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Annuario della pace 2004

Europa, una Costituzione senza pace

30 novembre 2004
Nicola Vallinoto

Già nella precedente edizione dell’Annuario della pace avevamo commentato il progetto di Trattato costituzione elaborato dalla Convenzione europea e consegnato ai governi dell’Unione nel giugno del 20031. Il giudizio era sostanzialmente negativo, in quanto la Convenzione europea non aveva saputo cogliere le richieste provenienti dal basso, cioè da quei cittadini e quelle cittadine che desiderano un’Europa soggetto di pace. La pace, infatti, non è riconosciuta come uno dei valori fondanti l’Europa (articolo 2) ma viene considerata semplicemente come un obiettivo (articolo 3), e la democrazia rimane esclusa da temi rilevanti come la guerra e la pace. Le decisioni europee riguardanti le politiche estera, di difesa e di sicurezza, nonché quella economica e fiscale, restano in mano ai governi e si basano ancora sul potere di veto dei singoli Stati nazionali. Decidere all’unanimità, per una Europa ‘a venticinque’, equivale a non decidere e, quindi, a non giocare alcun ruolo nella gestione delle crisi internazionali.
Il 4 ottobre 2003, durante il semestre europeo presieduto dal governo italiano, ha avuto inizio la Conferenza intergovernativa che avrebbe dovuto approvare il Trattato entro la fine dell’anno. Così non è stato, e durante il vertice di Bruxelles del 12-13 dicembre 2003 si è verificata l’impossibilità di arrivare un compromesso, formalmente per il rifiuto della Spagna e della Polonia al sistema di voto proporzionale con la doppia maggioranza di cittadini e di Stati.
Dopo le elezioni spagnole del marzo 2004 sono ripresi i negoziati intergovernativi, e i 25 Paesi sono giunti a un accordo sul Trattato costituzionale solo a metà giugno, dopo le elezioni europee.
La Conferenza intergovernativa, come prevedibile, ha ulteriormente peggiorato il testo elaborato dalla Convenzione europea: pertanto il giudizio sul Trattato non può che rimanere negativo.

Le tappe del processo costituente

20 giugno 2003. Il progetto di Trattato, elaborato dalla Convenzione europea, viene presentato al Consiglio europeo di Salonicco e consegnato al presidente del Consiglio europeo il 18 luglio a Roma.
4 ottobre 2003. La Conferenza intergovernativa apre i suoi lavori per esaminare il progetto di Trattato consegnato dalla Convenzione europea durante il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. In concomitanza con la riunione di Roma si tiene una mobilitazione del Forum sociale europeo per l’altra Europa.
12-13 dicembre 2003. La presidenza italiana dell’Unione europea sancisce l’impossibilità di arrivare a un accordo tra i 25 governi su un testo di Trattato. Durante il vertice non si arriva neanche a votare un testo. Si rimanda il tutto a tempi migliori. Si parla del secondo semestre del 2004 dopo le elezioni spagnole ed europee.
1 maggio 2004. Allargamento dell’Unione europea a 25 Paesi.
5 maggio 2004. Il Parlamento italiano approva la mozione Realacci che impegna il governo a lavorare per l’inserimento del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali nella Costituzione europea.
12-13 giugno 2004. Elezioni del Parlamento europeo, per la prima volta in 25 Paesi dell’Unione.
17-18 giugno 2004. La Conferenza intergovernativa riaperta a marzo durante il semestre irlandese conclude i lavori con un accordo su un testo di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa.

Campagna “L’Europa ripudia la guerra”

Nel gennaio 2003, durante il Forum sociale mondiale di Porto Alegre, la Tavola della Pace lancia la campagna per inserire il ripudio della guerra nella Costituzione europea. Successivamente il movimento per la pace si mobilita, più volte, per raggiungere questo obiettivo, a cominciare dalla grande manifestazione mondiale del 15 febbraio 2003. E nel corso dell’anno si susseguono ancora altre manifestazioni:

Manifestazione nazionale per l’altra Europa, Roma, 4 ottobre 2003. In occasione dell’apertura dei lavori della Conferenza intergovernativa a Roma, le organizzazioni e i movimenti italiani del Forum sociale europeo si danno appuntamento per manifestare per l’altra Europa.
Nell’appello per la mobilitazione romana vengono delineati i temi costituenti dell’altra Europa: “All’Europa liberista e del Patto di stabilità, all’Europa che alza i muri contro i migranti e che, senza assumere il ripudio della guerra, lavora invece alla costituzione dell’esercito europeo, il 4 ottobre noi opporremo un’altra Europa: quella dei popoli e della pace, l’Europa del Forum sociale europeo e del 15 febbraio. La nostra Europa si basa su alcuni semplici principi: è antiliberista, ripudia la guerra e tutti i razzismi, fa della democrazia e della partecipazione valori fondanti. È un’Europa che difende i beni e i servizi pubblici. La nostra Europa è l’Europa dei diritti sociali, a partire dal diritto al lavoro, al reddito e a una esistenza dignitosa.”
Nell’appello del Forum per la democrazia costituzionale europea, in vista del 4 ottobre, troviamo un richiamo storico al fine di “recuperare oggi i valori federalisti che per primi elaborarono Spinelli, Rossi e Colorni relegati al confino nell’isola di Ventotene, come risposta ai nazionalismi e alle guerre”, e la rivendicazione del ruolo “dei movimenti costituenti, che oltrepassano la dimensione nazionale e si oppongono alle miserie negoziali della Conferenza intergovernativa, per costruire un’Europa delle/i cittadine/i, senza recinti, frontiere e limiti: un’Europa federale post-nazionale, intesa come spazio politico globale sottratto ai comandi dei potenti.”

V Assemblea dell’Onu dei popoli, Perugia, 9-11 ottobre 2003. Dal 9 all’11 ottobre a Perugia si svolge la quinta Assemblea dell’Onu dei popoli, organizzata dalla Tavola della Pace e dal Coordinamento enti locali per la pace, con dibattiti e seminari incentrati sul tema del ruolo dell’Europa per la pace nel mondo e con la partecipazione di centinaia di rappresentanti della società civile mondiale. Durante uno degli incontri interviene anche Giuliano Amato, che ha fatto parte del presidium della Convenzione europea in qualità di vicepresidente. Alla domanda sul perché non è stato accettato l’emendamento - presentato da Valdo Spini, Elena Paciotti e da due membri spagnoli - per collocare la pace tra i valori fondanti, Amato così risponde: “L’articolo sui valori della Costituzione sarà il metro su cui potranno sorgere delle procedure di sanzione a carico degli Stati membri che dovessero violare quei valori. Quando ne discutemmo, erano i tempi pre-guerra in Iraq, si disse che tra i valori vanno elencati solo quelli la cui interpretazione è univoca, per evitare di usare valori opinabili per colpire questo o quello Stato. La dimostrazione che la pace fosse un valore univoco non venne ritenuta, da molti, sufficientemente chiara. C’era chi pensava che si è leali nei confronti della pace se non si aggredisce nessuno e se ci si limita tutt’al più a reagire all’invasione e c’era chi riteneva che si è leali alla pace se la si difende con azioni preventive. Il risultato fu che la pace venne collocata tra gli obiettivi.”

Marcia per la pace “Per una Europa di pace”, Perugia-Assisi, 12 ottobre 2003. A pochi giorni dalla mobilitazione romana, il popolo della pace manifesta nuovamente: domenica 12 ottobre si svolge, infatti, la consueta marcia Perugia-Assisi con lo slogan “per una Europa di pace” e con la partecipazione di oltre 250mila persone.
Nell’appello alla mobilitazione per la Perugia-Assisi si leggono le motivazioni dei partecipanti: “marciamo per costruire un’Europa di pace. L’Europa che vogliamo ripudia la guerra, è aperta, solidale e nonviolenta. Il mondo è in uno stato di pericolo, i rischi sono terribili, la posta in gioco elevatissima e noi non possiamo accettare il silenzio e l’inazione dell’Europa. Se i governi restano divisi, i cittadini europei hanno la responsabilità di unirsi e di agire con determinazione e lungimiranza per dare vita ad un’Europa che si metta al servizio della pace e della promozione del bene comune mondiale. Abbiamo bisogno urgente di un’Europa decisa a costruire ed affermare se stessa come soggetto politico di pace, autonomo e indipendente; determinata a costruire un ordine mondiale centrato sulle Nazioni unite e sul diritto internazionale dei diritti umani. Ci attendono scelte importanti. Una grande responsabilità spetta ai Paesi fondatori dell’Europa, a coloro che per primi, dopo tanti secoli di guerre, hanno avuto l’intuizione e la capacità di dare avvio alla costruzione dell’Europa come strumento di pace e di pacificazione. A questi Paesi oggi incombe la responsabilità di dare una Costituzione democratica all’Europa che ripudi la guerra, in cui sia previsto un governo europeo responsabile di fronte al Parlamento europeo, in grado di parlare al mondo con una sola voce.”
Obiettivo principale della marcia è la richiesta di inserimento nella Costituzione europea di un articolo simile all’11 della Costituzione italiana in cui si affermi che: “L’Europa ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e riconosce nella pace un diritto fondamentale delle persone e dei popoli. L’Europa contribuisce alla costruzione di un ordine internazionale pacifico e democratico; a tale scopo promuove e favorisce il rafforzamento e la democratizzazione dell’Organizzazione delle Nazioni unite e lo sviluppo della cooperazione internazionale.”

Manifestazione “Fermiamo la guerra all’Iraq”, Roma, 20 marzo 2004. Ad un anno di distanza dall’inizio della guerra in Iraq il movimento per la pace degli Stati uniti chiede di tornare a riempire le strade di tutto il mondo per fermare la guerra e l’occupazione. La richiesta viene accolta e rilanciata dal Forum sociale europeo di Parigi e dal Forum sociale mondiale di Mumbai. In Italia il comitato “Fermiamo la guerra” organizza una manifestazione nazionale a Roma. Nell’appello alla mobilitazione si richiede: “che l’Unione europea svolga un ruolo di pace e includa il ripudio della guerra nel proprio Trattato costituzionale”. In un altro appello per la manifestazione romana, diffuso dalla Tavola della Pace, si chiede un impegno a costruire: “un’Europa di pace: aperta, solidale e nonviolenta. Un’Europa in pace con il mondo, determinata a resistere a tutti i piani di ‘guerra infinita’, di ‘scontro di civiltà’ o di terrorismo; decisa a combattere la fame, la sete, le malattie e la miseria, promuovendo un’economia di giustizia; impegnata a rafforzare le Nazioni unite e il diritto internazionale dei diritti umani per costruire un ordine mondiale più giusto, pacifico e democratico.”

Mozione Realacci al Parlamento italiano

La grande mobilitazione del movimento italiano per la pace nell’ambito della campagna “L’Europa ripudia la guerra” ottiene un primo risultato, seppur limitato, nel Parlamento italiano. Durante la sessione parlamentare del 5 maggio il Parlamento approva la mozione Realacci, con voto favorevole di entrambi gli schieramenti politici. Nell’intervento in aula, a sostegno della mozione, il deputato Ermete Realacci delinea l’idea di Europa sottintesa all’inserimento dell’articolo 11 della nostra Costituzione in quella europea: “[…] l’idea di un’Europa che sia innanzitutto una grande potenza civile, una risorsa non soltanto per i suoi cittadini, ma per il mondo. Essa rappresenta un grande insieme di Paesi responsabile rispetto al mondo ed al futuro. Questa idea di Europa implica una maggiore forza, anche politica, dell’Unione europea. Implica, inoltre, l’impegno dell’Europa su fronti delicati che sono trascurati da altre potenze, in primo luogo dagli Stati uniti d’America, ovvero quelli legati agli obiettivi del millennio: la lotta alla miseria, la dignità di tutti i popoli, gli accordi di Kyoto e l’idea di uno sviluppo equilibrato. Implica anche una cultura della guerra segnatamente diversa dall’idea di guerra preventiva. L’articolo 11, come è evidente dal suo testo, non esclude il ricorso alla guerra. Ciò non sarebbe stato possibile, dato che tale articolo è figlio della guerra di liberazione, è figlio della Resistenza. Sarebbe stato contraddittorio se i costituenti avessero escluso in qualsiasi caso il ricorso alla guerra. Tuttavia, l’articolo esclude con chiarezza il ricorso alla guerra come soluzione delle controversie internazionali e relega l’uso della forza nell’ambito di decisioni prese multilateralmente in sede internazionale. […] l’idea di Europa è partita da un gruppo di confinati all’isola di Ventotene – in villeggiatura, direbbe il nostro presidente del Consiglio – che, nel corso di una delle più tremende tragedie della storia dell’umanità, hanno formulato un progetto che allora sembrava assolutamente utopistico. Tale progetto, con tutti i suoi limiti, i suoi ritardi e le debolezze che anche noi contestiamo, si sta trasformando in realtà. […]

Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa,
Bruxelles, 18 giugno 2004

A pochi giorni dal più importante allargamento dell’Unione europea e dalle prime elezioni europee con 25 Paesi, il 17 e 18 giugno, dopo una estenuante riunione, i capi di Stato e di governo dell’Unione europea trovano un compromesso sul Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa. Senza troppi entusiasmi i 25 Paesi firmano l’accordo, portando a termine un percorso iniziato il 15 dicembre 2001 con la Dichiarazione di Laeken sul futuro dell’Unione europea, con la quale si era dato vita a una Convenzione europea che fin dal primo giorno si era posta l’obiettivo di scrivere la Costituzione della Vecchia Europa.
Dopo il fallimento del semestre europeo presieduto dal governo più marcatamente antieuropeo che l’Italia abbia mai avuto, la presidenza irlandese riesce a ricomporre le divergenze grazie anche al risultato delle elezioni spagnole, con la vittoria del Partito socialista spagnolo di Josè Luis Zapatero.
Come era ampiamente prevedibile, il testo elaborato dalla Convenzione europea viene ulteriormente peggiorato, concedendo alla Gran Bretagna alcune richieste di reintroduzione dell’unanimità. La mancanza, tra i governi, di un fronte chiaramente euro-federalista e portavoce dell’interesse generale gioca a favore della posizione inglese.
Il governo italiano, nonostante le dichiarazioni del suo ministro degli Esteri, Franco Frattini, di non voler firmare un trattato peggiorativo, svolge - in realtà - un ruolo antieuropeo e filoamericano. Durante la Conferenza intergovernativa il ministro italiano incontra, più volte, in riunioni bilaterali il governo inglese, dimostrando chiaramente di voler sostenere una idea dell’Europa non autonoma né politicamente, né militarmente dagli Stati uniti. In tale direzione va visto il sostegno del governo italiano alla presidenza della Commissione europea, dell’inglese Chris Patten, la cui candidatura era stata presentata dallo stesso Silvio Berlusconi durante la Conferenza intergovernativa di giugno (l’altro candidato alla presidenza, il belga Guy Verhostadt, di posizioni chiaramente europeiste, viene appoggiato da Francia e Germania). In seconda battuta viene eletto il portoghese Barroso.
L’altra battaglia, sostenuta dal governo italiano durante la sessione della Cig di giugno, è quella per inserire nel Preambolo il riferimento alle radici giudaico-cristiane dell’Europa. Nulla fa, invece, il governo italiano per inserire il contenuto dell’articolo 11 della nostra Costituzione nel Trattato costituzionale, nonostante l’impegno richiesto, in tale direzione, dalla mozione Realacci approvata dal Parlamento italiano.

La politica estera, di difesa e di sicurezza europea

Il trattato costituzionale non risolve il problema di dare una voce unica all’Europa in campi importantissimi per la vita dei cittadini, quali le politiche estera, di sicurezza e di difesa e, ancora, le politiche economica e fiscale. In questi settori, infatti, la sovranità rimane agli Stati nazionali tramite decisioni prese all’unanimità durante le riunioni dei Consigli europei, in modo né trasparente né democratico. Viene istituita la figura del ministro degli Esteri, ma quest’ultimo si muove sulla base di decisioni all’unanimità del Consiglio, con un margine di azione quasi nullo. In tutti gli altri campi precedentemente indicati non esiste ancora un governo sovranazionale, democratico e federale responsabile nei confronti di un Parlamento europeo che ha, ancora, poteri meramente consultivi.
Un’altra aggravante rispetto all’obiettivo di un’Europa autonoma politicamente, e quindi in grado di svolgere un ruolo alternativo agli Stati uniti nel ‘governo del mondo’, è l’inserimento della Nato nel Trattato costituzionale come punto di riferimento essenziale per la politica estera europea. Nell’articolo I-40 si afferma, infatti, che “la politica dell’Unione [...] rispetta gli obblighi derivanti dal trattato dell’Atlantico del Nord per alcuni Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite la Nato”. Il trattato, inoltre, istituisce una Agenzia europea per gli armamenti, la ricerca e le capacità militari, mentre non propone un’analoga istituzione in grado di contribuire allo sviluppo di una politica europea di peacebuilding che valorizzi l’apporto delle organizzazioni nongovernative della società civile europea. Un tale organismo, come un’Agenzia europea per il peacebuilding proposta da alcune ong, avrebbe potuto coordinare il Corpo volontario europeo di aiuto umanitario (previsto dall’art III-321 dell’attuale versione consolidata del
Trattato), favorire la creazione dei Corpi civili di pace europei o della human security response force, recentemente proposta dal gruppo di lavoro riunito da Mary Kaldor su richiesta di Javier Solana. In assenza di un’istituzione in grado di controbilanciare il ruolo dell’Agenzia per gli armamenti, è gravissimo il rischio che la politica di sicurezza si riduca ancora una volta ai soli strumenti militari e quindi non tenga conto degli strumenti più efficaci e moderni che l’Europa è in grado di mettere in campo e che sono espressione di una sicurezza di tipo cooperativo, multidimensionale e con una forte componente civile e non-governativa.

Europace: che fare?

Il processo costituente non si concluderà a Roma il 29 ottobre 2004 con la firma del trattato costituzionale. Si tratta di una ulteriore tappa, importante ma non definitiva, nella storia dell’integrazione europea. La dichiarazione di Robert Schuman – l’allora ministro degli Esteri francese – rilasciata il 9 maggio 1950, e che diede origine al processo di integrazione europea, l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio rappresentava solo il primo passo verso la Federazione europea, quale strumento per la pace mondiale. A più di mezzo secolo di distanza non si è ancora arrivati a quell’obiettivo già indicato, durante la seconda guerra mondiale, nel Manifesto di Ventotene, come risposta alle guerre e ai nazionalismi. Come diceva Altiero Spinelli, che ha dedicato la vita all’unità politica del continente europeo, “L’Europa non cade dal cielo”: se si vuole dare un seguito a queste parole, occorre, quindi, superare il blocco dei governi con una mobilitazione, dal basso, del popolo europeo. A tal fine il movimento per la pace dovrà far leva sulle aperture democratiche presenti nel trattato costituzionale, e in particolare valorizzare l’articolo sulla democrazia partecipativa, la cui presenza è anche frutto della spinta avviata dal Forum sociale mondiale di Porto Alegre. Il quarto comma dell’articolo 46 prevede, infatti, che un milione di cittadini e di cittadine di diversi Paesi possano invitare la Commissione a presentare un’iniziativa legislativa. Grazie a questo articolo la campagna “L’Europa ripudia la guerra” potrà ripartire con nuovo slancio e diventare una iniziativa europea. Questo sarà solo un primo importante mattone nella costruzione della casa comune europea. Una volta approvato il trattato costituzionale bisognerà avviare, da subito, una grande mobilitazione per superarne i limiti evidenziati nell’introduzione. Sono ancora molte le risposte che si attendono quei/le cittadini/e europei/e che fino al Forum sociale europeo di Firenze avevano partecipato, forse in modo distratto, al processo avviato dalla Convenzione europea.
La strada per un’Europa unita e soggetto attivo di pace – la cosidetta Europace - è lunga e difficile ma rimane l’unica alternativa per la costruzione di un mondo diverso basato su giustizia, democrazia e diritti senza frontiere.

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