L'arma di distruzione di massa
C'era davvero un'arma di distruzione di massa in Iraq e finalmente è stata individuata. E' la stessa arma micidiale che da secoli uccide più esseri umani di tutte le armi atomiche, chimiche, biologiche e di tutti i terroristi messi assieme, mentre arricchisce chi la fabbrica e chi la spaccia. E quest'arma è l'ignoranza. La madre di tutte le arroganze, delle ideologie, delle guerre, delle menzogne che sta ammazzando e devastando in Iraq come ieri ammazzò in Europa, negli Stati Uniti, in Asia, ovunque.
L'ignoranza è l'arma che ha spinto le divisioni corazzate di Bush in Iraq, costruendo sulla base di ideologie e di teorie formulate nei comodi uffici e nei think tank di Washington, divenuti più tank che think, dottrine e scenari che poi il campo si sta diligentemente e sanguinosamente preoccupando di demolire. Non sono i terroristi e i guerriglieri quelli che stanno uccidendo soldati e civili, che stanno rapendo lavoratori e soccorritori stranieri in Iraq. Loro sono soltanto gli strumenti, i figli del male.
La madre è la spaventosa ignoranza dell'Iraq, della sua storia, della sua cultura, dei suoi costumi, della realtà.
Ignoranti sono, altrettanto, coloro che sparano e resistono e bruciano vivi gli occupanti, persuasi dalla propaganda, che dell'ignoranza è la figlia prediletta, che gli americani siano in Iraq per trasformare quel Paese (immaginario anch'esso) nel 51esimo stato americano e succhiarne via il petrolio per rifornire a basso prezzo le auto degli infedeli. Ignorando, appunto, che qualunque soluzione politica emergesse dall'occupazione sarebbe, in ogni caso, infinitamente migliore per la gente disgraziata di quelle terre, di quanto non fosse la dittatura Saddamita o di quanto sarebbe il governo dei fanatici integralisti. L'America non è quell'angelo liberatore e casto che le brochures diffuse dagli uffici stampa delle ambasciate e i discorsi surgelati e riscaldati al microonde di Bush descrivono, ma soltanto un idiota potrebbe sostenere che l'Italia di De Gasperi, di Togliatti, persino di Craxi e di Berlusconi, sia un luogo peggiore di quanto fosse l'Italia di Mussolini e del maresciallo Kesselring o che la Germania di Adenauer fosse peggiore di quella di Hitler.
Di Iraq, Washington non sapeva nulla e per questo credeva di poter cambiare tutto con una sfilata di tanks M1A1 per le vie di Bagdad, tirando giù, un anno fa, la statua vuota di Saddam. Paul Wolfowitz, il sottosegretario del Pentagono che passa per il cervello fino, per l'intellettuale della banda neo conservatrice oggi fortunatamente in crisi, disse alla radio pubblica americana, la Npr, che l'Iraq aveva il vantaggio immenso per un invasore cristiano di non contenere sul proprio territorio luoghi sacri all'Islam come invece ha l'Arabia Saudita, ignorando - appunto - che proprio nei luoghi dove ora si combatte e si sganciano bombe stanno alcuni dei massimi santuari musulmani, capaci di incendiare la furia e lo spirito dei fedeli.
Mentre aspettiamo, con il cuore in gola, di vedere come finirà, se finirà, questa fase di combattimenti e di violenza in Iraq che ormai investe anche la nostra missione insolentemente chiamata di "peace keeping" (ma quale pace si può mantenere, in un luogo dove pace non c'è mai stata?) torniamo al dubbio iniziale, quello che rese tanti di noi Europei avversi o perplessi alla furia di guerra americana, un anno fa: come può uno dei Presidenti più visibilmente ignoranti di storia e geografia nella storia americana essere colui che cambia la storia e la geografia di un mondo che non capisce e che non conosce?
Affidereste a un chirurgo che ignora l'anatomia, l'intervento su una persona cara, su un figlio, su voi stessi? E' davvero così sorprendente se, 13 mesi dopo la guerra vinta, la guerra vinta continua e le budella del paziente stanno sparse alla rinfusa sul tavolo operatorio mentre gli aiuti e gli infermieri del capo chirurgo tentano disperatamente di ricomporle e di ricucire il malato?
Qualche potente somaro ha confuso ancora una volta la forza con la conoscenza, la collera con la sapienza, la prepotenza con il diritto e ha deciso di aprire il ventre del malato dopo avere fatto da lontano diagnosi e prognosi sbagliate e ora, a causa di quell'errore, non c'è altra scelta che cercare di richiuderlo e di proclamarlo guarito. L'ideologia, che gli spacciatori confondono con idee e ideali, ha guidato la mano del maldestro chirurgo, nella autoreferenzialità classica di quella forma suprema di petulante ignoranza che si vende come cultura soltanto perché confezionata in libri di successo, saggi, studi e discorsi retorici. In Iraq, sta fallendo ancora una volta la sottocultura del pregiudizio e del preconcetto, delle pseudoidee pietrificate nelle "dottrine", dell'arroganza che si crede migliore soltanto perché ha i mezzi materiali per imporsi.
Sono trascorsi 13 mesi di occupazione e nessuno sa chi siano davvero coloro che si stanno ribellando e le false spiegazioni degli uffici stampa si rincorrono ansimando (lo sceicco del terrore, il chierico pazzo, l'ayatollah burattinaio, il medico demente, il Sunnita geloso, lo Sciita schiumante) per spiegare quello che neppure loro stanno spiegare. Sono terroristi stranieri, delinquenti, infiltrati iraniani, al-quaedisti, fanatici, criminali, "banditen", il punto è che non lo sappiamo, non lo sanno gli Americani, non lo sanno i nostri soldati a Nassiriya, che la propaganda del governo di Roma costringe a ripetere che tutti ci vogliono bene, laggiù, che soltanto una piccola minoranza di chissà chi ci spara addosso e forse ci rapisce, come se mai guerre e rivolte e massacri fossero stati compiuti dalla "maggioranza". Restiamo aggrappati alla nostra profonda ignoranza, che neppure i talk-show di falsi esperti che si parlano addosso e rimasticano luoghi comuni, riescono a dissipare. E, aggrappati al salvagente di piombo dei nostri preconcetti, contiamo i morti e andiamo a fondo.
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