Statement di Luigi Toma
STATEMENT alla 33° sessione del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali, Ginevra 8-26 Novembre 2004
in occasione dell’esame del quarto rapporto periodico del Governo italiano sull’attuazione del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali
LUIGI TOMA, IISMAS — Istituto Internazionale Scienze Mediche Antropologiche e Sociali a nome del COMITATO PER LA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI
SHARING THE HEALTH FOR SHARING THE FUTURE
INTRODUZIONE
Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) italiano eroga un’assistenza
sanitaria universale e gratuita sul piano dei servizi; questi ultimi vengono
forniti su base regionale. Un fondo sanitario nazionale, principalmente dipendente
dalle fonti pubbliche di reddito (tasse o contributi sociali di assicurazione
contro le malattie), garantisce la copertura finanziaria necessaria per un elevato
livello di protezione della salute nel rispetto dei principi di equità
ed efficienza.
Il SSN è stato profondamente rimodellato dai vincoli e dai condizionamenti
economici imposti dal quadro di razionalizzazione della spesa pubblica. Si è
assistito ad un significativo ingresso di elementi concorrenziali in un sistema
precedentemente bloccato da una concezione centralistica. L’evoluzione
federalista rappresenta un ulteriore momento di transizione verso un sistema
più efficiente, ma è tuttora necessario fare chiarezza sulle condizioni
essenziali per lo sviluppo di un sistema federalistico pienamente realizzato
e rispondente sia alle necessità di un’economia di mercato, sia
ai bisogni di salute della popolazione.
Il principio di sussidiarietà, proprio di una tale organizzazione, pone
la salute come diritto/dovere del singolo. La salute però è anche
compito dello Stato e della società civile. Decentramento ed autonomie
locali sono alla base di un sistema sanitario che affida alle Regioni ed ai
Comuni i compiti più importanti per la gestione, gli investimenti e la
pianificazione degli interventi sanitari pubblici.
Le nuove tendenze della Governance a livello internazionale vanno nel senso
della sussidiarietà orizzontale e del partneriato sociale, vale a dire
dei rapporti di cooperazione tra amministrazione pubblica, imprese e settore
non profit per la produzione di beni e servizi.
Questa strutturazione del SSN è stata istituzionalizzata attraverso tre
riforme fondamentali nella loro sinergia:
- Riforma Istituzionale
- Riforma Sanitaria
- Riforma Sociale
LIMITI ATTUATIVI NELL’EROGAZIONE E FRUIBILITÀ DEI SERVIZI
Le principali difficoltà nel garantire l’equità del diritto all’accesso ai servizi sanitari derivano da:
- l’organizzazione su base regionale e locale del SSN. In tale ambito
si evidenziano tre importanti aree critiche:
- le nuove norme di sperimentazione gestionale di assistenza indiretta o di assistenza mista pubblico-privato;
- le diseguaglianze geografiche nella disponibilità dei servizi per particolari gruppi di persone (anziani e malati con disturbi psichiatrici) derivano dal trasferimento delle relative competenze dall’area di assistenza sociale a quella di assistenza sanitaria locale e come tali sono soggette alle scelte discrezionali che le amministrazioni locali intraprendono sulla base delle risorse;
- ulteriori disuguaglianze, già presenti in passato, riguardano l’utilizzo dei servizi sanitari specialistici. Infatti, a differenza di quanto è accaduto per l’accesso alla medicina di base, ormai tendenzialmente egualitario, l’utilizzo della medicina specialistica, soprattutto di quella più qualificata, non è proporzionale al bisogno e cambia con la posizione sociale.
- Nel nostro SSN, a tutti i livelli, non c’è separazione né
distinzione tra i soggetti responsabili della tutela della salute e quelli
responsabili della produzione dei relativi servizi.
Il SSN, istituzionalmente pubblico, ricopre un ruolo dominante nella tutela della salute perché obbliga tutte le persone ad assicurarsi con esso. Ne deriva un difetto implicito del SSN: il soggetto che eroga le prestazioni è contemporaneamente anche quello che finanzia il sistema. Teoricamente è un sistema solidale universalistico, ossia garantisce prestazioni a tutti tramite strutture pubbliche e/o private/convenzionate. Nei fatti questo ruolo monopolistico del SSN come unico assicuratore della salute degli italiani è ampiamente contraddetto:- dalla quantità dei servizi sanitari pagati direttamente dai cittadini "out of pocket" a quegli stessi "erogatori istituzionali" del SSN che avrebbero dovuto fornire le stesse prestazioni gratuitamente;
- dalla quota crescente di assicurazioni private cosiddette "integrative", ma di fatto "sostitutive";
- dalla previsione esplicita di fondi integrativi, a carico del SSN, per alcune prestazioni escluse dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e che non sono peraltro omogenee sull’intero territorio nazionale.
- Gran parte della spesa del SSN è assorbita da prestazioni erogate
ai gruppi sociali più deboli, ma l’apparente immagine di equità
e solidarietà del sistema viene contraddetta da un eccesso di inapropriatezza
ed inefficacia.
Un sistema sanitario pubblico è efficace quando tutti ricevono prestazioni sanitarie di qualità e rispondenti ai reali bisogni e quando il costo delle prestazioni non grava sul singolo, ma viene distribuito in modo equo tra tutti.
Spesso il SSN non è in grado di rispondere ai bisogni di salute reali per un inadeguato orientamento delle risorse disponibili.
Le risorse dedicate alla salute rimangono spesso "limitate" in quanto il SSN concorre per le stesse risorse con altri sistemi di produzione di beni e servizi (energia, trasporti, sociale, istruzione, tempo libero, ecc). Quindi i servizi sanitari producono "prestazioni" di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione avendo come interesse prioritario quello di massimizzare i ricavi e minimizzare i costi.
Recenti analisi sulla distribuzione per classe sociale delle prestazioni del SSN sembrano confermare quanto detto finora:- tassi di ospedalizzazione nelle classi sociali più svantaggiate maggiori del 50% rispetto alle classi sociali medio-alte;
- le persone di livello socioeconomico inferiore hanno, a parità di bisogno reale e di gravità di malattia, minori probabilità di ricevere cure efficaci ed appropriate;
- evidenti svantaggi sociali nell’accesso alla prevenzione primaria, alla diagnosi precoce ed alle cure tempestive e appropriate;
- difficoltà nell’accesso quotidiano ai servizi, per insufficienti informazioni sulle prestazioni, scarsa conoscenza delle strutture erogatrici, delle liste di attesa, delle tariffe e dei percorsi A 6-23.
INDICATORI SANITARI DI DISEGUAGLIANZA
Si ricordano in questo paragrafo alcuni tra i principali indicatori sanitari
di disuguaglianza in Italia:
- SALUTE DEI MINORI: tra i 25.000 bambini nati in Italia nel 2001 da almeno un genitore straniero sono più frequenti la prematurità, il basso peso alla nascita, la mortalità neonatale e i calendari vaccinali sono effettuati in ritardo o in modo incompleto specie nelle popolazioni nomadi; inoltre un bambino nato in una famiglia povera ha una probabilità 2.5 volte più elevata di morire mentre è ancora in età infantile rispetto ad un coetaneo nato in una famiglia ricca;
- POVERTÀ: lo stato di salute delle persone povere, poco istruite o socialmente escluse, è peggiore rispetto alle altre. Il "rischio di povertà" presenta una scala diversa a seconda della misura e della metodologia utilizzata: l’indicatore comunitario, basato sui redditi, evidenzia un tasso di povertà compreso tra il 18% e il 19%, mentre quello nazionale, basato sui consumi, si situa tra il 12% e il 14%. 24-33
- INVECCHIAMENTO: l'invecchiamento della popolazioneC è correlato con una più elevata prevalenza delle malattie cronico-degenerative ed il SSN solo ora sta cercando di dotarsi di misure alternative al ricovero tradizionale per lungodegenti. Inoltre, molti anziani sono anche indigenti e non autosufficienti: gli italiani che hanno bisogno di assistenza sono oggi 2,7 milioni, il 5% della popolazione, di cui il 73,2% anziani. L’OCSE rivela che in Italia il 2,8% degli ultra-65quenni non autosufficienti sono assistiti a domicilio, rispetto al 5,5% della Gran Bretagna, al 6,1% della Francia, al 9,6% della Germania;
- DISOCCUPAZIONE: l’Eurispes, nel Rapporto Italia 200434 stima che oltre 5 milioni e mezzo di persone (pari a poco meno di un quinto dell'attuale popolazione attiva) svolgano varie forme di lavoro nero continuativo, oppure doppio lavoro, o, ancora, lavoro nascosto saltuario. Questi lavoratori "fantasma" non hanno alcuna tutela sanitaria;
- IMMIGRATI: i lavoratori immigrati, specie se irregolari, affrontano " gravi
rischi per i loro diritti umani e le libertà fondamentali quando vengono
reclutati o impiegati al di fuori della legalità "35-38.
- Maggiore frequenza, in confronto alla popolazione italiana, dei ricoveri causati da traumatismi: 5,7% negli stranieri contro il 4,8% negli italiani
- Tasso di incidenza degli infortuni tra gli stranieri sensibilmente più elevato rispetto agli italiani: 55,6% contro 43,2% ogni 1.000 lavoratori.
- La percentuale dei casi di tubercolosi in persone straniere è in costante aumento: dall’8,1% nel 1992 al 16,6% nel 1998F.
- Per quanto riguarda l’infezione da HIV/AIDS, i dati dell’ISS evidenziano un costante e rapido aumento nel tempo della proporzione dei casi AIDS notificati in stranieri: (dal 3,0% nel 1982-‘93 al 16,1% nel 2003).
- Il fenomeno della prostituzione è rilevante, con una stima di prostitute immigrate in Italia per l’anno 2000 compresa tra circa 35.000 e 50.000 esseri umani.
- Per quanto riguarda la salute della donna immigrata, si ricordano: l’alto tasso di abortività, la scarsa informazione sanitaria, la presenza di mutilazioni genitali femminili.
- DETENUTI: Il sovraffollamento (31 dicembre 2003: n.° detenuti 54.237 a fronte di una disponibilità delle infrastrutture che è di 41943 posti) e le conseguenti precarie condizioni igienico-sanitarie rappresentano le principali cause di scarsa salute fisica e mentale. Dal 1995 ad oggi si è registrato un costante aumento delle morti in carcere, specie tra i giovani; nello stesso periodo di tempo circa la metà delle 500 persone morte aveva meno di quarant’anni. Solo nel 2003 i suicidi in carcere sono stati 67, di cui due in minorenni.
CONCLUSIONI E PROPOSTE
Perché il SSN possa trovare soluzioni efficaci per il miglioramento della
salute pubblica è necessario realizzare una nuova prospettiva che sia
caratterizzata dalla "multicausalità" e dalla "multisettorialità"
degli interventi sanitari che dovranno considerare malattia, inabilità
e qualità di vita come il risultato dell'interazione tra biologia umana,
stili di vita e fattori ambientali.
Questo innovativo approccio potrà realizzarsi solo attraverso azioni
comuni e singoli progetti coordinati ed attuati da strutture del SSN (Ospedali,
ASL, IRCCS, Medici di Medicina Generale e del Lavoro), ma concertati, proposti
e finanziati da enti pubblici (Ministeri della Salute, dell’Interno, della
Pubblica Istruzione, del Lavoro, di Grazia e Giustizia; Amministrazioni di Regioni,
Province e Comuni) e privati (Fondazioni, ONG, ONLUS ed altre istituzioni del
privato sociale). Uno sviluppo sistematico di tali attività interdisciplinari,
con la supervisione di organi internazionali di sorveglianza potrebbe fornire,
entro i prossimi 5-7 anni, utili indicazioni sull’efficacia dei metodi
di prevenzione, diagnosi e cura interdisciplinari ed ottenere risultati immediatamente
fruibili, estendibili e ripetibili su tutto il territorio nazionale86-87.
Non si può dimenticare infine che "La malattia incide pesantemente
su sviluppo economico... Ma lo sviluppo economico richiede individui che siano
più che appena sani [...]. Lo sviluppo economico è un processo
multisettoriale e la strategia per uno sviluppo economico deve costruirsi su
una vasta gamma di investimenti sociali così come le strategie devono
implementare gli investimenti nel settore-privato." 88 Quindi
si va sempre più affermando il concetto che:
l sistemi sanitari possono contribuire ad uno sviluppo economico nel suo senso
più ampio.
La conferma scientifica di tale importante conclusione
ci viene proposta anche daLL’OMS che, in un recente documento pubblicato
dall’OMS presenta alcuni esempi di come i Sistemi Sanitari della Regione
Europea, che comprende 52 Stati ed un totale di oltre 900 milioni di abitanti,
possono contribuire a ridurre la povertà e a migliorare la salute pubblica.
Sebbene nello stesso documento si riconosca che è difficile raccomandare
in tutta l’Europa politiche e metodi simili, crediamo che alcuni degli
esempi riportati in questo studio possano facilmente essere ripetuti in altre
realtà dello stesso Paese. Infatti la riproducibilità di modelli
innovativi di assistenza socio-sanitaria all’interno di uno stesso Paese
si basa necessariamente sulla legislazione comune e sull’insieme di pratiche,
valori sociali ed aspettative sostanzialmente condivisi dalla comunità
nazionale.
Allegati
Luigi Toma
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