l’adozione di nuove tecnologie con un uso limitato di carbone. In altre parole, degli enormi sforzi.”” L’inquinamento atmosferico a Pechino ha raggiunto un livello tale che è impossibile controllarlo, a meno che non si obblighi tutti ad andare in vacanza”, ricorda il ricercatore, riferendosi alle ferie forzate concesse in occasione del vertice dell’APEC. La forte centralizzazione del potere in Cina è un vantaggio. “Se il presidente Xi Jinping ha preso questo impegno, si può ipotizzare che tutto sarà fatto per raggiungere lo scopo”, aggiunge.

« Disintossicazione »  

Uno dei grandi quesiti che si pongono è quello del controllo dell’utilizzo del carbone - che garantisce all’incirca il 65% del fabbisogno energetico cinese. Le autorità studiano la possibilità di stabilire un tetto ai consumi a partire dal prossimo piano quinquennale (2016-2020). Quest’ultimo dovrà essere elaborato entro la fine dell’anno e sarà un indice dell’ambizione delle politiche anti-inquinamento. La limitazione entrerebbe in vigore dal 2016. Gli esperti stimano generalmente che la variazione del mix energetico della Cina potrebbe permettere di raggiungere una stabilizzazione nel consumo di carbone in prospettiva per il 2020. Allo stato attuale, il consumo di carbone rappresenta all’incirca 4 miliardi di tonnellate all’anno. Dovrebbe raggiungere i 4,8 miliardi di tonnellate nel 2020, secondo l’Associazione nazionale cinese del carbone.
Questo scenario non si realizzerà se non dando seguito allo sforzo verso la “disintossicazione” avviato nel 2013. Dal 2000 al 2020, il consumo del carbone è aumentato di una percentuale prossima al 9% all’anno. Sarebbe cominciata a decrescere quest’anno in seguito alle misure drastiche imposte alle provincie più sviluppate. Così come vi ha contribuito il rallentamento della crescita economica.
In un rapporto pubblicato in aprile dedicato alla fine del boom del carbone in Cina, Greenpeace-Pechino ha registrato l’effetto delle nuove misure della “guerra contro l’inquinamento” dell’amministrazione Xi Jinping. Nell’ambito di questo piano, sei province ed amministrazioni comunali, tra quelle che consumano più carbone, si sono impegnate per una riduzione in valore assoluto del loro consumo di carbone entro il 2017 in rapporto al livello del 2012:-50% per Pechino, -13% per l’Hebei, -19% per Tianjin e -15% per lo Shandong, una provincia che assorbe da sola altrettanto carbone che Giappone e Germania insieme...

Sfide tecniche

« Collettivamente, queste misure di controllo, insiste Greenpeace, devono permettere una riduzione di 350 milioni di tonnellate nel consumo di carbone da qui al 2017 e di 655 milioni di tonnellate entro il 2020. Vale a dire una riduzione delle emissioni di CO2 di 700 milioni di tonnellate per il 2017 e 1300 milioni per il 2020”. Greenpeace segnala che le energie rinnovabili - solare, eolica e idroelettrica - hanno cominciato a decollare.
Potrà lo sforzo elargito quest’anno essere mantenuto nel tempo? Pechino incontra delle resistenze, soprattutto nelle regioni molto dipendenti economicamente da questo carburante fossile. Le crociate condotte per chiudere delle fabbriche - come a Tangshan nell’Hebei, capitale dell’acciaio - sono considerate di relativa efficacia. In conclusione, il “salto” verso le altre risorse energetiche, deve essere fatto senza danni: se le capacità delle energie rinnovabili aumentano in fretta, è ancora necessario fare in modo che queste possano alimentare la rete in maniera regolare, ciò che pone ogni sorta di sfida a livello tecnico.

Note: http://www.lemonde.fr/pollution/article/2014/11/13/pour-plafonner-ses-emissions-de-co2-la-chine-doit-se-detourner-du-charbon_4523293_1652666.html

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