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Norman Peach motiva la sua decisone di proporre Vanunu per i prossimo Premio Nobel per la Pace

Date a Vanunu il Premio Nobel per la Pace!

Articolo che parte da una possibile scoperta di un sito nucleare in Iraq con la conseguente cattura dell'eventuale spia con un esito che ricorda la vicenda di Vanunu
3 maggio 2004
Norman Paech*
Tradotto da per PeaceLink

Immaginiamoci che Bush e Rumsfeld avessero ragione, quello che non hanno potuto trovare esiste: un programma di armamento nucleare, una fabbrica ed il plutonio in un qualsiasi posto nel deserto tra Karbala e Ar-Ramadi. Notizie al riguardo si hanno avute da un articolo apparso sul parigino Figaro, dove uno scienziato iracheno si è sfogato. Cosa farebbero gli USA? Potrebbero occupare subito il luogo, mettere al sicuro il plutonio e smontare la fabbrica per eliminare il pericolo una volta per tutte. Ma potrebbero anche attirare lo scienziato nella città amica di Madrid, sequestrarlo, trasferirlo a Guantanamo, torturarlo o lasciarlo torturare in Marocco e per i seguenti 15 anni farlo scomparire nel Delta Camp. Oppure invece di tutto ciò potrebbero proporlo come candidato per il Premio Nobel per la Pace, visto che il presidente Carter lo ha ricevuto nel 2002 e per Bush è ancora troppo presto.

Questo molto improbabilmente sarebbe il caso, ma così probabilmente sarebbe la variante del sequestro e dell’insabbiamento della vicenda sotto l’amministrazione Bush. Perché – e questo lo sappiamo bene – gli Usa non sono andati in Iraq per cercare le armi nucleari, e questa scusa non serve neanche più come ragione fondamentale della loro guerra. Ma se adesso venisse svelato il segreto custodito perfettamente, sarebbe un grave tradimento per gli interessi della sicurezza del nuovo protettorato in Iraq, nel quale loro da poco avrebbero preso in carico la fabbrica. Quindi dovrebbero lasciarsi rassicurare che lo scienziato venga seguito e che non abbia nessuna prospettiva di venire rilasciato dalla sua detenzione di isolamento assoluto, poiché il loro interesse sarebbe di scoraggiare qualsiasi scienziato passato o futuro del programma nucleare dallo svelare il segreto. Per chi non volesse ancora crederci, sarebbe avvisato da quest’ultimo avvertimento: ti capiterà quello che è capitato a Vanunu.

Il nome è tornato nuovamente alle cronache, ma solamente perché questo scienziato atomico il 22 aprile 2004 avrà scontato la sua pena e potrà lasciare il carcere di Ashkelon. A lui si deve la rivelazione al mondo intero del programma nucleare israeliano, che oggi viene stimato in circa 200 bombe e 400 testate. Mordechai Vanunu, figlio di un immigrato marocchino, era ingegnere a Dimona, dove, ampiamente schermato al pubblico (ufficialmente è una fabbrica di tessuti), si arricchiva il plutonio e dove fin dagli anni ’50 si è sviluppato un progetto di armamento atomico. In questo aiutò non solo la Francia, ma anche il regime di apartheid sudafricano con il quale Israele lavorò in modo molto stretto.

Quando Vanunu incominciò a fare alcune considerazioni, fotografò segretamente il suo luogo di lavoro e prese contatti con un giornalista inglese che nell’autunno del 1986 lo portò a Londra e preparò un articolo per il The Sunday Times. Ma ancor prima che venisse stampato, il 5 di ottobre, Vanunu cedette alle lusinghe di una agente del Mossad, che lo attirò a Roma dove venne catturato da altri agenti, stordito e il 30 settembre condotto in Israele via nave. Il presidente del Consiglio dei Ministri all’epoca era Simon Peres. In un processo segreto Vanunu venne condannato a 18 anni di galera per spionaggio e alto tradimento. Undici anni e mezzo li trascorse in assoluto isolamento. Nessuna istanza di riduzione della pena, nessuna protesta delle organizzazioni per i diritti umani, nessun appello dei premi nobel Kenzaburo o Günter Grass portarono a delle variazioni della sua detenzione. I suoi genitori nel frattempo si sono separati da lui visto che era passato alla religione cattolica. Solo il suo avvocato ed una coppia americana, che lo ha adottato, mantennero sporadici contatti via lettera. La loro prima visita venne concessa nel 1997. Poco prima del cinquantesimo anniversario della fondazione dello Stato di Israele venne adottato anche per il lui il regime di detenzione applicato agli altri detenuti, un condono della pena venne respinto dal presidente Weizmann così come un rilascio per la condizionale da parte della Corte di Appello. Motivazione: potrebbe rivelare ancora altri segreti. Gli USA, i maggiori guardiani del monopolio delle armi nucleari, non sono mai intervenuti a favore del prigioniero.

Punto di partenza dell’armamento nucleare di Israele fu la fornitura da parte della Francia di un reattore atomico ottenuta da Peres. Una commissione di controllo si lasciò ingannare nel maggio 1961 dal vero carattere della fabbrica e se ne andò senza sospetti. Golda Meir e Richard Nixon arrivarono ad un accordo a bilaterale: Israele non avrebbe potuto avere e produrre armi nucleari fino a che gli USA non lo avessero ammesso. Fino ad oggi Israele è una zona libera da ispezioni. Le richieste degli stati arabi, non solo ad Iraq, Iran, Libia e Corea del Nord, ma anche ad Israele di vietare l’armamento nucleare e di sottoporre tutti i paesi a regolari ispezioni non è mai stato una sola volta messo in discussione. E Peres sembra formulare una regola grammaticale, quando non tollera che Israele venga posto sullo stesso piano degli altri stati arabi, poiché Israele è una democrazia e mentre gli altri paesi sono governati da regimi dittatoriali.

Vanunu toccò Israele su di un nervo centrale della sua sicurezza. Questo è ancora poco da ottenere con le armi nucleari come l’annessione delle alture del Golan, la colonizzazione forzata della Banca Occidentale o il suo sbarramento con un muro di otto metri di altezza. Certamente l’ossessione della sua minaccia dall’interno e dall’esterno aveva già a suo tempo creato in Israele un’atmosfera in cui gli stessi diritti umani soggiacevano sotto il sospetto di essere sovversivi.

Dai circoli governativi israeliani viene comunicato che verrà impedito a Vanunu di abbandonare il paese dopo il suo rilascio, come invece lui aveva programmato. Cosa fare? Vanunu è stato proposto innumerevoli volte per il Nobel per la Pace, perché non anche quest’anno? L’esempio di Aung San Su Kyi, il cui destino non è stato per niente cambiato dal premio del 1991, non dovrebbe scoraggiare anche perché Israele è una democrazia e la Birmania una dittatura. Ci sono abbastanza capi di governo falliti, il cui premio ha onorato per almeno 15 anni i loro sforzi. Da Michail Gorbatschov nel 1990 a Simon Peres e Ytzhak Rabin nel 1994 (ne fa parte anche Yaser Arafat) fino a Kim Dae Jung nel 1999 e Jimmy Carter nel 2002. Ma fino qui anche semplici e sconosciuti cittadini e cittadine che hanno illuminato il mondo, sebbene i media li hanno glorificato solo per un certo periodo: Rigoberta Menchù nel 1992, Josef Rotblat e la sua conferenza sul Pugwash sulla Scienza e gli Affari mondiali nel 1995, Carlos Felipe Ximénes Belo e José Ramos-Horta nel 1996 oppure Jody Williams a la sua Campagna internazionale per il Bando delle Mine Antiuomo nel 1997 fino a Medici senza Frontiere nel 1999. Il premio Nobel a Vanunu distoglierebbe ben poco Israele dal suo programma nucleare, così come il premio a Jody Williams non ha tolto le mine dal mondo. Ma l’idea che spinge questi uomini sarebbe messa in primo piano dal conferimento del Nobel e lo porrebbe al primo posto dei problemi dell’umanità, per un breve periodo diverrebbe immortale. Ed il premio increspa lo spirito di sacrificio, l’ostinazione e l’inflessibilità tra le varie virtù dell’agire umano. Vanunu meriterebbe questo premio.

Ma se fosse a Oslo che non vorrebbero? Perché proprio il premio Nobel? Il premio Nobel alternativo lo ha già ricevuto nel 1987. Il mondo è pieno di premi e innumerevoli organizzazioni cercano ogni anno nomi con i quali potersi decorare. L’Almanacco Fischer conta solo in Germania 15 premi per la Pace che concedono spazio sufficiente ai cittadini israeliani: a Nabila Espaniola e Reuven Moskovitz il premio per la Pace di Aquisgrana 2003 (Aachener Friedenspreis 2003), a Daniel Barenboim la medaglia Buben-Rosenzweig 2004 (Buben-Rosenzweig-Medaille 2004), ad Amos Oz il premio della Pace della Fondazione Fratelli Korn e Gerstmann 2003 (Friedenspreis Geschwister-Korn-Gerstmann-Stiftung 2003), a Uri Avnery il Premio Ossietzky 2002 (Ossietzky-Preis 2002). Ma perché, ci si chiede, tutte queste fondazioni e associazioni evitano di considerare Vanunu, un esemplare prigioniero per la pace, meritevole di un loro riconoscimento? Non solo un premio, ma anche una medaglia è intitolata a Carl von Ossietzky, che a suo tempo ebbe il coraggio di rendere pubblici i piani segreti per il riarmo del Reich e la conseguente preparazione alla Seconda Guerra Mondiale; nel 1936, mentre era prigioniero in un campo di concentramento, venne insignito del Nobel per la Pace. Il comitato di giuria non ha mai pensato che non c’è un rappresentate più virtuoso di Vanunu per il premio che porta il nome di Ossietzky?

Ma non sviamo. Il Premio Nobel per la Pace è l’unico ammissibile per questo uomo. Lui non ha bisogno di Medaglie, documenti senza dote, discorsi di lode gratuiti con quartetto d’archi, non gli possono essere utili. E tutti i comitati dei premi non devono buttarsi sulla sua liberazione dopo che per lungo tempo non lo hanno neanche considerato e non hanno fatto niente per la sua liberazione. Chi non porta soldi non si deve più servire del suo nome. Quest’uomo non ha potuto lavorare per 18 lunghi anni, non ha risparmi, ha bisogno di soldi. Lui deve ricostruirsi una nuova vita senza il suo vecchio lavoro. Appunto per questo: Vanunu per il Nobel, il Nobel per Vanunu!

* Dott. Norman Peach fino all’estate 2003 Professore per i Diritti dei Popoli alla Scuola di Studi Superiori di Economia e Politica di Amburgo. Il contributo verrà pubblicato nella prossimo numero della rivista “Ossietzky”.

Note: Tradotto a cura dell’Associazione Peacelink, traduzione di Chiara Panzera.

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