"Ritiriamo i nostri soldati, forse". Fassino e Rutelli travolti dagli eventi e dai sondaggi
«Vediamo di non arrivare dopo Panama...», sollecita Fabio Mussi sventolando le dichiarazioni del sottosegretario alla difesa Paul Wolfowitz a proposito della «sovranità limitata» del futuro governo di Baghdad e dell'intenzione statunitense di mantenere il comando militare. «Non c'è anche la Mongolia...?», risponde sorridendo Luciano Violante, in vero persuaso che le parole di Wolfowitz sono la tomba di ogni svolta in Iraq, come dichirerà poco dopo: «Se avverrà davvero quello che dice, è del tutto evidente che l'amministrazione americana intende chiudere ogni spazio ad una conduzione multilaterale della crisi irachena». Perciò è sempre più solo una questione di tempo. Anche se ai maggiorenti del triciclo viene l'orticaria all'idea di dover presentare una mozione insieme ai pacifisti del centrosinistra per il ritiro delle truppe dall'Iraq, il solco è ormai tracciato. Tanto che il capogruppo della Margherita Pierluigi Castagnetti ci ride sopra quando i cronisti lo invitano a chiedere il ritiro prima che l'istanza arrivi dalla maggioranza (ancora il leghista Calderoli non aveva parlato): «Eh sì, finisce che lo decide Berlusconi...».
Nel triciclo, soprattutto Massimo D'Alema - con i suoi fidi - è persuaso che il termine del 30 giugno indicato dal listone per la necessaria «svolta» in chiave Onu sia di fatto già scaduta: «Massimo ormai l'ha detto che bisogna domandare il ritiro - riferiscono i suoi - E' arrabbiatissimo soprattutto per l'aggravarsi della crisi israelo-palestinese». Ma nemmeno il presidente della Quercia gongola all'idea di riconoscere che i dissidenti interni erano nel giusto. Figurasi Rutelli e Fassino... Il presidente della Margherita ieri ha menato fendenti a destra e a manca: contro Blair che vuole sottoporre a referendum la Costituzione europea e contro Zapatero per la posizione non «concordata» sull'Iraq. Per ribadire che la richiesta di ritiro è solo l'extrema ratio. Fassino, in nome del primato del triciclo, è dello stesso avviso. Anche se l'incontro a Roma con l'emissario di Kofi Annan in Iraq, Lakhdar Brahimi, lascia al leader ds «una conferma delle preoccupazioni espresse dal governo spagnolo: i margini per arrivare ad una vera svolta sono molto stretti. Il tempo che manca al 30 giugno è pochissimo, siamo davvero alle ultime ore».
Per questo «noi riteniamo che queste ultime ore non debbano essere lasciate passare invano», dice Fassino. Ma in realtà si tratta solo di un gioco di specchi, manovrato in omaggio all'impegno preso con Ciampi che «sconsiglia» di chiedere il ritiro prima che sia risolta la vicenda degli ostaggi, come riconosce il capogruppo ds a Montecitorio Luciano Violante. Per il resto, i Ds sono già attestati sulla richiesta di ritiro lungo il solco indicato da D'Alema, ormai prevalente all'interno dei gruppi parlamentari. Rutelli invece tira in lungo nella speranza di novità che non ci saranno. Il leader della Margherita fa come sempre la sua partita di risulta sulle incertezze Ds. Stretto in questa forbice, lo stato maggiore della Quercia rischia di finire schiacciato: un eccessivo attendismo è ormai impopolare presso gli stessi parlamentari di maggioranza, un'accelerazione incrinerebbe i rapporti con la Margherita. Per questo ieri è saltata la riunione del gruppo di Montecitorio. Perché la leadership avrebbe finito per mettersi nei guai su un fronte o sull'altro.
Ma anche il capogruppo Luciano Violante è indirizzato verso la soluzione dalmeina: una mozione parlamentare sul ritiro entro la metà del mese prossimo. Troppo tardi per i pacifisti del centrosinistra: correntone e Rifondazione in testa, che nelle ultime ore hanno lavorato gomito a gomito per sollecitare una presa di posizione di tutta la coalizione. Il capogruppo di Rifondazione Franco Giordano ieri ha contestato le dichiarazioni di Berlusconi circa l'intenzione di lasciare le truppe in Iraq anche dopo il 30 giugno, lamentandosi della risposta «burocratica» dei capigruppo del triciclo alla lettera con cui i parlamentari pacifisti martedì hanno chiesto una risoluzione unitaria delle opposizione sul ritiro. «Chiediamo a tutta l'opposizione di uscire dall'empasse, sostenendo l'iniziativa di Zapatero», dice rilevando come la guerra anglo-americana sia stata anche un tentativo di «annullare la soggettività politica dell'Europa» che ora va posta al riparo.
Tuttavia il triciclo resta ancora al palo: persuaso della necessità di chiedere il ritiro, ma incapace di farlo. Per un solo e semplice motivo: non darla vinta agli oppositori interni. Che però questa volta non sono più disposti a cedere e sono spinti nell'ombra anche da una parte dei parlamentari della maggioranza Ds.
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