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Presentazione del Libro:

Giuseppe Pinelli, il ferroviere di San Siro

Dalla lotta partigiana al movimento anarchico e alla non violenza, Pino era un ottimista che viveva con entusiasmo quel tempo di speranze e di profondi cambiamenti. Con la sua tragica morte è diventato un simbolo dei diritti negati e dei connotati violenti che può assumere il potere
Laura Tussi13 gennaio 2019

ARCI - MINGUS LIVE

Domenica 3 Febbraio 2019 ore 20.30

Arci Mingus Live Via Roma, 27 CARNATE

Piazzale Stazione, Info: 3470659914

Giuseppe Pinelli: il ferroviere Anarchico

PRESENTAZIONE del LIBRO

"GIUSEPPE PINELLI, IL FERROVIERE DI SAN SIRO"

 

Con l'Autore FRANCO SCHIRONE

Introduzione di LAURA TUSSI - PeaceLink

e

FABRIZIO CRACOLICI - Presidente ANPI Nova Milanese (Monza e Brianza)

CON CLAUDIA E SILVIA PINELLI

Come un Partigiano Anarchico, un ferroviere, riuscì a inceppare la macchina dello Stato e a smuovere una coscienza civile.

MUSICA CON RENATO FRANCHI & ORCHESTRINA DEL SUONATORE JONES

 

ENTRATA CON TESSERA ARCI

 

Libro di Franco Schirone:

Il ferroviere di San Siro. Giuseppe Pinelli e la ripresa dell'unione sindacale italiana a Milano

Come un partigiano anarchico, un ferroviere, riuscì ad inceppare la macchina dello stato e a smuovere una coscienza civile

 

Libro di Franco Schirone:

Il ferroviere di San Siro. Giuseppe Pinelli e la ripresa dell'unione sindacale italiana a Milano

 

L'intervista a Claudia Pinelli, pubblicata su MicroMega e Peacelink, contenuta, come introduzione, nel nuovissimo e importantissimo libro di Franco Schirone dal titolo "Il ferroviere di San Siro. Giuseppe Pinelli e la ripresa dell'unione sindacale italiana a Milano", ricco di documenti storici, tra cui i significativi contributi di Silvia e Claudia Pinelli. Con il Patrocinio dell'Associazione Culturale "Pietro Gori" - Milano e USI - CIT, Unione Sindacale Italiana

 

“Sai succede

che uno viva un po' in una torre,

i suoi libri, i suoi amici,

il lavoro da fare.

E le cose che succedono fuori

lo sfiorano forse,

poi di colpo sei dentro......

ed è cominciato tutto” 

 

(da Una storia quasi soltanto mia

di Licia Pinelli e Piero Scaramucci)

 

UNA INTERVISTA DI LAURA TUSSI A CLAUDIA PINELLI COME INTRODUZIONE “L’IMPEGNO DI MIO PADRE E LA VIOLENZA DEL POTERE”

 

“Dalla lotta partigiana al movimento anarchico e alla non violenza, Pino era un ottimista che viveva con entusiasmo quel tempo di speranze e di profondi cambiamenti. Con la sua tragica morte è diventato un simbolo dei diritti negati e dei connotati violenti che può assumere il potere”. Claudia Pinelli ricorda il padre Giuseppe, volato da una finestra della Questura di Milano la notte del 15 dicembre 1969.

 

di Laura Tussi, da peacelink.it[1] 

 

Il ricordo di tuo padre è stato un punto fermo nella vita della famiglia Pinelli. Quali sono le parole più significative e gli ideali più alti che la sua memoria ti ha trasmesso?

Il suo ricordo sicuramente è un punto fermo nella nostra famiglia e abbiamo dovuto testimoniarlo innumerevoli volte, ma la memoria sua e di quello che accadde appartiene a tutta la società civile.

Pino era un ottimista che viveva con entusiasmo quel tempo di speranze e di profondi cambiamenti. Aveva dato il suo contributo, giovanissimo, alla lotta partigiana, come staffetta, maturando dall’esperienza della guerra il rifiuto per qualsiasi autoritarismo. Aveva letto moltissimo, forgiato il suo pensiero con i classici del pensiero anarchico, studiato l’esperanto credendo veramente che una lingua comune avrebbe fatto cadere le barriere tra i popoli, era impegnato nel movimento anarchico, nel sindacato di base, nel pacifismo e nella non violenza. Faceva da tramite tra persone di generazioni e ideologie differenti, sempre aperto al dialogo e al confronto. E aveva una moglie che amava e due figlie. Poi la strage di Piazza Fontana, la sua orrenda morte, la sua immagine che esce deformata dalle dichiarazioni di quegli stessi responsabili del suo fermo illegale e dell’interrogatorio che stava subendo quella notte quando precipitò dalla finestra al quarto piano della questura.

Pino è diventato un simbolo dei diritti negati e dei connotati violenti che può assumere il potere. Lui era una persona positiva e ha insegnato a noi e non solo a noi, l’importanza dell’impegno in prima persona.

“Anarchia è responsabilità e ragionamento: non è violenza”. Con quali modalità e azioni tuo padre credeva nell’obiezione di coscienza e nel disarmo?

Quella che riporti è una frase dell’ultima lettera che mio padre scrisse e diventa ancora più significativa pensando che lo fece proprio nel pomeriggio del 12 dicembre 1969.

Pino aveva studiato l’esperanto, lingua che aveva imparato molto bene e che avrebbe voluto insegnare. Con questo strumento comunicava con persone di ogni parte d’Europa, che ospitava anche a casa. Era entrato in contatto con le idee che infiammavano quegli anni, con la contestazione giovanile, con i movimenti contro la guerra del Vietnam e con la sua capacità di dialogo divenne tramite tra generazioni differenti E’ stato tra i primi a organizzare incontri pubblici dedicati al tema dell’antimilitarismo insieme a obiettori di coscienza che vennero incarcerati per il loro rifiuto di indossare una divisa. Partecipò e organizzò marce per la pace, indisse manifestazioni e comizi per l’obiezione di coscienza, il pacifismo e la nonviolenza. Sostenne la stampa e la diffusione dei primi numeri di “Mondo Beat”, giornale che illustrava l’importanza della nonviolenza e la necessità del pacifismo

C’è una bellissima testimonianza di Giuseppe Gozzini, il primo obiettore di coscienza cattolico in Italia, che a poche ore dalla morte di Pino scrisse una lettera che rese pubblica in cui ricorda mio padre con queste parole:

“Conosceva, e non per sentito dire, movimenti e gruppi che si ispiravano alla nonviolenza e voleva discutere con me sulle possibilità che la nonviolenza diventasse strumento d’azione politica e l’obiezione di coscienza stile di vita, impegno sociale permanente. Io gli parlavo di società basata sull’egoismo istituzionalizzato, di disordine costituito, di lotta di classe e lui mi riportava oltre le formule, alla radice dei problemi, incrollabile nella sua fede nell’uomo e nella necessità di edificare l’uomo nuovo, lavorando dal basso. Poi ci vedemmo in molte altre occasioni e i punti fermi della nostra amicizia divennero don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani, due preti scomodi, che hanno lasciato il segno e non solo nella chiesa….Viveva del suo lavoro, povero come gli uccelli dell’aria, solido negli affetti, assetato di amicizia, e gli amici li scuoteva con la sua inesauribile carica umana… Si è sempre battuto contro l’individualismo delle coscienze addomesticate: lui, ateo, aiutava i cristiani a credere (e lo possono testimoniare tanti miei amici cattolici); lui operaio, insegnava agli intellettuali a pensare, finalmente liberi da schemi asfittici. Non ignorava le radici sociali dell’ingiustizia, ma non aveva fiducia nei mutamenti radicali, nelle `rivoluzioni’ che lasciano gli uomini come prima. Paziente, candido, scoperto nel suo quotidiano impegno, era lontano dagli estremismi alla moda, dalle ideologie che riempiono la testa ma lasciano vuoto il cuore. Stavo bene con lui, anche per questo.”

In qualità di testimone degli eventi, come ti poni nei confronti del pensiero socialista e libertario del grande Partigiano e Padre Costituente Stéphane Hessel che ha lanciato appelli di pace per la nonviolenza e per il disarmo nucleare totale? In che modo tuo padre avrebbe attuato e condiviso tali idee?

Il mio essere testimone degli eventi è marginale rispetto al ruolo avuto da mia mamma Licia, una persona meravigliosa che è diventata roccia per noi e per lui quando tutto il nostro mondo è andato in frantumi. E di tutte quelle persone che ci sono rimaste vicine e ancora lo sono, con estremo coraggio in situazioni anche molto difficili. Da quello che io conservo di mio papà e da quello che mi hanno raccontato di lui credo si sarebbe avvicinato con curiosità e interesse alle idee di Stephane Hessel cercando di valutare e di capire, come faceva per tutte le idee e le cose che lo stimolavano, ma non mi posso permettere di parlare per lui, di dire come avrebbe agito o anche se avrebbe condiviso tali idee. Nessuno di noi è lui.

Un messaggio alle generazioni presenti e future “Per Non Dimenticare” la memoria degli eventi.

Non bisogna accettare in maniera passiva le verità ufficiali, bisogna sempre cercare e essere critici, mantenendo viva la capacità di indignarsi. La memoria deve essere come un filo di luce puntato implacabilmente sul passato perché mantenendo viva l’attenzione, la ricerca, la comprensione di quello che è stato questo potrà essere di insegnamento e monito per il presente e potrà aiutarci a trovare la forza per ribellarsi a chi ci vorrebbe spettatori passivi invece che cittadini che partecipano e scelgono. Solo così si avranno gli strumenti per costruire una società più giusta e più umana.

 

 




[1] Laura Tussi di PeaceLink, rete Ican Premio Nobel per la Pace 2017. Questa intervista su Facebook ha raggiunto oltre 7.000 condivisioni; ripresa e  pubblicata anche dalla rivista MicroMega il 29 maggio 2014.

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

 

Io tengo a dichiararvi: che se il professare le nobili idee dell'anarchia è reato; - se il denunziare le iniquità sociali, analizzare le menzogne di una sedicente civiltà, flagellare ogni forma di tirannide e di sfruttamento, tenere gli occhi rivolti alle aurore dell'avvenire incorruttibile, portare tra le moltitudini dei miseri e degli oppressi la buona novella della liberazione e della giustizia è delitto - io pure di queste colpe sono colpevole.

Pietro Gori

  

Nel portare a termine la presente pubblicazione sono intervenute e si devono ringraziare diverse persone; senza il loro ausilio non saremmo riusciti a comporre questo particolare profilo di Giuseppe Pinelli.   Determinanti sono stati Enrico Moroni, Angelo Mulè, Gianfranco Careri e Ivan Guarnieri per la ricostruzione storica di quella fase, con il racconto degli eventi e delle lotte sindacali in cui Pinelli e l'Usi sono intervenuti in un mondo del lavoro in fermento. Grazie a Claudia e Silvia Pinelli (e, tramite loro, Licia Rognini Pinelli) sempre coerenti e forti nella loro battaglia nel ricordare Giuseppe. Un grazie all'attivissima Laura Tussi di PeaceLink, rete Ican Premio Nobel per la Pace 2017 che con grande entusiasmo ha consentito all'utilizzo della sua intervista a Claudia Pinelli che riportiamo come introduzione al presente lavoro. A Paolo Faccioli, e con lui Claudio Piccoli, un grazie per la lettera di Pino del 12-12-1969.

   Per la raccolta dei documenti e dei volantini entrano in gioco in tanti: Italino Rossi, Franco Pavese, Lina Antonelli, Claudio Mazzolani dell'Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana (ASFAI) di Imola, Fiamma Chessa dell'Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa di Reggio Emilia e tanti altri che negli anni mi hanno consegnato i volantini e i cui nomi non mi sovvengono: grazie a tutti e tutte. Ringrazio i compagni dell'Associazione Culturale "Pietro Gori" di Milano, in particolare Santo Catanuto per la copertina, i consigli tecnici e l'impaginazione del libro; e poi Michele Puerari e Daniele Ratti per il supporto e i loro giudizi alla lettura della bozza che mi hanno rasserenato circa la bontà del lavoro fatto.  Non ultimo un ringraziamento ai compagni, alle compagne del Micene e al Coro dei Miceni che ospitano da tredici anni questa importante iniziativa; alla Federazione Anarchica milanese e all'Unione Sindacale che con il Micene organizzano ogni anno, il 14 dicembre, l'evento.

Un grazie, infine, a Fabrizia Puorro per la sua opera "Ricordando 'PINO' PINELLI".

di Franco Schirone

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