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Aiuti all’Afghanistan

Bisogna agire, non fuggire

Ciò che temono i talebani non è l’isolamento, bensì le interferenze. Quanti intendono aiutare le donne, devono recarsi nel Paese
2 gennaio 2023
Wolfgang Bauer
Tradotto da Stefano Porreca per PeaceLink
Fonte: Zeit Online - 28 dicembre 2022

Refugiate afgane in protesta

Dedicarsi all’attualità afgana, è diventato pressoché insostenibile. I talebani stanno trasgredendo i principi democratici in modo sempre più radicale. Che fare dunque? Quel che si vorrebbe è distogliere lo sguardo.

I talebani stanno disattendendo tutti gli accordi presi nei negoziati con gli americani stanchi della guerra. All’epoca anche i diplomatici tedeschi giuravano che sarebbero cambiati. Stando alle loro parole, i leader dei talebani avevano compreso che non sarebbero potuti tornare a guidare il loro regime stretti nell’isolamento internazionale. Avevano capito che, per far progredire l’Afghanistan, anche le donne avrebbero dovuto ricevere una buona istruzione.

E in effetti, quando nell’agosto del 2021 presero il potere a Kabul, i talebani esordirono in maniera relativamente accondiscendente. In molte province tollerarono che le ragazze avessero accesso alle scuole. Sebbene abbiano istituito un ministero per la Promozione della virtù, volto a vigilare sull’osservanza del codice di abbigliamento stabilito dalla sharia per ambo i sessi, in realtà la polizia della moralità non è quasi mai intervenuta nella vita di tutti i giorni. Ancora fino a qualche settimana fa, quando mi sono recato nel Paese l’ultima volta, per le strade dei centri di Kabul ed Herat si vedevano non poche donne sole, non accompagnate da uomini, – e perciò consapevoli di star ignorando le regole imposte dai talebani.

Al momento, per quanto sia doloroso, non ci sono alternative ai talebani

Di questa accondiscendenza, semmai fosse esistita, dopo gli ultimi editti promulgati dalla leadership talebana non è rimasto granché. La maggior parte delle scuole femminili, nel frattempo, è stata chiusa. Le docenti che insegnano clandestinamente per lo Stato sono delle criminali. In molte, però, cercano di aggirare la burocrazia talebana, rischiando la vita – con un unico scopo: aprire alle ragazze le porte della conoscenza.  

Di recente i talebani hanno introdotto un nuovo ministero dell’Istruzione che è ancora più radicale di quello precedente. Già da tempo alle donne non era consentito di studiare la maggior parte delle discipline universitarie. Ora, i talebani hanno vietato loro del tutto l’accesso all’università. Sempre da qualche tempo non possono lavorare per le organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali. Il motivo è sempre lo stesso: la segregazione di genere prevista dalla sharia non è garantita.

Che fare dunque? La ministra tedesca degli Affari esteri, Annalena Baerbock, ha chiesto «una reazione chiara da parte della comunità internazionale», la ministra per la Cooperazione economica e lo sviluppo, dal canto suo, l’interruzione degli aiuti tedeschi all’Afghanistan. Ma che senso ha? Lo scopo della maggior parte di questi aiuti è quello di sottrarre le afgane e gli afgani alla fame e alle malattie. Il governo federale vuole punire i talebani per aver privato le donne dei loro diritti facendole morire di fame?

A un anno e mezzo dalla presa del potere da parte dei talebani, il governo federale continua a non avere un qualsivoglia piano per l’Afghanistan. Sono in corso dei colloqui con i talebani, ma solo per via indiretta, tramite l’Onu. Il governo insiste a puntare anzitutto sull’isolamento, che danneggia irrimediabilmente il commercio e l’economia e spinge il Paese verso una maggiore povertà e i talebani a un’ulteriore radicalizzazione.

Dopo più di un anno al potere, questi ultimi devono presentare un bilancio ai loro seguaci. In particolare i combattenti giovani cominciano a chiedersi: «Per cosa ci siamo battuti? Per cosa sono morti?» Privando le donne dei loro diritti, i leader tentano di dare loro una risposta, anche perché non ce ne sono altre.

Al momento, per quanto sia doloroso, non ci sono alternative ai talebani. Nessuno augura a questo Paese, alle sue donne e ai suoi uomini, un’altra guerra.

Quindi che si fa? Isolare il Paese, maggiori sanzioni? I talebani si adatterebbero all’isolamento, così come ha fatto il regime della Corea del Nord. No, sarebbe ora di riorganizzare i nostri aiuti allo sviluppo. E perciò di tornare a imparare ad aiutare. Ci occorrono accademie dove si insegnino le lingue nazionali, dove vengano formati operatori umanitari che si impegnino per anni in Afghanistan, e non per mesi. Abbiamo nuovamente bisogno di diplomatici tedeschi in loco, come richiesto dall’ex ambasciatore tedesco.

Sarebbe un errore se le organizzazioni umanitarie lasciassero il Paese. Ci sono molte possibilità per aiutare economicamente l’Afghanistan senza sostenere direttamente i talebani.

I talebani non temono l’isolamento. Temono le interferenze.

Tradotto da Stefano Porreca per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale: «Hinein, nicht hinaus»

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