«Lascialo libero e il piccolo rivelerà sé stesso»
Il 3 dicembre 1913 il Cincinnati entra nel porto di New York. Da bordo scende una signora dall'aspetto gradevole, robusto, con una pelliccia nera e un grande cappello con veletta sul capo. Sulla passerella incede come una regina – è celebrata al pari di una star.
In modo frenetico gli americani acclamano l'italiana che sulla New York Tribune è stata annunciata come «la più interessante signora d'Europa». Una signora che «ha rivoluzionato il sistema educativo di tutto il mondo», scrisse il giornale Brooklyn Daily Eagle. «Ha insegnato a leggere e scrivere ai deficienti e ai matti», il suo metodo si «propaga fino alla Corea a oriente, fino a Honolulu a occidente e a sud fino all'Argentina».
Sebbene non parli una parola di inglese, la signora è visibilmente compiaciuta del frastuono. Durante la sua permanenza negli Stati Uniti, la dottoressa parlerà in una Carnegie Hall gremita di gente e sarà invitata a cena dall’inventore Thomas Alva Edison. Trascorre un fine settimana dal magnate dei corn flakes Will Keith Kellogg e la figlia del presidente Margaret Wilson la guida alla visita di Washington.
Il suo nome: Maria Montessori. La pedagogista riformatrice dai fan è venerata al pari di una stilita e una luminare, dai critici è tacciata come un'opportunista e una diva dispotica. Il suo credo: «I piccoli non vanno educati con la disciplina, ma incentivati con amore a sviluppare i loro talenti personali». Libertà al posto della coercizione, autonomia al posto della subordinazione – l’approccio di Montessori fu rivoluzionario, il suo scritto programmatico Il metodo un bestseller. E la sua tenacia senza eguali.
Vessata in aula
Quando Maria nacque a Chiaravalle, vicino ad Ancona, il 31 agosto 1870, all'incirca tre quarti degli italiani sopra i 10 anni non sapevano né leggere né scrivere. «L’istruzione pubblica è il capitolo più buio della storia sociale italiana», scrivevano nel 1901 gli storici britannici Bolton King e Thomas Okey. Solo nel 1877 fu introdotto, e raramente attuato, l’obbligo dell’istruzione elementare, soprattutto nell’agricoltura e nelle miniere il lavoro minorile era diffuso.
Allora le scuole primarie italiane, così la biografa di Montessori Rita Kremer, il più delle volte erano sovraffollate e sporche, il mestiere del maestro era malvisto e pagato malissimo. Disciplina, sfacchinate e maniere forti la facevano da padrone. Per Maria, unica figlia di un funzionario al ministero delle Finanze e di una madre profondamente religiosa, una cosa era certa: che facesse l’insegnante, questo era il progetto professionale del padre, era fuori discussione.
Contro la volontà paterna, frequentò l’Istituto tecnico e volle diventare prima un ingegnere e poi un medico – come una tra le prime donne in Italia. Anni di vessazioni furono la conseguenza: quando la studentessa di Medicina camminava per i corridoi, i compagni sghignazzavano. In aula le era permesso entrare solo dopo che gli studenti maschi si erano seduti.
Nel passare accanto alle fila dei posti a sedere, Montessori avanzava ritta. Quando, per sbuffare con aria sprezzante, i giovani uomini gonfiavano le guance, si racconta che borbottasse: «Quanto più forte soffiate, tanto più in alto posso salire». Montessori sopravvisse a ogni angheria. Perfino al fatto che nell’aula di anatomia era costretta a lavorare di sera tutta sola – era impensabile che una donna sezionasse corpi nudi in presenza di uomini.
Il fumo contro il fetore di cadavere
«Perché sono sola in mezzo a tutta questa morte?», si lamentava Montessori. Rabbrividiva, stringeva i denti e proseguiva a dissezionare. Per sopportare il fetore di cadavere, assoldò un fumatore, infine lei stessa prese a fumare. Montessori terminò i suoi studi con voti eccellenti e con charme, intelligenza e tenacia sbaragliò la concorrenza maschile.
Al pari dell’aria per respirare, era il vento contrario ciò di cui aveva bisogno Montessori da intrepida femminista quale era da giovane. Quando più tardi da tempo era famosa, scrisse a un'amica: «Mi manca lo stimolo della battaglia!» Alla pedagogia la dottoressa si accostò nel 1897 dopo aver fatto visita a una clinica psichiatrica romana. Qui le furono mostrati dei piccoli pazienti che sonnecchiavano apaticamente, rinchiusi dentro una stanza buia e spoglia. Per Montessori fu uno shock.
Stando agli improperi della custode, i bambini si comportavano come degli animali voraci: non appena sparecchiato, così la custode, si gettano sul pavimento e arraffano le briciole di pane. Le briciole, rilevò Montessori, erano l'unica cosa a cui i presunti «deficienti» potessero dedicarsi. Erano la sola cosa che li sottraesse alla loro letargia.
Se solo a questi pazienti fosse sottoposto il giusto materiale didattico, questa era la tesi di Montessori, anche loro si svilupperebbero, scoprirebbero le loro abilità. Invece di essere soltanto tenuti al sicuro, i bambini disabili andavano incoraggiati con materiali speciali volti a comprendere il mondo con tutti i sensi. «Aiutami a fare da me», era la massima di Montessori.
Il «miracolo di San Lorenzo»
Più tardi applicò il suo metodo ai bambini sani, fu a sua volta «costruttrice» del proprio sviluppo personale. Nel 1907, in un quartiere povero di Roma, aprì la prima Casa dei bambini. Da tutto il mondo i curiosi arrivavano per ammirare con stupore «il miracolo di San Lorenzo»: sotto la guida di Montessori, analfabeti luridi, disinteressati si tramutavano in lettori ordinati e concentrati.
Questo perché Montessori non li istruiva, bensì li accompagnava. E li proteggeva dal mostro «Ombius», come Montessori denominò la sfera sociale e familiare. Un ricettacolo della repressione in cui, con il pretesto dell'amore, i genitori deturpavano i loro figli e li privavano della loro personalità.
Sarà per questa ragione che subito dopo la nascita di suo figlio lo affidò a degli sconosciuti e in presenza di estranei negò fino alla morte?
Mario M. Montessori nacque a Roma il 31 marzo 1898. Il padre era il primo e unico amore di Montessori, lo psichiatra Giuseppe Montesano. Montessori aveva tenuto nascosta la gravidanza e mandato il neonato da una balia che viveva in campagna. A 7 anni il piccolo entrò in collegio. È vero che Montessori gli faceva visita, ma solo quando ne ebbe 15 lo portò a vivere con sé.
Una missionaria sempre in viaggio
Secondo la biografa Kramer, per evitare il disonore sociale, i genitori della coppia avevano fatto pressioni perché il bambino nato illegittimo fosse ceduto. Montessori avrebbe anche potuto sposarne il padre. Ma ciò le avrebbe impedito di svolgere la sua professione. E questa era il compito della sua vita, per il quale Montessori, missionaria sempre in viaggio intorno al mondo, scese a patti con tutti i promotori.
Perfino con l’ex insegnante di scuola elementare Benito Mussolini. Che, al pari di Montessori, aveva una natura da leader autocrate-carismatica che raccoglieva intorno a sé i sostenitori come gli adepti – e intendeva creare un uomo nuovo. Nel 1927 il dittatore la esaltò come «l'eroina della patria». Ancora in una lettera del 1931 Montessori elogiava Mussolini per essere un «combattente» che «sapeva vincere senza uccidere e nel momento sia della battaglia che della vittoria si faceva guidare dall'amore anziché dall'odio».
Entrambi speravano di trarre vantaggio dal loro rapporto, come ha chiarito la storica olandese Marjan Schwegman: Mussolini voleva usare per i suoi scopi la fama internazionale della pedagogista – e Montessori rafforzare con l'appoggio dell'uomo più potente d'Italia la diffusione del suo insegnamento, che all'estero era molto più popolare che in patria.
Nominata tre volte al premio Nobel per la pace
«Io ho ancora pochi anni di energia fattiva», scrisse Montessori al duce in una lettera del 1928. «E solo la Sua protezione, che allontani gli ostacoli, e dia mezzi e difese a questa opera grande, può fare sì che le mie energie rimaste riescano a compiere il disegno che certo la Provvidenza di Dio ha tracciato affinché si possa aiutare i bambini di tutto il mondo».
L'opera di persuasione di Montessori ebbe successo: il regime rieditò i libri scolastici della pedagogista, produsse i suoi materiali didattici, offrì corsi di formazione. E Mussolini assunse la carica di Presidente onorario dell’Opera Nazionale Montessori, fondata nel 1924. In tutta Italia il numero delle scuole Montessori appoggiate dal regime fascista salì a oltre 70.
La signora che si batté appassionatamente per la pace nel mondo e una società migliore, che per tre volte fu candidata al premio Nobel per la pace – proprio costei si fece sponsorizzare da un uomo la cui autorità si basava sulla guerra e la violenza.
È questo uno dei dilemmi di Montessori, così come il fatto che la pedagogista riformatrice certamente insisteva sulla libertà dei bambini, eppure disapprovava le loro esternazioni spontanee – le corse scalmanate, gli schiamazzi, le fantasticherie. Predicava sobrietà e amava il lusso. Rifiutava i giocattoli, ma ne portò alcuni a suo figlio. E che Mario, stando a una delle tante leggende su Montessori, pare abbia fatto a pezzi in preda all’ira.
La mésalliance tra il dittatore e la pedagogista si interruppe negli anni 30: troppo inconciliabili gli obiettivi, troppo contrastanti le idee sull'uomo. Ora, sprezzante, Mussolini definiva Montessori una «rompiscatole», le sue scuole furono chiuse tanto in Italia nel 1934 quanto in Germania dopo l'ascesa al potere dei nazisti. Montessori fuggì prima a Barcellona e poi in India, dov'era venerata come un guru – e per la prima volta dalla separazione da Montesano non si vestì solo di nero.
Al suo fianco, il figlio Mario, che la segue come un'ombra ovunque vada. «Sai, un giorno andrò in un luogo dove non potrai seguirmi», disse Montessori, stando a quanto riferito dal figlio, il 6 maggio 1952 durante una chiacchierata nel loro rifugio olandese di Noordwijk aan Zee. «Non andrai da nessuna parte dove io non possa seguirti», replicò Mario in modo indignato e lasciò sola brevemente la 81enne.
Quando fece ritorno, Maria Montessori era morta. Le sue idee, però, sono ancora vive – in oltre 25mila scuole Montessori in tutto il mondo.
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