Le Donne in Nero di Roma sulle italiane rapite
Abbiamo parlato a lungo, tempestandola di domande cui ha risposto con pazienza e intelligenza, perché Simona è intelligente, simpatica, bella e ha uno sguardo aperto, diretto e profondo, e ci ha descritto accuratamente la società irachena prima dei bombardamenti e i rischi di quella pseudo - dopoguerra che stava frantumando, disgregando, le poche risorse della società civile.
Era impaziente di tornare a lavorare, di riprendere le relazioni forzatamente interrotte. L'abbiamo interrogata sul suo lavoro e sulla situazione delle donne, e lei ci ha descritto soprattutto le difficoltà delle bambine, i nuovi impedimenti nel proseguire i loro percorsi di istruzione, dovute alla totale insicurezza ( continuo rischio di rapimenti) e all'islamizzazione di una società laica. Le abbiamo chiesto di aiutarci a prendere contatti con gruppi di donne irachene con cui vogliamo " intrecciare fili " e " costruire ponti " .
- Non hai paura, non è pericoloso per voi restare a Bagdad con le forze armate italiane che aiutano gli statunitensi a " esportare la democrazia " ? Non siete visti come invasori, come forza d'occupazione? -
Le abbiamo chiesto anche questo e lei ha risposto che non aveva paura perché anche se era sicuramente rischioso viaggiare in territorio iracheno, e loro limitavano al massimo gli spostamenti, la loro casa a Bagdad, era tranquilla e sicura, "un Ponte per" ha una rete di legami con la società civile forte e consolidata da anni di ottimo lavoro. Il rischio di essere confusi con gli invasori non lo correvano affatto. La loro sicurezza era nel lavoro fatto e in quello in corso, nei loro contatti quotidiani.
Non sappiamo chi ha rapito Simona Pari Simona Torretta Raad Alì Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam.
Proprio le parole scambiate con Simona ci
lasciano sconcertate, la società civile di cui lei
parlava, da cui si sentiva circondata e
protetta, è colpita al cuore tutti i giorni, e i colpi
arrivano da tutte le direzioni. Chi le ha rapite,
rapiti, è andato proprio a cercare loro. Questa
tattica, cioè quella di spezzare i legami che
ancora tengono in piedi qualche esile
speranza di ricostruire un percorso di pace
l'abbiamo già vista in molti luoghi di conflitto,
sappiamo che può servire a numerosi tipi di
strategie, difficile capire chi dove come e
quando e cosa succede.
Pensavamo di andare in Iraq appena
possibile, si pensava ottobre, chissà adesso
se ci riusciremo, se avessimo una forza che
non abbiamo dovremmo andare in Iraq, ora,
tutte e ancora di più, a migliaia.
Chi vuole la pace in mano porta doni, non
armi, e in bocca ha il sorriso, come quello
bellissimo di Simona, e quello di Baldoni,
dovremmo partire tutti
Il nostro Governo ci dice che l'Italia è in missione umanitaria, ma ha la mano armata. Chiediamo al Governo italiano di far rientrare le forze armate, ora, subito.
Aspettiamo Simona per riprendere insieme a lei i nostri contatti di pace con le donne di una nazione con cui non vogliamo essere in guerra.
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