Come trasformare la sconfitta ucraina in una vittoria
ALBERT
BOLLETTINO PACIFISTA
La voce della ragione in tempi di guerra
I colloqui tra Stati Uniti e Russia, avviati in Arabia Saudita, cambiano significativamente le prospettive globali, rendendole meno cupe e allontanando il rischio di un conflitto nucleare. Questa nuova fase diplomatica segna una svolta rispetto alla strategia occidentale degli ultimi tre anni, che aveva puntato alla sconfitta della Russia e all'impiego di missili a lunga gittata, in un primo tempo vietati dagli accordi di assistenza militare e fornitura bellica all'Ucraina.
Il fallimento di Biden
Uno degli aspetti più rilevanti di questi colloqui è la ripresa del dialogo tra il leader americano e il leader russo. Fino a poco tempo fa, il presidente Biden aveva delineato un quadro in cui la Russia di Putin sarebbe diventata "un paria" sulla scena internazionale, come dichiarato nel suo discorso alla nazione del 25 febbraio 2022. Oggi, il riconoscimento dell'impossibilità di una soluzione militare e la necessità di una trattativa dimostrano un cambio di rotta che apre a nuove prospettive.
Un ulteriore elemento di svolta proviene dai segnali lanciati da Donald Trump, che sembrano affrontare alla radice una delle cause principali del conflitto: la questione dell'ingresso dell'Ucraina nella NATO.
Il fallimento della NATO
Sebbene l'aggressione russa all'Ucraina rappresenti una violazione del diritto internazionale, essa si inserisce nella logica della geopolitica, la stessa che spinse John F. Kennedy a ritenere inammissibile l'installazione di missili sovietici a Cuba nel 1962, portando il mondo sull'orlo della guerra nucleare. Queste dinamiche, pericolose e inaccettabili, mostrano come la sicurezza comune sia stata spesso garantita da negoziati che contemperassero le preoccupazioni reciproche in accordi di equilibrio. Biden, invece, aveva inizialmente rifiutato ogni compromesso, preferendo un approccio basato sui fatti compiuti, che Putin non poteva accettare, proprio come Kennedy non accettò la minaccia sovietica a Cuba. Putin si è opposto con tutta la forza e la decisione alla strategia di una NATO imposta a suon di fatti compiuti, sempre più vicina alla Russia e sempre più armata. Questo è ciò che è avvenuto. E a ben vedere ci è riuscito piombando con un'operazione di "guerra preventiva" sull'Ucraina che - una volta nella Nato - avrebbe poi rivendicato la Crimea e il Donbass da una posizione di forza ben maggiore. Un'operazione iniziata militarmente male ma poi condotta efficacemente con un progressivo apprendimento dagli errori compiuti sul campo. La terribile efficacia della guerra condotta con le bombe plananti russe e con un'artiglieria soverchiante è stata nascosta da media sempre più reticenti. Bisognava evitare di portare sugli schermi i dubbi sulla "guerra giusta" che alimentavamo con continui aiuti militari. Hanno nascosto il sangue che scorreva a fiumi. Hanno raccontato una guerra vittoriosa anziché il fallimento della NATO, perché questa era una guerra della Nato, proprio come era accaduto in Afghanistan.
Il fallimento della von der Leyen e di Zelensky
Infine, i colloqui Usa-Russia evidenziano il duplice fallimento dell'Europa guidata da Ursula von der Leyen e dell'Ucraina guidata da Volodymyr Zelensky. L'illusione di poter ottenere una vittoria netta sulla Russia si è infranta di fronte alla realtà dei fatti, quella che Machiavelli definiva la "verità effettuale". La controffensiva ucraina è infatti fallita nel 2023. E le avanzate russe lungo tutto il 2024, a lungo negate, sono avvenute per davvero dimostrando il progressivo deteriorarsi della storica linea difensiva fortificata ucraina. Le roccaforti hanno ceduto una dopo l'altra. La realtà dei fatti ha costretto i commentatori politici e i leader occidentali a riconoscere come il loro obiettivo - la sconfitta di Putin - non coincideva più con la situazione sul campo. Occorreva un ripensamento strategico che Trump ha colto al volo in polemica con il suo avversario Biden. Trump ha trasformato abilmente la prospettiva di sconfitta dell'Ucraina in punto di forza: quella sconfitta non era degli Stati Uniti ma di Biden. Quello che era un fattore di debolezza ereditato dal suo predecessore (e antagonista politico) diventa ora un fattore di prestigio: Trump si presenta come colui che costruisce la pace e risolve le situazioni irrisolvibili. Quelle che Biden, finito in un cul de sac, non sapeva più risolvere. E che i segretari generali della Nato, prima Stoltemberg e poi Rutte, facevano finta di non vedere ripetendo a cantilena quelle che erano "frasi fatte" ma prive di senso da un punto di vista militare: "La vittoria dell'Ucraina rimarrà una priorità fondamentale per la NATO".
Attenzione ai facili ottimismi
Questa nuova fase negoziale non garantisce automaticamente la pace. Tuttavia offre un'opportunità per ridurre le tensioni e riportare il confronto entro binari diplomatici. L'auspicio è che questa occasione venga colta prima che nuove improvvide escalation di malaccorti leader europei rendano ancor più difficile il cammino verso una soluzione condivisa e duratura del conflitto.
Resta indubbiamente la tristezza di constatare che ciò sia avvenuto per l'astuzia di un personaggio come Trump. E resta anche l'amara domanda: la storia sarebbe potuta andare diversamente senza l'infatuazione mortifera per la "guerra giusta"?
Quali prospettive per i pacifisti
Con il ritorno alla diplomazia e alla realpolitik, il nuovo scenario geopolitico potrebbe aprire prospettive inedite per il movimento pacifista. La necessità di negoziati e compromessi pone nuovamente al centro il tema della sicurezza condivisa, favorendo un approccio che tenga conto delle esigenze di tutte le parti in conflitto. Questo è il momento in cui i pacifisti possono tornare a far sentire la loro voce, spingendo per un accordo duraturo che superi la spirale della guerra e favorisca un nuovo equilibrio globale USA-Russia basato sulla sicurezza comune e condivisa. Adesso il movimento pacifista ha di fronte le pericolose pulsioni di governi che stanno scaricando le proprie frustrazioni militari verso un riarmo privo di prospettive e verso un aumento incontrollato delle spese militari in tutt'Europa.
Alessandro Marescotti
a.marescotti@peacelink.org
Ucraina: perché il 18 febbraio è una giornata storica
A Riad, capitale dell'Arabia Saudita, si sono incontrate le delegazioni di Stati Uniti e Russia per discutere delle relazioni bilaterali e della situazione in Ucraina. Il Dipartimento di Stato americano ha definito questo incontro un "primo passo importante" e ha annunciato l'istituzione di un "meccanismo di consultazione" con Mosca per affrontare le questioni critiche nelle relazioni tra i due Paesi.
Segnali di disgelo fra Usa e Russia
La delegazione statunitense è stata guidata dal Segretario di Stato Marco Rubio, affiancato dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz e dall'Inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff.
Da parte russa, erano presenti il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Yuri Ushakov. Anche dalla delegazione russa sono giunti segnali positivi che hanno rafforzato la posizione statunitense. Le prime dichiarazioni di Lavrov sono infatti caratterizzate da toni distensivi verso gli Stati Uniti.
L'ira di Zelensky
Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha però espresso forte irritazione per l'esclusione di Kiev dai colloqui, affermando che l'Ucraina "non riconoscerà" alcun accordo raggiunto senza la sua partecipazione.
Le prospettive negoziali
Nonostante le tensioni esistenti, l'incontro Usa-Russia rappresenta un passo positivo verso la costruzione di nuove possibili e auspicabili prospettive di pace. Il dialogo diretto tra Stati Uniti e Russia potrebbe aprire la strada a ulteriori negoziati inclusivi che coinvolgano anche l'Ucraina e l'Unione Europea. E l'Onu come luogo deputato a raccogliere la comunità internazionale e a promuovere un processo diplomatico volto a risolvere le controversie in corso e a promuovere la pace.
La conferenza flop di Parigi
La conferenza di Parigi del 17 febbraio 2025, convocata dal presidente francese Emmanuel Macron, mirava a delineare una risposta europea unitaria alle trattative tra Stati Uniti e Russia sulla guerra in Ucraina. Tuttavia, l'incontro ha evidenziato l'irrilevanza dell'Europa nel processo decisionale, per tre motivi che vengono descritti qui.
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