A più cinquant’anni dalla Dichiarazione dei Diritti Umani l’ONU esortata l’Italia a garantirli e tutelarli secondo gli impegni sottoscritti.
L’ONU esprime preoccupazione per la mancanza di una Istituzione Nazionale Indipendente per i Diritti Umani che tuteli e vigili sull’effettiva attuazione e salvaguardia di tali principi ed invita il Governo italiano a confrontarsi con una larga rappresentanza della società civile – le ONG e le Associazioni no-profit - e con il supporto dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite a costituirla, senza sottoporla alla responsabilità di alcuna Istituzione, come si sta cercando di attuare.
È quanto di più rilevante si evince da una prima analisi delle Osservazioni conclusive del Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali sul 4° Rapporto sull’applicazione del Patto Internazionale sui diritti sociali, economici e culturali del 1966, esposto dal Governo italiano lo scorso novembre a Ginevra durante i lavori della 33a Sessione del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali.
Ma non solo, facendo proprie le osservazioni del Rapporto supplementare, presentato per la prima volta dalle ONG italiane nella medesima sessione dei lavori del Comitato delle Nazioni Unite, giudica ancora lacunosa la legislazione italiana in relazione alla giustiziabilità dei comportamenti contro i diritti.
Ad oggi l’Italia prevede una limitata implementazione delle misure adottate contro il razzismo, la discriminazione, a livello locale e regionale, mentre gli Osservatori che dovrebbero controllare su tutto il Territorio gli abusi contro i più deboli, gli emarginati, gli immigrati sono pochi e quei pochi non sono nel pieno delle loro competenze.
La legge Bossi—Fini affronta il problema dell’immigrazione come una questione di ordine pubblico, introducendo il principio del legame stretto tra il contratto di lavoro e la durata del permesso di soggiorno, ostacolando di fatto il godimento da parte dei lavoratori migranti e delle loro famiglie dei diritti economici, sociali e culturali come riconosciuti nel Patto. Per ottenere un contratto di lavoro, che non è vincolato al principio previsto dal sistema legislativo italiano dell’equo salario, si ha bisogno del permesso di soggiorno, ma i tempi burocratici previsti per ottenerlo generano una perversa spirale, limitando la libertà di movimento e l’accesso ai servizi sociali da parte dei lavoratori migranti.
La mancanza di un’apposita legislazione sui richiedenti asilo è l’inevitabile conseguenza di una determinante discriminazione, che purtroppo trova ancora terreno fertile nel nostro Paese e costringe il richiedente ad una vita sospesa tra illegalità e illegalità.
Inoltre, così come nelle precedenti Concluding Observations del maggio 2000 sulla condizione degli immigrati Rom, il Comitato denuncia che questo popolo ancora soffre di condizioni di vita al limite della sopravvivenza: campi caratterizzati da abitazioni poverissime, in condizioni sanitarie non igieniche, limitate prospettive di lavoro ed inadeguati servizi per l’educazione dei loro figli, come molti altri gruppi svantaggiati e marginalizzati; troppe le difficoltà per ottenere alloggi statali ed eccessiva burocrazia.
Ed ancora, il Comitato raccomanda al Governo italiano di continuare l’attività nell’ambito della Cooperazione internazionale e di aumentare l’assistenza allo sviluppo per raggiungere lo 0,7% del PIL, come fortemente auspicato più volte dalle Nazione Unite, esortandolo a prendere in considerazione le clausole del Patto nella progettazione di accordi bilaterali con altri Paesi.
Ma le osservazioni non si limitano solo a questi temi, il Comitato raccomanda il nostro Paese a prendere in esame le ineguaglianze regionali e il livello di povertà in cui versa ancora il Meridione; sollecita di trovare soluzioni alla questione degli alloggi per le famiglie a basso reddito e dell’aumento incontrollato degli affitti e si mostra preoccupato per la riduzione dell’impegno per l’assistenza abitativa; esorta di preoccuparsi in maniera sistematica del problema del lavoro femminile, che spesso rischia di essere perduto per mancanza di strutture adeguate di assistenza all’infanzia; incoraggia ad affrontare le malattie croniche, la senilità e la disabilità con nuovi mezzi e strategie.
Indubbiamente, il documento del Comitato riporta importanti osservazioni ed apprezzamenti per l’adozione in questi anni di una serie di misure adottate a favore del miglioramento della qualità della vita dei propri cittadini, tuttavia le osservazioni sono uno strumento fondamentale per la società civile a cui appellarsi come garanzia e difesa dei diritti sanciti e sottoscritti nel Patto Internazionale sui diritti sociali, economici e culturali del 1966.
Per maggiori informazioni: http://www.comitatodirittiumani.org
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