Incontro interreligioso sulla pace a Taranto
TARANTO – «Vedo l'Africa come una grande riserva di spiritualità e umanità che ci può aiutare a recuperare le dimensioni più vere del nostro vivere». Con queste parole, padre Renato Kizito Sesana, missionario comboniano in Africa, ha sintetizzato il contributo che il Continente nero può dare alla causa della pace nel mondo. Kizito è intervenuto ad un incontro pubblico organizzato a Taranto dall'associazione telematica per la pace “Peacelink”, a cui ha preso parte anche il Lama tibetano Tensing Tempel.
Padre Kizito è stato direttore del mensile “Nigrizia”, titolare per 4 anni di una rubrica sul “Sunday Nation”, fondatore di “New People” e ha dato vita a “News from Africa”, agenzia di stampa di «africani che raccontano l'Africa».
«Io e il mio amico monaco - ha proseguito padre Kizito - parliamo della pace da due prospettive diverse ma che possono andare insieme. Quella che lui rappresenta è una tradizione monastica che abbiamo anche in Occidente, molte delle cose che ha detto potrebbero essere condivise da un monaco della nostra tradizione». «È un modo - ha proseguito - di guardare alla pace da un punto di vista interiore, mentre noi magari, soprattutto nella tradizione moderna anche cristiana, tendiamo a guardare alla pace nelle sue implicazioni sociali, o forse esclusivamente a queste».
Secondo padre Kizito, l'Africa «ci può insegnare a mettere insieme queste due prospettive. Nella cultura africana non c'è dicotomia fra corpo e anima, la persona è guardata nella sua totalità». «Per me, e penso per ogni occidentale, - ha aggiunto - è sempre una grande sfida quando si va nei posti più miserabili dell'Africa e si vede la gente tranquilla, capace di sorridere, di alzarsi al mattino di un giorno in cui non sa se riuscirà a mangiare, e sorride, guarda agli altri in modo positivo, non si sente perseguitata». «C'è nell'africano, nelle genti abituate ad affrontare le difficoltà, - ha detto ancora padre Kizito - una capacità di porsi positivamente di fronte alla vita che viene dall'interno, probabilmente da una grande pace e gioia interiore, che noi dobbiamo imparare a recuperare. Le guerre sono molto spesso frutto di interventi che vengono dall'esterno». «Direi - ha sostenuto - che la cultura africana tendenzialmente aspira alla pace più della nostra».
«Non conosco molto della situazione africana attuale, ma in antichità ci sono stati diversi problemi simili anche nel Tibet» ha affermato da parte sua il Lama tibetano Tensing Tempel. «Oggi a livello di facciata esiste una sorta di tavolo di trattativa fra il governo in esilio tibetano e quello cinese, ma ciò non corrisponde a quello che sta accadendo nel Tibet».
«Prima ad esempio le guide dei gruppi turistici erano giovani tibetani che conducevano questi gruppi anche in luoghi particolari del culto buddista. Ultimamente queste guide tibetane - ha detto il Lama - sono state rimosse e sostituite con guide cinesi che evitano alla gente e ai turisti di vedere alcune cose che prima erano visibili. Quando il turista torna a casa mostra con i suoi filmati e le foto un Tibet che non è reale, ma imposto dal Governo cinese» .
Riferendosi poi ai comportamenti dei Paesi occidentali sul problema della pace nel mondo, Tempel ha affermato ironicamente che «è difficile capire gli uomini politici. Loro dicono una cosa e ne fanno un'altra». Ma ha poi aggiunto che «molti occidentali hanno compreso, analizzato e studiato la situazione tibetana e in tanti si stanno impegnando su questo tema».
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