Il Servizio di Pace LVIA in Burkina non si ferma
LVIA - Association for cooperation and international volunteering
Il Servizio di Pace LVIA in Burkina non si ferma
Attacchi terroristici a Ouagadougou.
Il racconto e il commento dell’ong italiana LVIA
Si è concluso con un bilancio di 29 vittime l'attacco terroristico nella capitale del Burkina Faso – Ouagadougou – cominciato venerdì sera 15 gennaio, contro l'hotel Splendid e il caffè-ristorante “Le Cappuccino” e conclusosi il sabato mattina dopo un assedio durato sette ore delle forze speciali del Burkina Faso e della Francia. AQMI, il braccio di Al Qaeda nel Maghreb, ha rivendicato l’attacco per opera del gruppo affiliato Al Morabitun guidato dal noto terrorista algerino Mokhtar Ben Mokhtar.
Contemporaneamente i terroristi hanno colpito nel nord del Paese, rapendo due australiani che abitavano in loco da molti anni e attaccando un posto di polizia.
Marco Alban, rappresentante dell’associazione
L’attacco a Ouagadougou arriva a due mesi di distanza da quello realizzato con dinamiche simili colpendo l’hotel Radisson Bleu a Bamako, in Mali, Paese che confina con il Burkina Faso e nel quale
«Il gruppo AQMI copre tutto il Sahel con l’intento di destabilizzare l’area» – racconta Marco Alban, che vive a Ouagadougou da diversi anni e precedentemente ha vissuto in Mali e Senegal sempre in rappresentanza dell’ong italiana
TUTTI POSSIAMO FARE QUALCOSA.
Lettera del Presidente LVIA Ezio Elia sul Burkina Faso
IL SERVIZIO DI PACE
#TUTTIPOSSIAMOFAREQUALCOSA
Con la necessaria prudenza e le dovute attenzioni, come già è avvenuto in altre occasioni nel corso dei nostri 50 anni di servizio di pace in diversi Paesi africani, LVIA intende proseguire i propri progetti in Burkina Faso, così come in Mali e in Burundi attualmente assurti tristemente alle cronache, assicurando la piena solidarietà ai fratelli africani che subiscono assurde azioni di odio e violenza.
La
In questi momenti drammatici ritornano le parole del congolese Patrice Lumumba, uno dei padri fondatori dell’indipendenza africana: “Senza dignità non c’è libertà, senza giustizia non c’è dignità”.
Il terrorismo assurdo, idiota, (stupido oserei dire se non fosse che ci sono di mezzo morti, feriti e rapiti) che sta insanguinando il mondo intero, che sta colpendo indiscriminatamente ricchi e poveri, mussulmani e non mussulmani, ha evidentemente un solo obiettivo, negare la dignità delle persone, perché ha paura della libertà e della giustizia. La frase di Lumumba prosegue dicendo che “senza indipendenza non ci sono uomini liberi” e mi pare evidente che questo terrorismo attraverso la paura vuole creare dipendenza, una sorta di totalitarismo senza Stato, ampliando a dismisura spazi geografici che, visti dalla parte “istituzionale” del mondo, appaiono senza governo, ma dove invece gruppi ben saldi di potere controllano le economie e le vite di moltitudini piegando al loro servizio religioni e tradizioni con cui cercano di fare presa sulla gente più debole ed emarginata.
Non facciamoci confondere dall’enfasi mediatica, se venerdì a Ouagadougou hanno colpito simboli di ricchezza e di “occidente”. Non mancano, infatti, anche nelle ultime settimane gli attentati sui mercati e sulle strade dell’Africa e del Medio Oriente, di cui i telegiornali italiani quasi non parlano. Proprio perché l’obiettivo di questo terrorismo è “ogni uomo potenzialmente libero” le azioni di contrasto sono estremamente difficili perché non si può immaginare una strategia logica come sarebbe invece se si trattasse di movimenti guerriglieri o di una forza politica insurrezionale.
Per chi conosce da tempo l’Africa saheliana, il timore che si verificasse questa situazione era già forte quando implose la Libia di Gheddafi. Da allora si sono via via scatenati diversi movimenti violenti dei quali è difficile coglierne la vera natura: mentre per alcuni sembrano sinceramente prevalenti le finalità politiche, come i vari gruppi che lottano per l’indipendenza del nord del Mali, in altri casi è più difficile se non impossibile trovare il confine tra un obiettivo di tipo politico-religioso e quello molto più banale di una delinquenza organizzata che cerca di porsi al sopra e al di fuori degli Stati nazione.
Che alcune zone marginali del Sahel fossero piattaforme del traffico internazionale di droga, di armi e di persone è una triste realtà nota da decenni. Sembra evidente che la fusione di queste mafie con i nuovi marchi del terrorismo jihadista sia una realtà crescente che offre le basi economiche con cui i gruppi terroristici si finanziano, trovano adepti e allargano il potere.
La democrazia è una forma di governo che rende le società particolarmente vulnerabili, ma d’altra parte è forse l’unica che può garantire il massimo delle libertà. La tentazione di rinunciare a libertà e democrazia in cambio della sicurezza non deve essere accolta, in Africa come in Europa.
Le istituzioni statali, con i relativi eserciti e forze di polizia, possono fare molto come deterrente al terrorismo ma non si può immaginare di militarizzare mezzo continente africano per anni.
Sta quindi alle società civili, del Sud e del Nord del mondo, rifiutare la tentazione dei totalitarismi della paura. La società civile del Burkina, come ha recentemente dimostrato con la sua grande rinascita democratica, ha ottime energie per resistere alla sfida stupida e ottusa del terrorismo; allo stesso modo gli altri Stati della regione stanno testimoniando una buona tenuta delle istituzioni democratiche. Queste energie non si esplicitano solo negli strumenti moderni con cui si governano le istituzioni dei paesi africani ma sono profondamente radicate nei valori tradizionali delle tante culture che costellano la fascia saheliana nelle quali prevale una preziosa capacità di convivenza e di dialogo, anche interreligioso.
Anche il crescente dialogo politico tra gli Stati saheliani è un elemento positivo che evidenzia la consapevolezza che un terrorismo così assurdo e trasformista può essere battuto solo togliendogli ogni spazio, anche geografico, estendendo al di là dei confini degli Stati il riconoscimento dei diritti e della dignità delle persone.
Ma gli Stati sono fatti da persone e non possono che venire dopo di esse. Spetta quindi a tutti, anche a ciascuno di noi, impegnarsi in prima persona, con l’educazione e la solidarietà, per costruire una società più giusta.
La nostre mille esperienze in Burkina con i contadini e i pastori lavorando per l’acqua e per la terra, con i giovani a sognare la nuova cittadinanza, con gli amici di Dorì a percorrere sentieri del dialogo interreligioso, con le donne in città per il riciclaggio dei rifiuti, con le mamme ed i bambini e i servizi sanitari per lottare contro la malnutrizione, ci danno la prova quotidiana che un altro mondo è possibile ed è concreto, esiste, anche se non fa notizia.
Rinnoviamo quindi il nostro appello di qualche settimana fa, lanciato in occasione degli attentati di Bamako, #tuttipossiamofarequalcosa, proseguiamo i nostri impegni per costruire giustizia con i fratelli del sahel, ricordandoci che nessuno ha la verità in tasca ma che siamo tutti impegnati, come ricordava il Muftì di Siria, a camminare “sulle orme dei profeti, dei santi, dei giusti e degli uomini di buona volontà”.
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