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2 giugno civile: Lettera aperta al Capo dello Stato

3 giugno 2004
Enrico Peyretti

Al Presidente della Repubblica On. Carlo Azeglio Ciampi

Quirinale - Roma

Signor Presidente,
da cittadino libero e franco, appassionato del valore civile del mio paese, Le chiedo di rispettare e ristabilire il vero senso del 2 Giugno.
E' un grave funesto errore, troppe volte ripetuto, festeggiare la nascita della Repubblica con una parata militare.
Il 2 Giugno festeggiamo la "Repubblica democratica, fondata sul lavoro", (articolo 1 della nostra Costituzione), festeggiamo l'Italia che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art. 11).
La parata militare è un rito che urta contro questi significati. Essa esclude tutti quegli uomini e donne italiani che rendono grande la nostra Repubblica con il loro lavoro, senza imbracciare un fucile, rifiutando la logica omicida delle armi.
Le forze del lavoro, e non i militari, hanno diritto di sfilare nella Festa della Repubblica.
I volontari del servizio civile hanno il diritto di sfilare nella Festa della Repubblica, non insieme e in coda all'esercito, ma invece dell'esercito.
Il servizio civile è alternativo e potenzialmente sostitutivo di quello militare, fino all'abolizione necessaria di questo nell'evoluzione civile dell'umanità. Infatti, come già dimostra la storia, i conflitti anche acuti possono essere retti e gestiti con le capacità proprie dei popoli, se informati e addestrati, di far crollare ogni tirannia e sventare ogni sopraffazione con la forza nonviolenta che nega ai poteri ingiusti la collaborazione di cui hanno sempre bisogno.
Il 2 Giugno ricordiamo l'atto civile democratico del voto popolare, e non ricordiamo nessuna azione militare, grazie a Dio.
Le armi e l'esercito sono da escludere dalla festa del 2 Giugno, perché sono fuori luogo e contrarie al significato autentico di questa giornata.
L'esercito, le armi, non sono il simbolo migliore della Patria. Triste e moralmente misera è questa arcaica abitudine.
Per di più, ostentare e far sfilare le armi omicide in un momento internazionale tragico e pericoloso come questo, è alquanto stonato, è dimostrazione di insensibilità per le sofferenze dei popoli martoriati, è falsa retorica militarista, è un gesto che assolve il delitto di chi oggi infligge guerra e morte ai popoli, è un segnale brutto e vergognoso per l'Italia.
In Iraq è in corso una guerra preventiva che viola radicalmente il diritto internazionale, che aggrava, riproduce e moltiplica il terrorismo pretendendo, nella stoltezza e nell'ignoranza, di combatterlo.
Le nostre forze armate vi partecipano, assimilate e sottomesse alle forze militari colpevoli del crimine di invasione e occupazione dell'Iraq con una guerra offensiva.
Ciò pone l'attuale politica militare italiana e il governo che per bassi interessi ostinatamente la vuole, contro la volontà maggioritaria del popolo italiano, male rappresentata nelle istituzioni, contro la Costituzione e contro il diritto internazionale, oltre che contro la semplice universale morale umana.
Si tratta di collaborazione ad un crimine internazionale, che dovrà essere giudicata davanti alla legge e alla storia.
Troppi soldati italiani, ingannati e coinvolti nell'ingiustificabile operazione, hanno già pagato questo errore con la vita e le ferite.
Lei, Signor Presidente, che ha l'onore e l'onere, essenziale alla Sua funzione, di difendere e promuovere la Costituzione, non taccia ulteriormente su questa vergognosa criminale violazione, non lasci che si creda ad un Suo avallo, e trovi il modo di non permettere adesso, seppure all'ultima ora, che anche la Festa della Repubblica venga sporcata e falsata dalla violenta retorica militarista.
Con rispetto e fiducia pari alla doverosa franchezza, Le presento queste preoccupate e meditate considerazioni, insieme agli auguri per un pronto felice ristabilimento dall'incidente occorsoLe.

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