Le spese militari russe hanno superato quelle europee?
ALBERT
BOLLETTINO PACIFISTA
La voce della ragione in tempi di guerra
La statistica piegata a fini geopolitici
Pur di giustificare il riarmo dell'Europa, si sta assistendo a una riscrittura sistematica dei dati sulle spese militari della Russia. L’uso improprio della parità di potere d’acquisto (PPP) sta gonfiando artificialmente i numeri per far credere che Mosca spenda più dei Paesi europei in armamenti, una tesi che non regge di fronte a un'analisi onesta dei bilanci.
Nel 2024, la Russia ha stanziato 145,9 miliardi di dollari per la difesa, mentre i Paesi europei della NATO, Regno Unito incluso, hanno speso un totale di 457 miliardi. Tuttavia, alcune elaborazioni, come quelle dell’IISS, trasformano questa cifra attraverso il PPP, arrivando a stimare la spesa russa a 461,6 miliardi. Si tratta di una pura operazione propagandistica, che non tiene conto del fatto che il confronto militare NATO-Russia si basa su armamenti differenti. L’uso della parità di potere d’acquisto (PPP) è corretto quando si compara il petrolio, il gas, il carbone, il grano. Ma in ambito militare si presta a usi propagandistici per la diversa qualità delle spese militari e i diversi apparati bellici che le spese militari vanno a finanziare.
La realtà è che tanti parlamentari e decisori politici ci cascano alla grande. Accettano senza spirito critico queste statistiche gonfiate e, di conseguenza, sostengono un incremento delle spese militari dell’Europa basato su dati distorti. La mistificazione della realtà con l'utilizzo sapiente della statistiche serve a chi vuole accelerare la corsa agli armamenti, alimentando tensioni e aumentando il rischio di conflitti.
Occorre un'operazione di informazione corretta per contrastare questa deriva. L'opinione pubblica ha il diritto di conoscere la verità sui numeri reali delle spese militari e sui meccanismi di manipolazione che alimentano la retorica del riarmo. I decisori politici devono essere messi di fronte alla responsabilità di basare le loro scelte su dati verificabili e non su scenari costruiti ad arte.
Smontare questa narrazione non è solo un dovere per chi crede nella pace, ma una necessità per fermare la spirale di militarizzazione che sta travolgendo l'Europa. Il dibattito deve tornare a essere fondato su trasparenza e verità, non su allarmismi creati ad hoc per servire l’industria bellica.
Forse è il momento giusto per chiedere agli USA di riprendersi le B-61?
L’orientamento di disimpegno di Donald Trump dall’Europa, espresso in dichiarazioni che mettono in discussione l'impegno statunitense nella NATO, apre uno spazio di riflessione per i movimenti pacifisti europei. Se gli Stati Uniti intendono ridurre la loro presenza militare nel Vecchio Continente, non sarebbe il momento opportuno per chiedere loro di riprendersi le bombe atomiche B-61 custodite nelle basi europee?
L’eredità nucleare americana in Europa
Attualmente, secondo fonti indipendenti, circa 100-150 ordigni nucleari statunitensi B-61 sono dispiegati in Europa nell'ambito della cosiddetta "nuclear sharing" della NATO. L’Italia ospita queste bombe nelle basi di Aviano e Ghedi, un’eredità della Guerra Fredda che ci lega a una strategia di deterrenza nucleare decisa oltreoceano.
Il possibile disimpegno degli Stati Uniti dall'Europa potrebbe rappresentare un'opportunità per i governi europei di ridefinire la propria politica di sicurezza e per la società civile di rilanciare la richiesta di un'Europa denuclearizzata.
Una richiesta in linea con il diritto internazionale
L'Italia ha aderito al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), che vieta la proliferazione di armi atomiche. Tuttavia, il concetto di "nuclear sharing" continua a essere una contraddizione rispetto a questo impegno. Inoltre, il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), entrato in vigore nel 2021, ha ricevuto il sostegno di una parte crescente della comunità internazionale, ma non da parte dell'Italia e degli altri Paesi ospitanti le B-61.
Un passo verso la pace e la sicurezza europea
Chiedere agli USA di riprendersi le loro testate non sarebbe solo un gesto simbolico ma un concreto passo verso la sicurezza collettiva. La loro presenza, infatti, rappresenta un rischio sia in termini di escalation militare che di potenziale bersaglio in caso di conflitto. Inoltre, l'opinione pubblica italiana ed europea si è più volte espressa contro la presenza di armi nucleari sul proprio territorio.
Se Washington vuole ridurre il suo coinvolgimento militare in Europa, che lo faccia iniziando dalle testate nucleari. Sarebbe una decisione in linea con gli interessi di pace e stabilità, e un segnale forte verso il disarmo globale. La domanda allora è: siamo pronti a chiedere che gli USA si riprendano le loro B-61? E se non ora, quando?
Terre rare in Ucraina?
L'Ucraina possiede diversi giacimenti di terre rare, anche se nessuno di questi è stato ancora sfruttato25. Tra i principali giacimenti si citano quelli di Novopoltavske, Perzhanske, Sabarivske e Rizhkivskyi1. Tuttavia, molti di questi giacimenti si trovano in territori controllati dalla Russia, il che complica lo sfruttamento5.
Le terre rare, o Rare Earth Elements (REE), sono un gruppo di 17 elementi chimici utilizzati in tecnologie avanzate come smartphone, auto elettriche, computer e turbine eoliche. Questi elementi includono europio, lutezio, cerio, neodimio, erbio e ittrio34. Sono fondamentali per la produzione di molti dispositivi elettronici e tecnologie avanzate.
Il litio non è classificato come una terra rara, ma è una materia prima critica essenziale per la produzione di batterie ricaricabili e nell'immagazzinamento dell'energia generata da fonti rinnovabili36. L'Ucraina possiede significative riserve di litio, stimate in circa 500.000 tonnellate, principalmente nella regione di Donetsk e a Kirovograd36.
Fonte: Perplexity
La scelta fra firmare la pace oggi o firmare la resa domani
La situazione in Ucraina è giunta a un punto critico, con il presidente Volodymyr Zelensky che affronta pressioni crescenti da Trump per avviare negoziati di pace, mentre le condizioni militari e sociali del paese si deteriorano rapidamente.
Crisi nel reclutamento e morale delle truppe
Negli ultimi mesi, l'esercito ucraino ha registrato un aumento significativo dei casi di diserzione e renitenza alla leva. Fonti riportano che circa 200.000 soldati hanno disertato, mentre si stima che 800.000 cittadini abbiano evitato la leva obbligatoria, rendendo difficile il rimpiazzo delle perdite sul campo. (ilmanifesto.it)
Questa situazione ha compromesso l'efficacia operativa delle forze armate ucraine, esponendole a contrattacchi nemici e mettendo in discussione la sostenibilità del conflitto.
Tensioni diplomatiche con gli Stati Uniti
La crisi interna è stata ulteriormente aggravata da recenti tensioni diplomatiche. Il 28 febbraio 2025, durante un incontro nello Studio Ovale, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo vice JD Vance hanno avuto un acceso confronto con Zelensky. Trump ha accusato Zelensky: "Stai giocando con la Terza Guerra Mondiale". (ilfattoquotidiano.it)
Vance ha detto che l'Ucraina sta costringendo i coscritti a combattere a causa dei problemi di reclutamento, aggiungendo che Zelensky dovrebbe apprezzare gli sforzi degli Stati Uniti per porre fine al conflitto.
Nel frattempo, la Russia osserva con soddisfazione le crescenti divisioni tra gli alleati occidentali, intravedendo l'opportunità di consolidare le proprie posizioni nei territori contesi.
Alla luce di queste circostanze, il presidente Zelensky è a un bivio. Spetta a lui considerare seriamente l'opportunità di avviare negoziati di pace anche se svantaggiosi per evitare di firmare in futuro una resa ancora più umiliante. Continuare il conflitto senza una strategia chiara potrebbe portare a ulteriori perdite umane e territoriali, compromettendo ulteriormente la sovranità e l'integrità dell'Ucraina. La storia insegna che la tempistica nelle trattative di pace è cruciale; procrastinare potrebbe significare dover accettare condizioni peggiori in futuro. La scleta difficile è fra tra firmare oggi una pace, seppur squilibrata a favore della Russia, e firmare domani una resa dopo aver subito utleriori perdite.
Una pace oggi
Se Zelensky cogliesse questo momento per negoziare, potrebbe ancora ottenere concessioni, magari accettando perdite territoriali parziali ma salvaguardando la sovranità ucraina e ricevendo garanzie internazionali per la sicurezza del paese. Può assicurarsi un futuro senza essere completamente alla mercé delle condizioni russe.
Una resa domani
Se invece la situazione militare continuerà a peggiorare, il rischio concreto è che Kiev venga costretta a una capitolazione senza condizioni. La Russia potrebbe imporre la sua volontà senza lasciare alcuno spazio di trattativa, riducendo l'Ucraina a uno stato satellite o addirittura provocandone la frammentazione.
Alessandro Marescotti
a.marescotti@peacelink.org
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