Incontro internazionale per la pace a Milano dal 5 al 7 settembre
«Insomma, delegittimare il più concreto possibile l'uso della religione per farsi la guerra», spiega Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant'Egidio, alla presentazione con il cardinale Dionigi Tettamanzi dell'incontro internazionale per la pace, promosso insieme alla Diocesi ambrosiana, in programma dal 5 al 7 settembre nella nostra città. Tema di questa edizione, allora: "Religioni e culture: il coraggio di un nuovo umanesimo". Per la "tre giorni" sono attesi oltre 10mila persone di varie fedi e culture, tra queste 400 personalità tra leader politici e religiosi e alcuni capi di stato. Il 5 settembre, in Duomo, la grande celebrazione ecumenica con il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei, e rappresentanti di primo piano cristiani, ebrei e musulmani; nel pomeriggio, nel teatro degli Arcimboldi, l'inaugurazione ufficiale; tra lunedì e martedì, presso l'Università Cattolica e in alcuni auditorium, i forum e gli incontri ai quali parteciperanno, per la prima volta, esponenti dell'economia e della cultura di fama internazionale. Martedì pomeriggio, la preghiera comune in dieci punti diversi per poi confluire in processione in piazza Duomo dove si terrà la cerimonia finale. Negli incontri si parlerà anche del dialogo tra laici e credenti, delle sfide che vengono dalla globalizzazione, del problema della crisi della democrazia e se democrazia e diritti umani possono convivere con la pena di morte. «Se si ha il coraggio di rimettere al centro l'uomo, ci si rende disponibili a ricercare le vie autentiche della pace» sostiene l'Arcivescovo. Quando sono iniziati questi incontri - aggiunge Marazziti - «era perfino difficile stare nello stesso panel di discussione»: anno dopo anno, le cose sono cambiate, gli incontri «hanno creato un gruppo di persone di diverse religioni ma tutte convinte della necessità del dialogo». Sono fili che vengono tessuti e forse «ci vorranno tempi geologici» per la tela della pace, ma vale la pena di continuare, anche perché «non c'è alcuna alternativa al dialogo: non bisogna isolare il mondo musulmano e lasciarlo ai suoi estremismi».
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