L'Inno all'Amore di Giovanni Paolo
Tra pochi giorni si chiuderà il 2004, arriverà l'anno nuovo! Come è ormai tradizione da oltre trent'anni(quest'anno sarà la trentottesima volta!) il primo giorno dell'anno nuovo sarà dedicato al tema della Pace. 38 anni fa, davanti al rischio di un nuovo conflitto mondiale che si stagliava nell'orizzonte della storia, papa Paolo VI decise di dedicare il primo giorno di ogni anno alla Pace. Ogni anno i Pontefici che si sono succeduti al soglio di Pietro hanno redatto un messaggio sull'anelito alla Pace.
Anche per il 2005 Giovanni Paolo II non si è sottratto all'importante ricorrenza. Ancora una volta ha voluto far sentire la sua voce, da molti considerata isolata anche all'interno della stessa Chiesa Cattolica, per la costruzione della Pace.
Davanti ad un mondo sempre più segnato da lutti atroci e da un'umanità segnata e stuprata nella sua essenza, il Papa rilancia la profezia evangelica della Pace.
Nel messaggio per la Giornata 2005 alcuni stralci appaiono addirittura temerari! Se il richiamo al diritto internazionale e alla giustizia (messi a dura prova dalle follie del terrorismo e della teoria della guerra preventiva e permanente) sono ormai punti obbligati negli ultimi anni, c'è un passaggio che spiazza fortissimamente. Davanti alla violenza quotidiana imperante il Papa sprona a riscoprire il valore dell'Amore. Spicca nel messaggio il richiamo fortissimo a riscoprire il nobile sentimento. Scrive il Pontefice:
L'amore è l'unica forza capace di condurre alla perfezione personale e sociale, l'unico dinamismo in grado di far avanzare la storia verso il bene e la Pace ... Nessun uomo, nessuna donna di buona volontà può sottrarsi all'impegno di lottare per vincere con il bene il male. E' una lotta che si combatte validamente soltanto con le armi dell'Amore. Quando il bene vince il male, regna l'Amore e dove regna l'Amore regna la Pace.
Sono parole che appaiono a dir poco controcorrente. Una volta il Natale era la festa in cui "si è tutti più buoni". Oggi dovremmo cambiarla in "a Natale si è tutti più consumatori". Sempre più il Natale e il Capodanno appaiono come grandi e pantagrueliche feste del lusso sfrenato. Mesi prima si preparano cenoni costosissimi e tavole imbandite (con moltissimo cibo che, non mangiato, passa direttamente dalla tavola alla spazzatura!), si riempiono i carrelli di supermercati e centri commerciali per i riti, ormai solo consumistici e senza l'originale valore di dono, dei "regali". Le due feste sono diventate l'emblema dello stile di vita fatuo di un'occidente al limite del feticismo. Situazione che ha raggiunto il paradosso nell'esportazione (per fortuna non armata!) commerciale di questi riti in Paesi lontanissimi come la Cina. Dimenticandosi però per strada l'anima del Natale! Esportando soltanto uno stile di vita che è già insostenibile per il solo occidente. Infatti i bambini cinesi, se si chiede loro cos'è il Natale, rispondono che è "la festa dei regali". Una volta si diceva che bisognava stare attenti a "non buttare il bambino con l'acqua sporca". Invece oggi si tiene l'acqua sporca e si butta solo il bambino! Il bambinello, nato povero tra i poveri, appare sempre più dimenticato in favore della ostentazione del lusso. Non c'è più spazio per la solidarietà con gli ultimi, cardine delle parole del Cristo. Che tristezza!
In questo quadro desolante Karol Woityla invoca "la forza dell'amore". Invoca il ritorno al sentimento principe come motore della Pace. Un amore da vivere intensamente e profondamente. Da riportare al centro della nostra esistenza. Ma è ancora possibile? E poi, ammesso che sia possibile, quale amore? Quale amore può trovare spazio, se lo trova, nel Natale senza anima del ricco epulone?
Siamo abituati a consumare tutto, a bruciare qualsiasi cosa sull'altare del lusso. Abbiamo tritato, come uno schiacciasassi, qualunque cosa. Anche l'amore! Ormai il più nobile dei sentimenti umani è diventato un ingranaggio di una macchina disumanizzante. Che, a seconda dei casi, finisce su magliette e gadgets di ogni tipo o oggetto di un patinato mercato pornografico. L'amore è stato mercificato e volgarizzato tra luci rosse e ambiguità di ogni tipo. Caratterizzato da turpiloqui e pensieri egoistici ed edonistici!
E' ancora possibile tornare all'Amore? Il Papa ci invita, ci esorta energicamente, a provare, a tentare l'esaltante avventura. Un proverbio indiano dice che "se apri il tuo cuore all'Amore, vedrai mille cuori farlo intorno a te". Ognuno di noi è un tesoro, uno scrigno immenso di amore e tenerezza. Il consumismo esasperato può soffocare, con i suoi fumi, i nostri cuori. Ma possiamo, se veramente ci crediamo, spazzarli via con la brezza dei sentimenti autentici. Se io dicessi(ed in fondo è vero!) che sono innamorato di almeno cinque amiche splendide diverse, i commenti maligni sarebbero tantissimi. Nella migliore delle ipotesi sarei definito "donnaiolo". Se poi aggiungessi che queste ragazze sono quasi tutte felicemente fidanzate è meglio lasciar perdere!
Il pensiero dominante, se non unico, ci impedisce di considerare la profondità di un amore autentico. Un amore che, invece, viene incasellato in categorie stagne dalle quali non si può deviare.
Don Tonino Bello, indimenticato vescovo di Pace, amava molto la metafora "dell'ala mancante": le persone sono simili agli angeli, solo che non possono volare. Perché manca loro un'ala, ne hanno una sola. Ogni volta che rileggo questa sua poetica pagina mi è sempre piaciuto pensare che l'ala mancante sia da cercare negli altri. Perché due persone possono volare, hanno due ali per farlo. Per farlo devono unire le loro ali, ma come farlo? L'unico collante è il cuore. Il cuore per amare, e considerare l'altro una parte di sé. Oggi siamo così abituati ad un individualismo rampante da non vedere l'altro. Siamo abituati ad avere come unico metro di giudizio il nostro io. Coloro che ci sono accanto vengono considerati solo in ragione di noi. Noi, una piccola parolina che ci stiamo dimenticando. Ci consideriamo come atomi solitari, abbiamo "atomizzato" il noi. Cancellandolo. Siamo così abituati al ritmo forsennato delle nostre giornate da aver ridotto i legami con gli altri a pura superficialità. Come possiamo dunque tornare all'amore? All'amore che il Pontefice chiama "l'unico dinamismo"?
Non abbiamo altra scelta che cercare l'ala mancante di don Tonino. Ripartendo dagli altri, dalle loro vite, ricchezze, sentimenti. Oltre nove anni fa, in un drammatico giorno di inizio luglio, ci lasciava Alex Langer. Alex il buono, il puro, l'innamorato della vita. Alex era una persona speciale, un profeta della speranza e della Pace. Una delle pagine più belle degli insegnamenti che la sua testimonianza ci ha lasciato è legata alle olimpiadi sportive. Alex diceva che dobbiamo rovesciare il motto olimpico. Essere nella vita "più lenti, più soavi, più profondi". Ne abbiamo davvero un gran bisogno! Nella vita di tutti i giorni, nei rapporti quotidiani. Imparare ad agire con lentezza, alla ricerca delle profondità nell'incontrare le persone che la vita ci porta in dono. Mi è sempre piaciuta la metafora del viaggio come metafora della vita: l'esistenza non sarebbe altro che un lungo camminare. Possiamo correre all'impazzata, come con l'auto in autostrada. E vedere solo superficialmente il paesaggio intorno. O possiamo passeggiare lentamente, come una scampagnata nei boschi. Assaporando anche i più piccoli dettagli della natura. Approfondendo e godendo di tutte le ricchezze che ci vengono donate dalla Grande Madre. Ecco come la mia "confessione" di prima acquista un significato! Perché facendo così si possono conoscere, ed apprezzare nella loro essenza, i pregi delle persone a noi vicine. Impariamo a stimare l'entusiasmo, l'umiltà, il candore, la purezza, l'ironia che le contraddistingue. Impariamo a serbare nel nostro cuore i loro volti, le loro vite. E ci accorgiamo improvvisamente che sono parti di noi. Quando non le vediamo, quando per pochi giorni non le incontriamo, sentiamo che manca una parte di noi. Noi, quella piccola parolina che torna. Un noi che non è più una superficiale accozzaglia di atomi solitari, ma una maniera migliore di declinare le nostre vite. Noi che diventa lo spazio dal quale partire per volare tutti insieme, per condividere le nostre ali. Costruendo un destino solidale e migliore, un mondo nel quale vivere e convivere. Padre Kizito scriveva l'anno scorso in un editoriale per PeaceLink: "Uno slogan indovinato afferma che un nuovo mondo è possibile. Anzi, è necessario, aggiunge qualcuno. Io mi permetto di dire sottovoce: amici, vi sbagliate, il nuovo mondo esiste già. ... Noi cambiamo il mondo con gesti grandi e piccoli. Tendendo la mano ad un amico, scavando un pozzo, curando un malato, coltivando un campo, riparando un computer, accarezzando un bambino che piange, fermandoci sull’autostrada ad aiutare chi è coinvolto in un incidente. I nostri gesti, il nostro lavoro, i nostri progetti hanno un valore che va al di là della loro pura materialità." Parole bellissime, che il messaggio papale sembrano concludere. Perché quando lasciamo gli altri irrompere nei nostri cuori, quando viviamo la poesia di padre Kizito costruendo solidarietà sin dai piccoli gesti quotidiani, realizziamo la cosa più bella che possiamo. Ivano Fossati, nella sua poetica "Mio fratello che guardi il mondo", la canta dicendo "se non c'è strada dentro il cuore, prima o poi si traccerà". Da millenni questa strada viene chiamata, invocata, in una piccola magica parola: AMORE. Si, ci innamoriamo degli altri. Del vicino, dell'amica e delle persone che incontriamo tutti i giorni. Per questo posso dirlo, gridarlo pure che "sono innamorato di cinque amiche splendide" e di tantissime altre persone che incontro tutti i giorni, che arricchiscono e colorano dei colori dell'arcobaleno la mia quotidiana esperienza.
Che dite? Non sento bene! E' un'utopia, un sogno?
Ma non sapete che "i sogni si chiamano utopia finché non diventano realtà"? E poi ce lo ripetono sempre che "la realtà supera l'immaginazione"! L'utopia poi, cos'è? Me lo sapete dire?
"Lei sta all'orizzonte. Io faccio due passi verso di lei, lei ne fa 10 più in là. Ma allora l'utopia a cosa serve? Appunto a questo: a camminare."
Eduardo Galeano
IL PIU' BELLO DI TUTTI I MARI E' QUELLO DOVE NON SIAMO ANDATI.
IL PIU' BELLO DI TUTTI I BAMBINI NON E' ANCORA CRESCIUTO.
CIO' CHE VORREI DIRTI DI PIU' BELLO NON L'HO ANCORA DETTO.
I PIU' BELLI DI TUTTI I NOSTRI GIORNI NON LI ABBIAMO ANCORA VISSUTI
...L'Amore più bello dobbiamo ancora viverlo, cosa aspettiamo?
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