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Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole - Formazione e nonviolenza

La scuola terreno di conquista

Cresce la propaganda di guerra e la presenza delle FFAA nella scuola pubblica italiana. I protocolli di intesa tra FFAA e Ministero dell'Istruzione, in essere da diversi anni, dovrebbero essere annullati perché incompatibili con l'educazione ai diritti umani e al pensiero critico e democratico.
Maria Pastore5 aprile 2023

Scuola e Intercultura

A cosa serve la scuola?
C'è chi crede che la scuola sia un luogo essenziale per la crescita personale perché oltre alla trasmissione di dati e contenuti attiva il piacere della scoperta di sé, dell'altro e costruisce l'attitudine a dare corpo alle proprie passioni. C'è chi crede invece che la scuola sia una perdita di tempo, una tappa obbligata che nulla insegna di veramente utile per la vita, per cui prima ne vieni fuori prima diventi grande.
Per il primo sistema di pensiero sono le relazioni, il dialogo, il rispetto delle diversità, la libertà, a dare forma al mondo.

Nella scuola pubblica italiana di ogni ordine e grado si sta registrando una costante presenza delle FFAA. Mi chiedo, come stanno reagendo a questo genitori e insegnanti?
Mi preoccupa che i ragazzi che vivono in famiglie poco fortunate economicamente possano considerare conveniente intraprendere la vita militare di professione, o che questa scelta venga maturata solo per il fascino mitico di indossare una divisa e rappresentare un'Arma.

Mi preoccupa perché si parla troppo poco degli aspetti negativi e a volte fatali della vita da militare.

Ai nostri ragazzi non si dice quanto totalizzante sia l'addestramento militare, che modella non solo il corpo ma anche la mente al punto da annullare ogni riflessione autonoma, non si dice della forza spersonalizzante della gerarchia che quando ti impartisce un ordine non puoi rifiutarti o pensarci su, devi solo eseguirlo, anche se contro i tuoi principi.

Non si dice della sindrome da stress post-traumatico e delle leucemie da uranio impoverito e delle altre invalidità che colpiscono i nostri (sì, anche io voglio chiamarli "nostri") che ogni giorno operano nelle aree devastate e inquinate dalle deflagrazioni, e di come i soldati malati vengano abbandonati se decidono di intraprendere un iter giudiziario di risarcimento per la salute compromessa.

Se a scuola si trattasse, come si dovrebbe, della complessità del mondo, chiederemmo alle FFAA di parlare dei lati problematici dei loro compiti. 
Si può servire la guerra e fingere che sia la migliore scelta possibile solo raccontando falsità, nascondendo il dolore.
Non c'è vittoria nelle guerre.
Orgoglio nazionale ed eroismo, profitti e conquiste non superano la misura del dolore, anzi lo procurano a chi la guerra la subisce ma anche in maniera perversa a chi la guerra è chiamato a farla. Bisognerebbe partire da qui, ogni volta che si parla di guerra e anche chiarire la differenza tra pacificazione e pace


Quando ci muoviamo per la pace lo facciamo per tutti, anche per chi veste una divisa, non possiamo più accettare il sacrificio della loro vita così come non possiamo accettare quello delle popolazioni civili inermi e innocenti.
I negoziati e gli incontri diplomatici devono diventare l'unica soluzione praticabile per salvare vite e territori. Dobbiamo essere coinvolti tutti nel processo di costruzione e di mantenimento della pace. Non è utopistico come certi dicono, sarebbe anzi il compimento delle democrazie nel mondo. Folle di persone più o meno anonime si impegnano ogni giorno per la pace, gli unici grandi assenti sono i governi e chi manovra l'economia di larga scala.


Torniamo alla scuola. 
La scuola ha un ruolo centrale nella promozione di valori e strumenti, è il luogo prediletto della riflessione collettiva e della costruzione individuale. Secondo me ha un potere sui nostri comportamenti pari, se non superiore, ai mass media perché niente è più pervasivo del vivere in un posto con le stesse persone, 30 ore a settimana per anni.
Ma quale immaginario si alimenta nelle nostre scuole? La competizione ad ogni costo? L'ipermodernità che disumanizza? La dispersione di risorse?
Bandiera della pace

Qualcuno dice ai nostri ragazzi che chi guida le sorti del mondo sta spendendo più in armi che in pace?


Lo Studio delle Nazioni Unite sull'educazione al disarmo e alla non proliferazione (30 agosto 2002, A/57/124)  indica di impartire conoscenze e capacità ai singoli per incoraggiarli a dare il loro contributo, come cittadini nazionali e del mondo, alla realizzazione di misure concrete per il disarmo sotto effettivo controllo internazionale.
Chiaramente un bambino in età scolare può accedere a conoscenze relative al disarmo meno complesse di quelle necessarie a una guardia doganale, o a un funzionario politico o un insegnante di scuola superiore. Le raccomandazioni riportate nello Studio riguardano un ampio spettro di attori e spettatori, infrastrutture e tecnologie.

Sarebbe il compimento delle democrazie nel mondo
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Gli unici grandi assenti sono i governi e le economie di larga scala



La formazione al disarmo e alla non proliferazione di armi dovrebbe sviluppare capacità critica in una popolazione informata, insegnare come pensare e non cosa pensare circa un argomento, approfondire la conoscenza dei moltiplici fattori che favoriscono o minano la pace a livello locale, nazionale, globale. Dovrebbe insegnare a fare buon uso delle metodologie avanzate disponibili e incoraggiare la ricerca di comportamenti e azioni che promuovano la pace, coordinare gli sforzi di gruppi e istituzioni verso il disarmo, un mondo pacifico e non violento. (punto 7 dello Studio)

Chi ci accompagna per la durata della nostra vita, famiglia, istituti scolastici e universitari, comunità di appartenenza, media, ONG, governi, parlamenti e organizzazioni internazionali è contestualmente importante anche per la costruzione della conoscenza, pratica e teorica, che ci permette di scegliere consapevolmente e individualmente valori che non ammettano la violenza, risolvano pacificamente i conflitti e sostengano la cultura della pace. (punto 20)

È necessario allora coinvolgere bambini e giovani, studenti, insegnanti, scienziati, ingegneri e fisici, privati e corporazioni, enti religiosi, popoli indigeni, rappresentanti di comunità e municipali, politici parlamentari e ufficiali di governo, sindacati e comunità commerciali, professionisti e funzionari di legge, militari, agenti delle forze dell’ordine, ufficiali amministrativi al rilascio delle licenze e doganieri. (punto 21)

Nelle situazioni post-belliche la transizione dalla distruzione di un conflitto a una società più pacifica e sicura è un processo lungo, complesso e graduale. (punto 30) L’educazione e la formazione al disarmo e alla non proliferazione siano adattati ai bisogni speciali educativi e emozionali di bambini e adulti ex-soldato (punto 34), devono prevedere un approccio ampio che copra l’istruzione primaria e secondaria come pure la formazione professionale e tecnica. (punto 33)

Capi e istituzioni religiose sono incoraggiati a sviluppare materiale educativo che promuova la cultura della pace e del disarmo. (punto 12, VIII Raccomandazioni pratiche)
I materiali d’educazione al disarmo e alla non proliferazione sviluppati dalle Nazioni Unite dovranno includere materiale per i genitori per incoraggiare le attitudini alla pace e alla non violenza. Si richiedono ulteriori sforzi a insegnanti, genitori e comunità commerciali per congegnare e produrre giocattoli, giochi al computer e video che generino tali attitudini. (punto 17, VII Raccomandazioni pratiche)


Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole

Va in questa direzione indicata dall'ONU l'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole nato su impulso del CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica) e di COBAS scuola, aperto alla collaborazione con qualsiasi sigla e realtà voglia unirsi al suo lavoro.

Alla Conferenza stampa del 9 marzo 2023 hanno preso parte Elisabetta Piccolotti (on. Alleanza Verdi e Sinistra), Michele Lucivero (docente CESP), Mariella Setzu (COBAS scuola Cagliari), rappresentanza studenti scuola media superiore, Antonio Mazzeo (docente e peace researcher), Rosa Siciliano (Pax Christi e Mosaico di Pace), Mario Sanguinetti (COBAS scuola Tuscia)


Questo 9 marzo l'Osservatorio è stato ospitato nella sala stampa della Camera dei Deputati dall'on. Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi-Sinistra) e ha presentato il suo primo dossier di monitoraggio.

Obiettivo dell’Osservatorio per i prossimi mesi sarà approfondire ed estendere al territorio nazionale la registrazione di quelle attività scolastiche svolte con la partecipazione del mondo militare, in violazione delle norme costituzionali italiane e delle convenzioni internazionali.
Infatti si coinvolgono i ragazzi dai 13-18 anni con i PCTO ma anche bambini delle scuole elementari con visite a caserme, rito dell'alzabandiera il 4 novembre e altre cerimonie non civili.
E poi, corsi extrascolastici che andrebbero affidati alla società civile come corsi di lingua inglese, educazione alimentare, attività sportive o di prevenzione del bullismo vengono svolti da ufficiali delle FFAA.
Sulla scorta delle indicazioni dell’ONU, l’Osservatorio proporrà anche laboratori e materiali didattici per costruire la cultura della pace.


Alcune informazioni dalla conferenza stampa del 9 marzo e dal 1° dossier diffuso

Nel dossier si dà notizia di come Sardegna, Lombardia, Lazio, Liguria e Sicilia si siano lanciate in questo corso aziendalista e militarista della scuola. Sono citati alcuni protocolli e norme che sanciscono questo legame e alcune delle attività svolte da classi di bambini e ragazzi nelle caserme, e dell'alternanza scuola-lavoro in luoghi delle FFAA.

Ma come è nata l'idea di costituire un Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole?
La guerra russo-ucraina ha portato il CESP a organizzare un convegno a Napoli nel maggio 2022, per riflettere fuori da semplificazioni e banalizzazioni sulla posizione del nostro Paese in questo conflitto, sull'incremento delle spese militari e di come tutto questo stia influendo sul mondo della scuola, avendo già esperienza dei primi PCTO già in essere tra scuola e corpi militari.
Altri convegni si sono tenuti a Catania, Palermo, Terni, Bracciano, Pisa, Cagliari, Saronno, Lecce, La Spezia e sono state raccolte testimonianze che hanno preso la forma di un monitoraggio interno nella scuola. Si è allora redatto un appello accolto da note figure della cultura italiana (Alex Zanotelli, Tomaso Montanari, Fulvio Vassallo Paleologo, Donatella di Cesare, Lucio Russo, Geminello Preterossi, Carlo Rovelli, Ilenia Badalamenti ...).

Nel periodo della sindemia covid-19 abbiamo visto l'Esercito Italiano occupare i vuoti del nostro Servizio Sanitario Nazionale, è stato sconvolgente vedere affidati hub per tamponi e vaccini ai corpi militari. In un Paese moderno sarebbe toccato alle Aziende Sanitarie che però sono da lunghi anni senza risorse sufficienti, ed è lì che la metafora della guerra è venuta a comparire ogni giorno, su tutti i media. I medici, gli infermieri e gli operatori in corsia, ai quali sono stati imposti sforzi disumani sono diventati i "nostri eroi in trincea". E i pazienti? Per loro ingressi limitati, molti hanno smesso di curarsi, tantissimi sono morti senza ricevere cure adeguate.
Educazione alla pace
Quello militare-industriale è forse l'unico settore in espansione in Italia e viene abbracciato da larghi numeri di partito, a destra e a sinistra. Tutto questo stimola una profonda riflessione di carattere etico.

È di queste settimane l'istituzione di un think tank della cultura della Difesa. Già dal 2014 assistiamo a interventi interministeriali ben concertati, nella forma di protocolli di intesa, che insistono sull’idea di “cultura della Sicurezza” e di “cultura della Difesa” di cui la scuola dovrebbe farsi promotrice attraverso attività scolastiche, parascolastiche e di orientamento. Gli interventi legislativi degli ultimi decenni stanno progressivamente modellando una scuola vicina alle esigenze di mercato, chiudendola nella logica securitaria e trascurando clamorosamente il fatto che la presenza di associazioni o organi militari all’interno delle scuole pubbliche per svolgere attività a contatto degli alunni minorenni è contraria a tutti i documenti ufficiali per i diritti del fanciullo.(1)

In Parlamento non sono mancate interrogazioni sull'alternanza scuola-lavoro nelle basi militari in Sardegna (Salto di Quirra) e in Lazio, e sui percorsi professionali a contatto con materiale esplosivo. Stando al dossier dell'Osservatorio l'ufficio scolastico regionale siciliano ha sottoscritto un accordo quadro con l'EI per far svolgere a centinaia di studenti l'alternanza scuola-lavoro nelle principali caserme italiane. In provincia di Catania i ragazzi entrano nella caserma Fontana Rossa e nella base di Sigonella dalla quale decollano quotidianamente veicoli per attività di intelligence nel Continente Africano, in Medio Oriente e nel Mar Nero, per l'Italia, gli USA e la NATO, rendendoci di fatto cobelligeranti nel conflitto in Ucraina.

I protocolli di intesa firmati anno dopo anno dai rappresentanti dell'Esercito e il Ministero dell'Istruzione, gli uffici scolastici regionali e provinciali, dovrebbero essere annullati.


Ampi settori dell’establishment ritengono debba essere reintrodotto il servizio militare facoltativo, la cosiddetta mini naja.
Il 27 marzo 2019 la Camera dei deputati ha approvato con una maggioranza bulgara (453 voti a favore, 10 contrari e 6 astenuti) un «progetto sperimentale per la realizzazione di percorsi formativi in ambito militare» per i giovani di età compresa tra i 18 e i 22 anni.
Secondo il parlamentare Matteo Perego, primo firmatario della proposta di legge, le forze armate sono “custodi di valori e disciplina, difficilmente applicabili nel nostro sistema scolastico e che sembrano andati perduti nelle generazioni attuali”.
Ciò che viene prefigurato è un modello circolare scuola-caserma-lavoro, autoritario e strutturalmente neoliberista. Lo spiega bene l’ex ministra all’Istruzione Mariastella Gelmini: «Diversi anni fa introducemmo l’educazione alla cittadinanza a scuola e portammo le Forze Armate e dell’Ordine a contatto con gli studenti. Oggi vogliamo far vivere le Forze Armate, fare in modo che l’amor patrio, la difesa del nostro Paese, l’orgoglio di essere italiani possano contagiare i giovani fin dalla tenera età”. (dal 1° Dossier dell'Osservatorio, pagg 8-9)



La voce cattolica all'interno dell'Osservatorio cita l'enciclica Pacem in Terris: la guerra è vera follia, alienum est a ratione. Si deve smilitarizzare il nostro territorio e le nostre scuole; la guerra e quindi le armi devono essere messe al bando. Pax Christi insieme ai movimenti di base, al Movimento Italiano della Riconciliazione, SOS Italia dal 1995 e ancora nel 2003 e nel 2013 ha promosso una sua campagna "Scuole smilitarizzate" per percorsi di pace dentro la scuola per docenti, uscire dagli slogan, costruire solidarietà e rispetto, risolvere i conflitti in chiave negoziale e politica. Le conseguenze delle armi le conosciamo. La scuola deve essere creativa, inclusiva, libera da violenze di ogni tipo, e non china all'obbedienza cieca della legge che viola in modo palese la vita e i diritti umani.



Di fronte agli sconfortanti scenari che si prefigurano per il sistema sociale e l’istruzione pubblica in Italia, oggi più che mai è necessario che educatori, studenti e genitori si organizzino territorialmente, la scuola deve tornare a essere luogo di ricerca di senso. Non possiamo sostenere la cultura della militarizzazione, decisamente incompatibile con i diritti umani. Diventa urgente fare obiezione a chi propone iniziative in contrasto con la Costituzione, riscoprire il movimento non autoritario nella scuola. E messi di fronte al modello dualistico amico/nemico trovare una terza via, scegliere, interrogare lo stato delle cose in maniera approfondita, disincentivare le operazioni distruttive, proteggersi contro le autorità illegittime e le decisioni che compromettono i processi creativi di consapevolezza e di pace.



Note: (1)
Il principio X della Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo del novembre 1959 testualmente recita: “il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili”.
-
L’art. 29 della Convenzione ONU dei diritti del fanciullo, recepita anche in Italia stabilisce: “Gli Stati parti convengono che l'educazione del fanciullo deve avere come finalità:
a) favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità; b) sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite; [...] d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona; e) sviluppare nel fanciullo il rispetto dell'ambiente naturale [...]


Durante la conferenza stampa del 9 marzo è emersa una informazione che mi ha colpito molto alla quale ho dedicato un breve articolo https://www.peacelink.it/pace/a/49397.html


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