Il G8 alla rovescia, la parola agli 8G
E i giovani ripartono con l'invito ad impegnarsi.
Un G8 alla rovescia... un 8G: testimonianze di 8 giovani. Momento chiave del pomeriggio ha fatto riflettere grandi e piccoli sulle più diverse problematiche che investono tanti Paesi: povertà, guerra, odio e indifferenza, disoccupazione, annullamento dell'identità personale, traffico di bambini e di ragazze...
Ad aprire il dialogo delle coscienze è la lettura di una lettera di Alina, 14 anni, che ha vissuto sulla propria pelle gli eventi del 1° settembre a Beslan (Ossezia): "Quel giorno c'ero anch'io, non potevo credere che fosse vero... Guardo e vedo i terroristi, tutti con la barba... Dopo due o tre ore hanno ammazzato un uomo... lì c'erano i suoi figli... Avevo paura quando i terroristi prendevano un'altra vittima...". Ma la ragazzina è stata scaldata dal calore di tutte quelle persone che si sono strette attorno al suo popolo, in mille modi: "Credo che al mondo ci siano più persone buone che cattive... Il 1° ottobre ho incontrato il Santo Padre e per questo ho dimenticato già tanto dolore".
Prisca, dal Nord Uganda: "Vorrei chiedere perdono a tutti i bambini del mondo per il male che stiamo facendo loro; chiedo ancora scusa a coloro che sono qui oggi perché racconterò una storia cruda, terribile...". La ragazza introduce così la sua storia, simile a quella di altre mille e mille ragazze ugandesi: povertà e paura, fame e violenze... per poi affacciarsi a narrare di 20.000 bambini rapiti dai guerriglieri del sud del Sudan per essere addestrati a combattere. Bambini soldato, "bambini che diventano carne da macello... per cui la vita è solo un lungo calvario". Il popolo ugandese è stremato: "Non abbiam neppure più la forza di piangere". Al termine lancia un grido: "E' ora di denunciare gli abusi... L'Africa ha bisogno di essere salvata non crocifissa!".
Dorinda, 19 anni, da 4 colpita da una malattia genetica lotta contro l'indifferenza, il facile pietismo e i pregiudizi e chiede a tutti che si uniscano a lei: "Sono stufa di esser etichettata... Ho capito che devo togliermi prima io questa etichetta per farla togliere a voi!".
Gabriel è un laureando in medicina a Torino proveniente dal Camerun: "Il sistema sanitario nel mio Paese è quasi inesistente e la malaria uccide facilmente i bambini e le donne incinte infettano i bambini... Il Camerun non ha industrie farmaceutiche... Io sono cresciuto in quell'ambiente insopportabile e così ho deciso di aiutarlo studiando medicina...".
Zana si è presentata sul palco indossando un vestito con i colori del suo Paese: l'Albania. Vuole sfatare i luoghi comuni e raccontare una realtà che i media difficilmente conoscono e trasmettono: i ragazzi reclusi in casa per patti di vendetta ("la parola vendetta è stampata in tanti cuori albanesi"), giovani che non possono neppure studiare. "L'Albania non è tutta negativa... io conosco anche elementi di forza... Ci sono ragazze che non hanno voluto vendere il proprio corpo e la propria identità... don Giosy Cento ha scritto per loro una canzone: Dio ti faccia tornare su ali d'aquila".
Paolo è un ragazzo di Biella che vuole parlare ai suoi coetanei e a tutta la gente convenuta ad Asti dei falsi miti in cui si rischia di incappare ogni giorno: bisogna, invece, aggrapparsi alle cose vere, autentiche. "Ognuno di noi ricerca consciamente o no la felicità... e il ragazzo occidentale in questa ricerca trova enormi difficoltà... Ogni giorno in TV vediamo mille miti: il mito del fisico, della bellezza, del possesso e della ricchezza... il mito che ci fa avere ma non essere...". A questo punto occorre capovolgere il ragionamento e dimostrare le potenzialità positive che ogni giovane porta con sé per costruire un pezzo di mondo migliore: "Solo perché valiamo allora serviamo! Io rivendico tre libertà: libertà di sognare, di pensare e di amare. La mia ricerca vuole essere diventare maestro d'amore!".
Dana, 26 anni, rumena: "Avevo coltivato tante speranze per il mio futuro... ma di colpo ho dovuto guardare in faccia la realtà... Il sistema ci ferma... non interessano i nostri sogni". I suoi sogni devono arrestarsi davanti al sistema? "Lì non avevo più futuro... avevo più motivi per partire che per rimanere... non era facile... ma avevo deciso... Ho passato la frontiera a piedi, da sola... Qui sono solo una macchina da lavoro... Nessuno che mi chiede come stai... Sono rimasta la straniera che ero quando sono arrivata...".
Miriam, una ragazza somala è giunta in Italia per lavorare, per trovare la pace ed essere felice. "In Somalia c'è la guerra: somali contro somali. Siamo scappati tante volte... ogni giorno si sentono scoppiare bombe e una è caduta pure sulla mia casa: mia sorella di 12 anni è rimasta paralizzata e avrebbe bisogno di essere operata".
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