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"Visto da vicino, nessuno è normale" Franco Basaglia
Laura Tussi3 marzo 2016

"Visto da vicino, nessuno è normale" Franco Basaglia

“La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione.Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere” Franco Basaglia - 

La legge 180, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, del 13 maggio 1978, meglio nota come legge Basaglia (dal suo promotore in ambito psichiatrico, Franco Basaglia) è una nota e importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Successivamente la legge confluì nella legge 833/78 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario Nazionale.

La legge fu una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata sulle nuove e più "umane" concezioni psichiatriche, promosse e sperimentate in Italia da Franco Basaglia. Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante (che per alcuni casi viene tuttora utilizzata). Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali.

Le discipline psicologiche e psichiatriche si basano su presupposti e modelli teorici, come lo sviluppo della personalità, la relazione tra i rapporti famigliari e gli scompensi clinici, le fluttuanti delimitazioni fra normalità e disturbi nevrotici e psicotici che si verificano per fattori biologici, psicologici, sociali. Il DSM Diagnostic Statistical Manual of Mental definisce l'omosessualità come deviazione sessuale e nel 1974 i membri della commissione stabilirono di togliere l'omosessualità dalle patologie, dimostrando la relatività dei giudizi psichiatrici e l'incertezza delle diagnosi.

[1] La ricerca di Harris dimostra l'influenza dei fattori sociali sulle situazioni patologiche che interagiscono nella genesi delle depressioni, delle psicosi e delle schizofrenie, come elementi di vulnerabilità e agenti causali, quali separazioni, perdite e delusioni. Warner individua variabili che incidono sulla patologia schizofrenica, come lo stress economico e la disoccupazione e indica fattori protettivi per rendere le psicosi più accolte nella società, fornendo al paziente un posto di lavoro, trattando la malattia nel setting psicoanalitico, con supporto clinico e psicologico.

Ciompi individua un modello esplicativo della schizofrenia con fasi premorbose, acuti scompensi psicotici ed un'evoluzione della patologia a lunga scadenza. Con questo modello, la schizofrenia viene concepita come un processo nosografico intermittente e non come disordine cronico, per cui anche l’etnopsichiatria si è occupata delle variabili culturali nel manifestarsi della patologia. Il paziente schizofrenico vive intensi momenti e piene fasi di lucidità estremamente creativi e produttivi, in cui il disagio mentale viene vissuto come risorsa e ricchezza valoriale e creativa, dove anche , grazie ai progressi della farmacologia, le estreme condizioni di sofferenza individuale ed esistenziale sono contenute e controllate [...].

La teoria psichiatrica moderna si costituisce con la caduta dell'interpretazione magica e religiosa della follia.

Piro individua diversi periodi di considerazione della psichiatria: il periodo conservatore, di modernizzazione, di mutamento e di difficile riforma come gli anni ‘80 e ‘90. Gli anni ‘60 vedono un clima politico e culturale nuovo, con proposte riformistiche, nella lotta antiistituzionale con il progetto di settorializzazione psichiatrica al fine di accogliere i malati in una certa parte del territorio con dispensari, ambulatori, istituti intermedi, favorendo il decentramento territoriale al fine di agevolare l’inserimento e l’integrazione del paziente nel tessuto sociocomunitario, abolendo la funzione istituzionale, repressiva e restrittiva, del manicomio, proponendo invece la cura e l’igiene mentale in un’ottica sociale più ampia, dove il diverso deve essere accolto dalla comunità e dalla società, assumendo come presupposto la “follia” quale imprescindibile condizione umana e ricchezza creativa e valoriale e abolendo il grave stato di sofferenza traumatica dell’individuo al presentarsi dei sintomi gravi delle malattie mentali.

Jones auspica l'organizzazione di comunità terapeutiche per sostituire alla gestione violenta del manicomio, una pratica sociocomunitaria, con l'eliminazione di rapporti autoritari, per lo sviluppo della comunicazione e della risocializzazione del malato psichiatrico. Tale prospettiva vede un'applicazione pratica con gruppi psichiatrici intorno alla figura di Basaglia. La riflessione sulla gestione concreta del malato è messa in discussione da differenti culture e approcci medici e terapeutici come per esempio l’antipsichiatria di Laing.

Il tema dell'istituzionalizzazione pone all'attenzione pubblica le considerazioni sul complesso dei danni psichici inferti al paziente per il lungo soggiorno coatto nelle istituzioni, con principi di autoritarismo e coercizione, che inducono nel degente una progressiva perdita di interessi, in un processo di repressione, regressione e restringimento della personalità che ingenera vuoto emozionale ed esistenziale.

La tesi di Basaglia si fonda sul presupposto che l'istituzione manicomiale deforma la malattia mentale, la nasconde e impedisce la presa di visione e di considerazione del problema sociale e istituzionale.

L'introduzione dei neurolettici e degli antipsicotici, come il Serenase e l’Haldol, crea negli ospedali un'azione di recupero del rapporto e della relazione basati sulla narrazione e l'analisi delle storie di vita da parte degli psicoterapeuti e degli psicanalisti, perché tali sostanze inibiscono e tengono a bada le fasi allucinatorie e deliranti delle psicosi e di conseguenza inibiscono e controllano le gravi condizioni di sofferenza esistenziale e di scompenso psicomotorio del paziente. Tale processo e progresso medico e farmacologico si manifesta come un imprescindibile supporto all'ipotesi organizzativa moderna, come punto di riferimento della Organizzazione Mondiale della Sanità OMS.

Partendo dalla psichiatria, viene ripensata la categoria socioculturale dell’esclusione, per la cura del malato che si attua nella paura, nella repressione e occorre invece la riconquista della libertà, nella tutela del degente, nella difesa dell’integrazione e dell’accoglienza del diverso nella comunità e nella collettività, in un processo collettivo di integrazione e inserimento sociocomunitario del paziente.

La legge 180 contiene la legittimazione giuridica dell'umanesimo psichiatrico di Basaglia. I principi della legge considerano la malattia mentale inclusa in una rete di servizi territoriali, ambulatoriali e ospedalieri, come i centri psicosociali di cura e assistenza. La legge 180 prevede l'assistenza psichiatrica come parte del Sistema Sanitario Nazionale SSN, la chiusura dei manicomi e l'organizzazione di decentramento della cura e dell'assistenza a livello territoriale, in servizi psichiatrici dislocati e decentrati nel tessuto sociocomunitario, nell'ambito del territorio.

Con la riforma psichiatrica prevista dalla legge 180, il ricovero del malato è volontario e non più obbligatorio e coercitivo e si intravede una nuova fase per lo sviluppo dei servizi di cura e assistenza con reti di servizi psichiatrici che prevedono dipartimenti per la salute mentale, lo sviluppo della riabilitazione psichiatrica, la regolamentazione dei processi per la chiusura degli ospedali psichiatrici stessi. [...]

Nel 1994 il governo Ciampi ha approvato un progetto/obiettivo di tipo nazionale riguardante la tutela della salute mentale con l'apertura presso le ASL di reti di strutture territoriali psichiatriche, residenziali e semiresidenziali con operatori dalle comprovate competenze professionali, nella concezione complessiva di superamento della struttura dell'ospedale psichiatrico, dell’istituzione a regime coatto e repressivo, fondata invece sul concetto di esclusione e di separazione del malato dalla società, dove si escludeva il principio di integrazione della diversità nel tessuto sociale.

Laura Tussi da PeaceLink.it

[1] Paolo Ferrario, Politica dei servizi sociali. Strutture, trasformazioni, legislazione, Carocci Editore, Roma, 2001

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Note: su ILDialogo.org:
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su Docenti Senza Frontiere:
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