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Haiti: Elezioni Fittizie sotto l'Occupazione Americana

Quando gli USA esportano la democrazia, chiedono sempre il conto -- generalmente salato. Il caso haitano ne è un esempio.
15 novembre 2014
Roberta Casillo e Patrick Boylan

Marines_in_una_strada_di_Port-Au_Prince

I giornali parlano molto delle aspirazioni alla libertà del popolo siriano e del popolo ucraino, aspirazioni che gli Stati Uniti e i suoi alleati (tra cui l'Italia) dicono di voler assecondare, fornendo armi e agenti per rovesciare - con la violenza - questi due governi e per instaurare democrazie filo-occidentali.

Come si sa, questi tentativi di “cambio violento di regime” sono avvenuti con successo in Ucraina, dapprima con le proteste in piazza Maidan un anno fa e poi con il golpe armato a Kiev del 22 febbraio 2014; non hanno, invece, ancora avuto successo in Siria, in quanto, da qualche tempo, la maggior parte della popolazione ha deciso che è meglio tenere il Presidente Assad, una volta contestato ma ora visto come garante contro i jihadisti e contro ciò che i siriani ora percepiscono come ingerenze strumentali occidentali. Donde la necessità, da parte dell'Occidente, di ricorrere alle milizie straniere per rovesciare il governo “in nome del popolo”.

Ma comunque si voglia giudicare gli interventi occidentali “per la democrazia” in questi due paesi, interventi ancora in piena evoluzione, sarebbe legittimo chiedersi come se la passano, a distanza di anni, quei paesi che effettivamente sono stati “liberati” dai loro regimi “autoritari”, grazie alle ingerenze dell'Occidente.

I nostri giornali “mainstream” sono avari di notizie a questo riguardo.

Uno di quei paesi è Haiti, piccolo stato situato nel Mar dei Caraibi a circa un'ora e mezzo di volo dagli Stati Uniti. Come se la passano laggiù è presto detto. In una lettera indirizzata al Congresso degli Stati Uniti, un gruppo di haitiani e haitiano-americani, che vivono nella diaspora, hanno fatto appello contro “l'attuale regime, che fu imposto dagli Stati Uniti e dai loro alleati alla popolazione mediante elezioni fraudolente” e che “ha fatto fare passi indietro al Paese in tutti i campi”.

La lettera descrive in dettaglio la Pax Americana che hanno portato al paese, nel 2004, gli agenti segreti statunitensi che hanno promosso il golpe che cacciò l'allora Presidente Jean-Bertrand Aristide dal potere, e, nel 2010, i marines statunitensi i quali, con il pretesto di portare soccorso dopo il terremoto di quell'anno, hanno occupato il paese da allora ininterrottamente, determinando de facto i successivi Presidenti (prima René Garcia Préval, poi, dal 14 maggio 2011, Michel Martelly).

Ecco come gli haitiani, autori della lettera indirizzata al Congresso statunitense, descrivono la democrazia a stelle e strisce che è stata esportata da loro: “tuttora, gran parte degli edifici pubblici, compresi aeroporti e palazzi del governo, sono occupati dalle forze armate USA, le quali hanno dislocato centinaia di mezzi blindati, accampamenti e arsenali in tutta l'isola, creando inizialmente contrasti con le forze dell'ONU. I marines appartenenti all'esercito statunitense ammontano a 10.000 unità con il solo compito di pattugliare la zona. […]  l'atmosfera che si respira adesso ad Haiti, con la violazione eclatante dei diritti umani ed il terrore e l'intimidazione perpetrati contro l'opposizione,” è diventata insopportabile.

La lettera conclude chiedendo al Congresso statunitense di porre termine a “questa interferenza straniera e questa patologia americana del buono/cattivo: solo così Haiti vedrà realizzarsi i sogni dei nostri nonni e diventare una nazione realmente indipendente.”

La lettera, tradotta per intero, si trova in appendice.

Note: Testo originale della lettera: http://www.caribbeannewsnow.com/topstory-Open-Letter-from-Haiti-human-rights-activists-to-US-Congress-23294.html

Allegati

  • Open Letter Haiti

    87 Kb - Formato pdf
    Traduzione, di Roberta Casillo, della lettera di haitani della diaspora al Congresso USA
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