La psicologia dello specismo
Ma le domande sull’esistenza dello specismo, e sui suoi possibili legami con altre forme di pregiudizio, non sono questioni esclusivamente filosofiche. Fondamentalmente si tratta di ipotesi sulla psicologia umana che possono essere esplorate e testate empiricamente. Eppure lo specismo è stato clamorosamente quasi del tutto trascurato dagli psicologi (a parte alcuni di essi). Una ricerca fatta su Web of Science, all’inserimento delle parole chiave “specismo” e “relazioni tra umani e animali” ci rivela che negli ultimi 70 anni in tutte le riviste di psicologia sono uscite meno di 30 pubblicazioni. Anche se questa ricerca potrebbe non essere esaustiva, i suoi risultati praticamente spariscono di fronte alle quasi 3.000 pubblicazioni sulla psicologia del razzismo uscite nello stesso periodo di tempo. Considerata l’importanza del tema (la maggior parte delle persone interagisce con gli animali o mangia carne), la diffusione dell’argomento in filosofia, e la grande attenzione che la psicologia rivolge ad altri tipi di pregiudizi manifesti, questo disinteresse della psicologia nei confronti dello specismo risulta piuttosto singolare. Lo studio dei modi in cui diamo uno status morale agli animali dovrebbe essere un campo di ricerca scontato per la psicologia.
Io e i miei colleghi Jim A.C. Everett e Nadira S. Faber, abbiamo pubblicato una ricerca sullo specismo sul «Journal of Personality and Social Psychology» (Caviola, Everett e Faber 2018), con l’intento di definire il tema dello specismo nel campo della ricerca psicologica. A tal fine abbiamo sviluppato una Scala dello Specismo: uno strumento standardizzato, convalidato e affidabile che valuta il grado di specismo nelle opinioni di un individuo. La nostra ricerca ha dimostrato che lo specismo è un costrutto psicologico distinto, quello che determina in che misura le persone discriminano gli individui in base alla specie di appartenenza. Questo costrutto non può essere individuato da parametri usati per altri pregiudizi o prosocialità, e mostra delle proprietà interessanti.
Alla luce della nostra ricerca, l’analogia tra specismo e altre forme di pregiudizio avanzata dai filosofi si rivela fondata.
Lo specismo è correlato positivamente con razzismo, sessismo e omofobia, e sembra sostenuto dalle stesse credenze socio-ideologiche. Similmente al razzismo e al sessismo, lo specismo sembra essere un’espressione della Social Dominance Orientation (Orientamento della dominanza sociale), ovvero la credenza ideologica per la quale le disparità sarebbero giustificabili e i gruppi più deboli debbano essere dominati dai gruppi più forti (Dhont et al. 2016). Per di più lo specismo è negativamente correlato sia con l’empatia che con il pensiero critico. Ci sono più antispecisti fra gli uomini che fra le donne, ma non sono state riscontrate correlazioni con l’età o con l’educazione.
Lo specismo si palesa anche nei comportamenti reali. Nei nostri studi, si può prevedere se una persona sarà più incline ad aiutare gli umani che gli animali, oppure animali “superiori” piuttosto che animali “inferiori”. Per esempio, di fronte alla scelta tra una donazione per aiutare i cani e una per aiutare i maiali, più è alto il suo punteggio sulla scala dello specismo, più una persona sarà incline ad aiutare i cani. Allo stesso modo, più è alto il suo punteggio sulla scala dello specismo, più sarà incline a usare il suo tempo per aiutare dei senzatetto piuttosto che aiutare gli scimpanzé a ottenere il riconoscimento dei diritti fondamentali. Infine, lo specismo è legato al vegetarianesimo etico. Anche se gli studi che abbiamo condotto ci hanno mostrato che non tutti quelli che rifiutano lo specismo credano che mangiare carne sia sbagliato, abbiamo comunque notato che più è alto il punteggio sulla scala dello specismo, più questa persona preferirà uno snack a base di carne piuttosto che uno a base vegetale.
Uno degli argomenti dei detrattori del concetto di specismo è che il motivo per cui ci preoccupiamo di meno