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Il racconto natalizio di un inviato in Ucraina

Natale a Odessa

La mattina di Natale mi sono svegliato nel buio più totale. Fortunatamente un amico pacifista mi aveva regalato una minuscola torcia che fa una luce incredibile; senza di essa sarebbe stato problematico vestirsi e scendere le ripide scale in fondo al corridoio.
28 dicembre 2024
Mauro Carlo Zanella

Un albero di Natale nel centro di Odessa.

Il blackout parziale è l’effetto di un lancio di razzi mirato a danneggiare la rete elettrica e viene neutralizzato in poche ore, durante le quali entrano in funzione i numerosissimi generatori di corrente elettrica già predisposti all’esterno di case ed esercizi commerciali. Ad ogni modo in città non sono arrivati né i razzi né il rumore delle esplosioni avvenute fuori dal centro abitato.

Di tutte le grandi città Odessa, porto ucraino sul Mar Nero non distante dalla Crimea e quindi dalla linea del fronte, è quella più segnata dalla guerra, anche se un turista distratto potrebbe non accorgersene.

I segni più evidenti della guerra sono i pannelli di legno che in alcuni palazzi e in tutti i musei sostituiscono i vetri, che finiscono in frantumi anche per lo spostamento d’aria provocato da un’esplosione. Anche i monumenti sono quasi tutti imballati e protetti, tranne quello a Puskin, che qualcuno vorrebbe semplicemente eliminare.

Da sempre Odessa è stata una città multietnica con diverse comunità nazionali – russi, ucraini, greci… Tra queste ciò che resta della comunità ebraica dopo i pogrom che si verificarono a più riprese nel 1821, 1859, 1871, 1881 e soprattutto nel 1905, lo stesso anno della prima rivoluzione, che vide molti ebrei unirsi ai comunisti. Poi arrivarono la Shoah, con le deportazioni e lo sterminio operato dalle truppe di occupazione tedesche e rumene di circa 30.000 ebrei nella città e quasi centomila nell’intera regione e infine l’emigrazione della maggior parte dei sopravvissuti. Su viale Puskin è stato allestito un grande candelabro a nove braccia, quello usato per la festa di Hannukkah.

Assai diversa la storia della comunità italiana. Oltre alle bandiere ucraine presenti ovunque è facile imbattersi in bandiere italiane esposte fuori da bar e ristoranti dai nomi fantasiosi, perché da secoli qui vive una fiorente comunità italiana; italiani erano anche gli architetti che Caterina II, zarina di Russia, chiamò qui a Odessa per arricchirla di splendidi palazzi.

Ciò che appariva per le strade del centro di Odessa il giorno di Natale non era molto diverso da ciò che si vede in altre città del mondo: gente che gira per i negozi, caffè, pasticcerie e ristoranti pieni di persone che vogliono scordarsi della spada di Damocle della guerra, che è poi esattamente ciò che si fa da noi.

Ringrazio padre Alex Zanotelli che a Napoli ha sfilato insieme a tante persone, anche della comunità palestinese, per ricordarci questo strano dio, “scandalo per i romani e follia per i greci”, nato perseguitato dal potere e quindi profugo in Egitto.

Un ebreo palestinese di Betlemme, nato al freddo e al gelo, come accade oggi a Gaza a tanti poveri Cristi. Braccato dagli sgherri di Erode, autore della prima strage degli innocenti, con il beneplacito dell’imperialismo romano, allora dominante con tanto  di vessillo di un’aquila, esattamente come quello attuale.

 

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