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Il Vietnam sbagliato di John Kerry, sfidante di Bush alle presidenziali

Kerry: da contestatore a sostenitore della guerra

I democratici si sono dati la zappa sui piedi applaudendo gli atteggiamenti marziali del loro candidato.
29 agosto 2004
Christopher Hitchens (Giornalista britannico. Vive a Washington e insegna alla New school di New York.)
Fonte: Brani estratti da Internazionale 554, 26 agosto 2004
http://www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=6981

L'ormai famosa immagine di Kerry con un lanciarazzi in spalla lo fa apparire incline a posare davanti ai fotografi per darsi importanza.

John Kerry credeva davvero che, se si fosse rimesso addosso la vecchia uniforme, i suoi detrattori di un tempo sarebbero rimasti zitti?

Precisiamo: in passato Kerry ha usato il suo servizio militare per darsi credibilità come oppositore della guerra. Adesso lo usa per proporsi come costruttore di alleanze e comandante in capo. La distinzione non è priva d'importanza.

John Kerry sostiene di aver sparato dalla sponda del fiume a un vietcong che fuggiva.

Perché mai la sua partecipazione a una guerra ignobile dovrebbe costituire un requisito per diventare presidente?

Stiamo parlando di una guerra combattuta più di trent'anni fa da un esercito per lo più di leva, che usò armi letali in modo indiscriminato per reprimere un'insurrezione interna che durava da tempo e aveva radici profonde.

I democratici si sono dati la zappa sui piedi applaudendo in modo acritico gli atteggiamenti marziali del loro candidato. Hanno inoltre implicitamente rovesciato uno dei principi basilari della repubblica, cioè che sono i civili a esercitare il controllo sulle decisioni dei militari. Ma c'è di più: con questo gesto senza scrupoli, hanno fatto ciò che non era riuscito neanche a Reagan e Kissinger: hanno sdoganato la tesi che gli orrori del Vietnam furono commessi per "una nobile causa".

Note: COSA PENSA PECORARO SCANIO (VERDI) DI KERRY?

Intervistatore: Per i leader di Ds e Margherita con Kerry si arriverebbe a quella "mutata situazione internazionale". Ci sarebbe, dunque, una svolta, la tanto attesa "discontinuità"?

Pecoraro Scanio: «Per ora non vedo nessun cambiamento. Kerry, in politica estera, è la versione soft di Bush. Per questo i Verdi americani hanno approvato la mozione della cosiddetta "riduzione del danno": nei 10 Stati in cui c´è un testa a testa tra repubblicani e democratici voteranno questi ultimi anziché il Verde Nader. E anche personaggi dichiaratamente pacifisti, come il regista Michael Moore, hanno scelto di votare Kerry considerandolo, comunque, "il male minore"».
Fonte: http://www.ulivo.it/cms/view.php?id=5&cms_pk=12015

APERTURA DELL'ULIVO SULLA PARTECIPAZIONE ITALIANA IN IRAQ SE VINCE KERRY

Intervistatore: Ma la guerra in Iraq sempre guerra è, pure se la fa Kerry.
Letta (Margherita): «Noi siamo vicini ai democratici americani e non a caso con Clinton siamo intervenuti in Kosovo. È stata un´iniziativa giusta, utile. L´Iraq invece l´ha fatto una Casa Bianca repubblicana ed è stato un intervento sbagliato. Ecco perché io auspico una vittoria dei democratici che sono parte integrante della nostra linea politica».

I.: E se Kerry chiedesse all´Italia di rimanere lì nell´ambito di un nuovo multilateralismo?
L.: «Se ci sono dei cambiamenti radicali nell´impostazione di una presidenza Kerry, ne dobbiamo prendere atto. Anche partecipando alla transizione democratica irachena».
Fonte: http://www.ulivo.it/cms/view.php?id=5&cms_pk=12016

IL QUOTIDIANO "IL RIFORMISTA", VICINO A D'ALEMA, APPROVA IL KERRY FAVOREVOLE ALLA GUERRA:

"Il candidato John Kerry, ultima speranza del pacifismo italiano, lunedì ha detto chiaro e tondo che avrebbe votato per la guerra anche se avesse saputo che le armi di distruzione di massa non sarebbero mai state trovate. Siamo certi che la notizia calmerà l'entusiasmo dei suoi tanti sostenitori arcobaleno. In ogni caso a noi ha fatto piacere, perché vedere che a volte la campagna elettorale può fare chiarezza, e non sempre il contrario, è comunque una buona notizia".
Mercoledì 11 agosto 2004
Cfr. http://www.ilriformista.it/rubriche/documenti/testo.aspx?id_doc=27689

L'ANALISI DI "REPUBBLICA" (ARTURO ZAMPAGLIONE)

Riporteremo con onore le nostre truppe a casa", ha promesso il democratico John Kerry, riecheggiando in un discorso nelle umide pianure del midwest, lo slogan della "pace con onore" usato con successo da Richard Nixon nel 1968. Allora l'America era alle prese con il disastro del Vietnam, ora è il turno dell'Iraq. Nixon vinse le elezioni, ma l'accordo di pace fu raggiunto solo nel 1973. Quanto tempo impiegherà Kerry? E soprattutto, quale sarà - al di là dello slogan - la sua strategia per districarsi dall'Iraq? Il candidato democratico è avaro di dettagli. Parla solo di un obiettivo certo, quello di diminuire il contingente del Pentagono. Ricorda le sue credenziali di ex-combattente. Aggiunge: "Rafforzeremo i nostri rapporti in giro per il mondo, guadagnandoci il rispetto di altri paesi, rompendo l'isolamento internazionale degli Stati Uniti causato da Bush". Di più Kerry non dice: forse perché, in caso di elezione, non vuole avere le mani legate. O forse perché teme che la situazione irachena possa evolversi rapidamente, mettendolo in difficoltà. Del resto l'Iraq è un argomento sempre molto delicato: nessuno si dimentica che il senatore democratico votò, a suo tempo, per dare via libera alla guerra di Bush. Fonte: http://www.repubblica.it/2004/h/sezioni/esteri/campagnausa1/campagnausa1/campagnausa1.html

L'ANALISI DEL "CORRIERE DELLA SERA" E' OPPOSTA A QUELLA DI "REPUBBLICA"

...e la si può leggere su http://www.corriere.it/speciali/2004/Esteri/usa2004/conventions/testi/index5.shtml
Titolo: "E Kerry dal palco invocò la Forza"
Testo: "Chissà cosa avranno pensato gli attivisti che accusano George W. Bush di comandare «una giunta militare», nel vedere il suo sfidante democratico salutare impettito sull'attenti «Sono John Kerry, pronto al mio dovere!». Per qualificare i democratici come il partito che può vincere la guerra al terrorismo proteggendo libertà e diritti civili, Kerry chiama sul palco della Convenzione l'equipaggio della sua motovedetta in Vietnam, due ex capi di stato maggiore della Difesa, l'ammiraglio Crowe e il generale Shalikashvili, il generale dell'aviazione Merrill McPeak e l'ex capo della Nato, generale Wesley Clark. In prima fila l'ex senatore Max Cleland, che in Vietnam ha perso due gambe e un braccio".
E poi aggiunge il Corriere: "Che guerra sia Kerry l'ha detto senza mezzi termini, ammonendo Al Qaeda «vi annienteremo». Ha chiesto più truppe, 40 mila soldati, il raddoppio delle forze speciali, garanzie per la Guardia nazionale (i guerrieri cittadini spossati dall'Iraq) e nuove armi. Le elezioni di novembre non saranno un referendum guerra contro pace, duri contro teneri, «giunta militare Bush» contro angioli democratici. Kerry ha parlato più del servizio militare in Vietnam, con film di un allievo di Spielberg dove salta tra fiume e foresta alla Tom Hanks del «Soldato Ryan», che non dei venti anni passati al Senato".


AMOR PATRIO

Ed ecco infine il Kerry-pensiero sulla bandiera Usa: "Sotto questa bandiera abbiamo combattuto, per questa bandiera son morti cari amici, questa bandiera garriva dietro il cannone, sul ponte, lacerata dalle pallottole ma sempre al vento, simbolo potente di quel che siamo e di quello in cui crediamo. La forza. La diversità. Amor patrio. Quel che fa l'America grande e buona".

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