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Albert - bollettino pacifista dal 3 al 9 marzo 2025

L'Europa del riarmo distrugge scuole e ospedali

L’appello di Michele Serra su Repubblica invita a scendere in piazza per difendere l’Europa, ma quale Europa? Non quella che abbiamo sognato e per cui ci siamo battuti. Non l’Europa di Willy Brandt e Olof Palme, di Giorgio La Pira e don Tonino Bello, di Enrico Berlinguer e Sandro Pertini.

Albert ALBERT

BOLLETTINO PACIFISTA

La voce della ragione in tempi di guerra


Noi diserteremo: contro l’Europa del riarmo

L’appello di Michele Serra su Repubblica invita a scendere in piazza per difendere l’Europa, ma quale Europa? Non quella che abbiamo sognato e per cui ci siamo battuti. Non l’Europa di Willy Brandt e Olof Palme, di Giorgio La Pira e don Tonino Bello, di Enrico Berlinguer e Sandro Pertini. L’Europa per cui siamo scesi in piazza in passato era un progetto di pace, riconciliazione, cooperazione. Oggi, invece, ci viene chiesto di mobilitarci per un’Europa ben diversa. E' un'Europa che alza il budget militare, che costringe a tagliare i fondi alla sanità, alla scuola, alla cultura, al welfare per finanziare una corsa al riarmo senza fine.

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In Piazza per l'Europa (di Michele Serra, Repubblica - 27 febbraio 2025)

Il mondo sta cambiando con una velocità imprevista, la storia galoppa e non concede requie nemmeno ai più disattenti e ai più pigri. Il disorientamento, e anche un livello non ordinario di paura, sono stati d’animo diffusi: ognuno di noi può percepirli nelle conversazioni quotidiane. Non serve un politologo o un filosofo, basta un amico al bar per sapere che si guarda al presente con sconcerto, e al futuro con apprensione.

Esiste ancora il concetto politico-strategico di “Occidente” nel quale sono cresciute le ultime generazioni di — appunto — occidentali? Che fine farà l’Europa, che oggi ci appare il classico vaso di coccio tra due vasi di ferro, per giunta ricolmi di bombe atomiche? Sopravviverà la way of life europea a questa stretta, che mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo democrazia, ovvero separazione dei poteri, diritti e doveri uguali per tutti, libertà religiosa e laicità dello Stato, pari dignità e pari serenità per chi è al governo e chi si oppone?

E se le autocrazie parlano semplice e parlano chiaro (e parlano falso a loro piacimento, grazie alla costante contraffazione tecnologica della realtà), quale linguaggio dovrà adottare l’Europa perché la sua voce non solo sia udibile, ma anche forte, convincente, seducente almeno quanto la voce dei suoi nemici?

Mi è capitato di rispondere a queste domande nel modo più istintivo. Forse, anche, nel modo più “sentimentale” — ma le emozioni esistono, e a farne senza poi si vive male. In un’Amaca di pochi giorni fa, intitolata “Dite qualcosa di europeo”, e nella mia newsletter sul Post, mi sono domandato perché non si organizza una grande manifestazione di cittadini per l’Europa, la sua unità e la sua libertà. Con zero bandiere di partito, solo bandiere europee. Qualcosa che dica, con la sintesi a volte implacabile degli slogan: “qui o si fa l’Europa o si muore”. Nella sua configurazione ideale, lo stesso giorno alla stessa ora in tutte le capitali europee. Nella sua proiezione più domestica e abbordabile, a Roma e/o Milano, sperando in un contagio continentale.

In ambedue i casi la quantità di mail e di messaggi traducibili con “io ci sto, io ci sarò, ditemi solo dove e quando” è stata semplicemente impressionante. Non mi era mai capitato niente del genere in decenni di scrittura pubblica. È come se mi fossi affacciato dalle due finestrelle di cui dispongo per vedere se giù in strada c’era qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere, e avessi trovato una piazza già piena. Non convocata, non organizzata, ma con una volontà di esserci che non è nemmeno un desiderio: è proprio una necessità. E pure essendo molto circoscritta — come è chiaro a me per primo — la mia platea mediatica, mi sono detto che forse è il caso di insistere. Di provarci. Anche perché le omissioni, in una fase così grave e convulsa della storia, sono imperdonabili.

Io non ho idea di come si organizzi una manifestazione. Non è il mio mestiere. Non ho neanche, a differenza delle Sardine, cultura e destrezza social quante ne servono per rendere veloce e pervasiva la convocazione di un evento. Non so nemmeno dirvi a che cosa serva esattamente, in questo nuovo evo, una manifestazione di persone in carne e ossa: se sia un rito arcaico e pedestre di fronte al dilagare fulminante delle adunate algoritmiche; se sia un moto generoso ma destinato poi a disperdersi nelle ovvie difficoltà politiche (unire l’Europa ma come? Ma quando? E scavalcando per primo quale dei cento ostacoli senza poi inciampare nel secondo?).

Ma penso che una manifestazione di sole bandiere europee, che abbia come unico obiettivo (non importa quanto alla portata: conta la visione, conta il valore) la libertà e l’unità dei popoli europei, avrebbe un significato profondo e rasserenante per chi la fa, e si sentirebbe meno solo e meno impotente di fronte agli eventi. E sarebbe un segnale non trascurabile, forse addirittura un segnale importante, per chi poi maneggia le agende politiche; e non potrebbe ignorare che in campo c’è anche un’identità europea “dal basso”, un progetto politico innovativo e rivoluzionario che non si rivolge al passato, ma parla del domani. Parla dei figli e dei nipoti.

Mi rivolgo dunque a chiunque abbia idea di come fare, sia l’ultimo degli elettori o il primo dei parlamentari, la più nota delle figure pubbliche o il più anonimo dei cittadini. Associazioni, sindacati, partiti, purché disposti poi a scomparire, uno per uno, nel blu monocromo della piazza europeista. Il mio sassolino nello stagno l’ho lanciato, speriamo che piovano pietre.

“Dobbiamo riarmarci urgentemente” ha dichiarato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. Ma a chi serve questo riarmo? Già oggi, l’Unione Europea e il Regno Unito spendono in armi tre volte più della Russia. Eppure, si continua a invocare un’escalation militare, mentre ogni prospettiva di negoziato viene rimossa. Il Parlamento Europeo ha approvato mozioni che spingono per colpire la Russia in profondità, avvicinandoci pericolosamente a una guerra diretta e incontrollabile.

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Michele Serra non cita la parola "pace" nell'appello "Piazza per l'Europa".

Michele Serra non menziona le spese militari nell'appello "Piazza per l'Europa".

L'appello si concentra sull'unità e la libertà dei popoli europei.

Serra menziona la democrazia, i diritti, la libertà.

L'autore sottolinea la necessità di un segnale forte da parte dell'identità europea "dal basso".

Conclude: "Penso che una manifestazione di sole bandiere europee, che abbia come unico obiettivo (non importa quanto alla portata: conta la visione, conta il valore) la libertà e l’unità dei popoli europei, avrebbe un significato profondo e rasserenante per chi la fa, e si sentirebbe meno solo e meno impotente di fronte agli eventi".

 

Per questo, noi diserteremo. Non è indifferenza, non è equidistanza. È fedeltà a un’idea di Europa che rifiuta la logica del “si vis pacem, para bellum”. È rifiuto di un militarismo che cancella decenni di conquiste civili. Non possiamo accettare che l’Europa rinunci al suo ruolo di mediatrice per trasformarsi in un nuovo attore bellico, allineato alla NATO anche quando gli stessi Stati Uniti iniziano a interrogarsi sulla strategia in Ucraina.

Noi non saremo in piazza per questa Europa con l’elmetto. Saremo altrove: nelle scuole, nelle università, nei centri di ricerca, nelle strade dove si difendono i diritti umani, nelle associazioni che promuovono la cooperazione internazionale. Continueremo a lottare per un’Europa della pace, della giustizia sociale, della solidarietà.

Caro Michele Serra, il tuo appello ci è arrivato forte e chiaro. Ma noi diserteremo.

Alessandro Marescotti


Per aderire all'appello "noi diserteremo" scrivere a questo indirizzo: a.marescotti@peacelink.org


L'Europa del riarmo: ecco i profitti record dell'industria bellica

I colossi del settore difesa come Rheinmetall, Leonardo, BAE Systems e Dassault hanno recentemente registrato profitti record, spinti da una forte domanda di attrezzature militari. Ecco una panoramica dei loro risultati.

  • : Nel 2023, Rheinmetall ha aumentato il fatturato del 12% raggiungendo circa 7,2 miliardi di euro 3. Nei primi nove mesi del 2024, i ricavi sono saliti del 36% a 6,27 miliardi di euro 7.

  • : Il portafoglio ordini è aumentato significativamente, raggiungendo 38,3 miliardi di euro a fine 2023 e salendo a 51,9 miliardi nei primi nove mesi del 2024 3 7.

  • : Il margine operativo ha raggiunto il 12,8% nel 2023 e Rheinmetall punta a superare il 15% entro il 2026 1 3.

  • : Leonardo ha aumentato i ricavi del 12,4% nei primi nove mesi del 2024, raggiungendo 12,08 miliardi di euro 7.

  • : Il portafoglio ordini è salito da 40,9 a 43,6 miliardi di euro 7.

  • : L'utile netto ordinario è cresciuto del 22% a 364 milioni di euro 7.

  • : Nei primi sei mesi del 2024, BAE Systems ha aumentato i ricavi dell'11,4% a 14,06 miliardi di euro 7.

  • : Il portafoglio ordini è salito a 89 miliardi di euro 7.

  • : Gli utili netti sono cresciuti del 5,2% 7.

  • : Le azioni di Dassault Aviation sono salite del 14,7% recentemente 8.

  • : Anche se non ci sono dati specifici sui ricavi o gli utili recenti, Dassault beneficia del trend positivo nel settore difesa.

Questi risultati sono influenzati dalla crescente domanda di attrezzature militari a livello globale, in particolare a seguito del conflitto armato in Ucraina e delle strategie di forte investimento militare in Europa.

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