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La situazione in Iraq

Resoconto dagli incontri organizzati dai Berretti Bianchi con la presenza di personalità nonviolente del mondo iracheno che chiedono un aiuto per la pace in Iraq e dicono cosa succede là.
20 dicembre 2004
Lega Obiettori di Coscienza

Resoconto incontro:
Si è svolto nella serata di lunedì 20 dicembre 2004, un incontro con rappresentanti della società civile irachena presso la Casa per la Pace di Milano in v. Marco D’Agrate 11 a Milano nell’ambito del ciclo di conferenze "Conoscersi per una politica di pace".
Erano presenti Dott. Ryadh Nassir Abdul Razaq Aladhadh (medico specialista in tecnica della riabilitazione e membro del Consiglio cittadino di Baghdad) e Sig.ra Samara Ahmmad Khdir Al-Azawi (rappresentante dell'Iraq Women Society).
L’incontro è stato preparato dai Berretti Bianchi, da Casa per la Pace di Milano, dalla L.O.C. (Lega Obiettori di Coscienza), dalla Campagna Osm (Obiettori alle Spese Militari per la Difesa Popolare Nonviolenta),
L’obiettivo, pienamente riuscito, era quello di farsi raccontare da testimoni diretti la situazione dell’Iraq, la loro versione dei fatti e la loro posizione nel conflitto.
Vi proponiamo quindi, seguendo le indicazioni dagli ospiti proposte, di divulgare il più possibile il loro racconto. La precisione della relazione è viziata dalla traduzione dall’inglese all’italiano e dall’Iracheno all’inglese e all’italiano avvenuta nella serata.
Quello che ci preme diffondere è comunque il contenuto e non i particolari.
Il Dott. Ryadh si è presentato in qualità di medico nella riabilitazione, di membro del consiglio cittadino di Baghdad, responsabile dei diritti umani e dei problemi dell’ambiente ed eletto dal consiglio cittadino di Bagdad per la delegazione in visita alle carceri e per la richiesta di scarcerazione dei prigionieri.
E’ inoltre Presidente dei Berretti Bianchi a Baghdad e dalla sua esperienza di nonviolento in Iraq abbiamo saputo che ha aperto una clinica gratuita per i bambini a Baghdad.

Una storia piena di guerre e di embargo
La sua relazione è iniziata con una panoramica sulla situazione storica ed economica dell’Iraq. Ha dichiarato che la situazione è complessa e difficile. Occorre però trovare una soluzione pacifica per i 26 milioni di abitanti dell’Iraq. L’Iraq ha alcune ricchezze: petrolio, minerali e argento. Aveva 14 università funzionanti, ha 5.000 anni di storia fra il Tigri e l’Eufrate.
Al Nord ha una popolazione in maggioranza curda, al centro ha i sunniti e al sud gli sciiti. Ha una religione al 98% islamica e seconda religione è quella cristiana. Dal 1975 ha avuto un dittatore presidente rappresentato da Saddam. Questo dittatore usò le risorse del paese in maggioranza per la guerra e per la sua grandezza (palazzi). Vi è stata una guerra fra Iraq e Iran durata 9 anni dal 1980 al 1989 con centinaia di migliaia di morti.
Nel 1991 vi è stata la prima guerra del Golfo e in seguito, 9 anni di embargo massiccio in cui molte persone sono morte e il paese da ricco è diventato povero.
Un esempio: nel 1976 la Banca irachena ha prestato soldi alla Francia per una richiesta d’aiuto economico, ora questa situazione è lontana. L’embargo non ha indebolito il dittatore Saddam, ma ha impoverito il paese distruggendo i servizi sociali, le infrastrutture, le attività produttive. Bisogna ricordarsi che sotto Saddam è sempre esistita una resistenza al dittatore e che lo scontro ha prodotto migliaia di morti.
Nel marzo del 2003 inizia da parte degli inglesi e degli americani una nuova guerra d’invasione con la motivazione della ricerca delle armi di distruzione di massa. L’Iraq non è in grado di rispondere ad un simile attacco e tenta una resistenza concentrando le sue forze armate intorno a Baghdad, sguarnendo di fatto i confini dello Stato.
La guerra fino ad ora si stima abbia ucciso 100.000 iracheni e il rapporto fra morti civili e militari è di 6 civili ogni militare morto.
L’occupazione dell’Iraq ha cancellato alcune strutture del paese senza sostituirle ovvero : l’esercito, il ministero degli interni e i sistemi d’informazione.
Ci siamo trovati quindi senza esercito, senza polizia e senza mass-media.
Dai paesi confinanti Siria, Turchia, Kuwait, Iran, Arabia Saudita e Giordania è entrato nel paese di tutto. Due fenomeni sono però molto importanti dovuti a questa assenza di strutture difensive e informative del paese, il saccheggio e il terrorismo.

La situazione in Iraq
Iraq Dai paesi vicini e poi all’interno del paese sono partiti saccheggi e uccisioni da parte di gruppi criminali verso qualsiasi struttura sociale scuole, ospedali, municipalità ecc.
Vi faccio un solo esempio che vi può chiarire la situazione. Avevamo un centro di ricerca nucleare a 20 km da Baghdad.
Dai saccheggi e dai furti sono scomparse 40 barre di uranio e abbiamo ritrovato i contenitori contaminati da radiazioni sia nei fiumi che fra i contadini che il utilizzavano come contenitori per la produzione di prodotti caseari.
Questo per dirvi come si è trasformato l’Iraq.
Le infrastrutture sociali come per esempio le scuole sono state colpite sia dai bombardamenti che dai saccheggi.
Lasciando le frontiere aperte tutti quelli che dai paesi vicini volevano fare la guerra agli americani piuttosto che andare in America a farla, sono entrati nel Paese.
Molti Iracheni sono stati felici della caduta di Saddam e volevano riorganizzare la vita sociale del paese, ripulire le strade dalle armi, rimettere a posto le scuole e gli ospedali, organizzare la Pace, ma ciò non è stato possibile per gli errori segnalati.
Mentre la situazione peggiorava, gli americani lasciavano il Paese senza governo per 5 mesi dopo l’occupazione, abbiamo dovuto far fronte alla confusione e alla guerra, gli americani non controllando la situazione e non dando per esempio medicinali agli ospedali si sono fatti riconoscere come occupanti e senza responsabilità per la vita degli abitanti del paese.
Abbiamo quindi scelto la via del dialogo fra americani e iracheni per ottenere la liberazione del paese, cercando chiarezza su quanto tempo gli americani sarebbero rimasti in Iraq.
Bush però è stato vago e non preciso e ancora adesso non sappiamo cosa vogliono fare gli americani. Alcune volte dicono che se ne vogliono andare, altre volte che rimangono fino al 2005, altre volte fino al 2006 e oltre.
Questa trattativa con gli americani è durata 5 mesi dopo l’occupazione. Una trattativa senza guerra di resistenza, ma per riportare un governo, libertà, pace e giustizia. Gli americani hanno lasciato senza governo il paese per 5 mesi e sono diventati un governo occupante.

Resistenza armata — nonviolenta - terrorismo
Abbiamo allora scelto di occuparci di attivare la democrazia a livello locale in ogni distretto.
Le linee che seguiamo per attrezzarci e non far cadere il paese nella guerra civile sono essenzialmente tre : a livello di vicinato, di distretto e di città.
Creare con questo una prima forma di autogoverno dal basso.
Abbiamo cercato nuovamente un dialogo con gli americani su tre temi Pace, Democrazia e Libertà, andando a dialogare con loro anche in America al Pentagono, al Congresso, alla Casa Bianca per sapere del nostro futuro. Dall’inizio del marzo 2003 al luglio 2003 non c’è resistenza armata, ma dopo la gente vuole sicurezza e si scontrano anche questioni culturali.
Per i mussulmani che sono il 90% in Iraq e soprattutto fra quelli che seguono i principi religiosi si è aperto un dovere ossia quello citato dal corano : se un paese mussulmano è occupato si ha diritto alla resistenza.
Abbiamo chiesto agli americani di andarsene o di dire quando, per tenere la situazione sotto controllo, ma loro non hanno risposto.
Questo ha creato delusione, rancore e frustrazione che ha alimentato la Resistenza.
Questa resistenza è di due tipi una civile e una armata.
Quella armata colpisce e se ne va, quella nonviolenta resta lì ogni giorno a dialogare con l’occupante.
In Iraq ci troviamo di fronte a due tipi di resistenza una armata e una nonviolenta e in più ai terroristi. La stampa internazionale parla però solo di terrorismo. I due gruppi di resistenza sono iracheni, gli armati combattono noi dialoghiamo. La resistenza nonviolenta cerca con il dialogo di migliorare le infrastrutture, i servizi, la sanità, studia i programmi degli americani, dialoga con chi fa la resistenza armata, protegge le famiglie dalle rappresaglie ci si rispetta, loro sono religiosi e noi siamo per il cambiamento.
Il terrorismo si è inserito perché dai paesi vicini chi voleva combattere contro gli americani è venuto in Iraq. Non possono andare a New York, vengono da noi. Gli americani hanno potere, ma non la storia che abbiamo noi e l’Europa.
I terroristi portano con loro soldi e attecchiscono sulla povertà e su alleanze costruite solo per combattere gli americani. Altri terroristi sono appoggiati dagli americani per destabilizzare zone e per azioni sporche per mantenere la loro presenza o eliminare nemici o concorrenti.
L’occupazione deve terminare, per ritornare tutti a lavorare per l’Iraq, se no la pazienza degli iracheni viene meno e tutti passano alla resistenza armata. Per scongiurare questo abbiamo solo 6 mesi di tempo, al massimo 1 anno.
Gli americani poi con i terroristi come i gruppi di Binladen o Al Zarqawi compiono un tragico combattimento, distruggono una città dove sono segnalati. I terroristi a loro volta escono dalla città prima dell’arrivo degli americani e si rifugiano in un'altra città che gli americani poi colpiscono. Se va avanti questo comportamento ad una ad una si distruggono tutte le città irachene.
Per quanto riguarda il petrolio l’Iraq esporta petrolio che viene preso a 30 dollari al barile, ma sui mercati è 52. Noi ci chiediamo insieme a voi chi pagherà il conto della guerra, ma ci chiediamo chi pagherà il conto dei morti delle distruzioni.

Il problema degli arrestati
Abbiamo chiesto come Consiglio cittadino di Baghdad di visitare le prigioni americane dove sono richiusi circa 10.000 prigionieri. La prima, vicina a Baghdad in un area deserta Abu Ghraib e l’altra a sud a 500 km vicino a Bassora Buka. Queste prigioni sono dei campi divisi in settori delimitati da filo spinato. Siamo andati due volte ad Abu Ghraib a giugno e a ottobre e una volta a Buka a novembre 04. I campi sono gestiti solo da americani e non è facile entrare a far visita ai prigionieri.
Vi sono grandi tende e i prigionieri hanno un solo vestito e una coperta e i servizi igienici non sono sufficienti e sono scadenti. La temperatura raggiunge di giorno i 50° e la notte nel periodo invernale anche i -2°. Il clima che si respira in queste prigioni è dato da alcuni esempi raccontati.
Un ragazzo di 16 anni di nostra conoscenza, ha raccontato che dovendo andare ai servizi igienici di notte posta la richiesta alla guardia di turno per tutta risposta è stato lasciato all’addiaccio tutta la notte con la motivazione che la sua richiesta aveva svegliato il militare.
Un altro gruppo avendo richiesto per iscritto la loro liberazione è stato sottoposto all’uso di gas chimici spruzzati all’interno della loro tenda e rimasti all’esterno di essa per due giorni e rientrati nella tenda hanno trovato topi morti. Non si può sapere il tipo di queste sostanze che usano gli americani, ma pensiamo siano delle sostanze che attaccano il sistema nervoso armi chimiche dannose, ma in dosi non mortali. Molta gente sfollata dall’attacco a Falluja è stata portata nei campi di prigionia senza saperne il motivo e molte persone non hanno capi d’imputazione personali.
Prigionieri senza una causa precisata. Abbiamo steso un rapporto su questa situazione per documentarla. Abbiamo diviso in tre gruppi i prigionieri: 1° gruppo di persone arrestate da un anno che non sanno perché sono stati arrestati; 2° gruppo quelli + di 63 anni e dei giovani dai 12 ai 16 anni; 3° gruppo dei malati; di questi chiediamo che vengano rilasciati prima delle elezioni.
Prima dell’inizio delle elezioni del 31 gennaio 2005 sarebbe buona cosa fare l’amnistia.

Quello che vorremmo
A Baghdad abbiamo l’energia elettrica solo 2 ore al giorno, manca l’acqua potabile, non c’è trattamento dei rifiuti, non abbiamo sicurezza e l’inquinamento si estende senza controllo.
Quello che vogliamo è un Parlamento, una Costituzione, un Governo, un Presidente, un Primo ministro eletti dal popolo che ci rappresenti.
Gli americani hanno messo su un governo provvisorio per i provvedimenti a loro favorevoli. Questo governo va sciolto.
Alcuni accettano le elezioni altri no. Il Partito islamico le accetta, ma solo perché una volta eletto il nuovo parlamento gli americani lascino l’Iraq per liberarci dall’occupazione. Dobbiamo discutere con chi è in armi, ma il processo elettorale non deve vedere l’intromissione degli americani.

Le elezioni
E’ stato fatto dall’ONU un comitato elettorale, vogliamo parteciparvi come iracheni.
Sicurezza ed elezioni devono essere assicurate con un comitato elettorale fatto da Iracheni e dall’altra parte si deve accettare il risultato elettorale anche se verranno elette persone che non piacciono. La legge prevede che il 25% dei posti degli eletti sia dato alle donne. Le persone per noi devono essere qualificate e non solo religiosi. Ci sono in Iraq un 25% di analfabeti dato significativo perché questi non eleggono nessuno ma seguono le conoscenze delle persone non le competenze. Un primo provvedimento del governo dovrà essere quello di eliminare questa percentuale di analfabetismo e di fare un progetto per questo. Noi pensiamo che si possa fare questo piano d’istruzione entro due anni. Bisogna anche imparare a votare le competenze e non solo i membri della famiglia, del partito, ma persone capaci. Dobbiamo fare delle scuole per le donne che vogliono entrare in politica per il loro 25% di quota elettorale, formando dei centri per la democrazia delle donne con corsi di statistica, politica, problemi alimentari, lingue, educazione e istruzione.

I gruppi d’appartenenza
In Iraq ci sono i sunniti e gli Sciiti. Questi ultimi sono divisi in due grandi gruppi i filo-arabi che rifiutano l’occupazione e i filo-iraniani che sono in maggioranza che accettano l’occupazione e creano diversi problemi con una loro politica non autonoma. Al Sistani fa parte di questi ultimi. Muqtada al Sadr fa parte della componente filoaraba ed ha deciso di resistere con le armi. Ricordiamo che è figlio di un primo ministro che ha lottato contro Saddam molti lo hanno seguito per il suo passato, perché sciita, perché giovane,perché contro l’occupazione. Nella sua battaglia, nessuno lo ha appoggiato e quando gli americani lo hanno contrastato nelle rappresaglie, usando anche armi chimiche, hanno ucciso tutti i giovani sciiti arabi che sono morti a migliaia per togliere la base al suo consenso. Gli anziani gli hanno detto di smettere, lui ha smesso pur non condividendo l’occupazione e il processo elettorale.
Per poter capire come mai ci sono tante armi sul territorio bisogna ricordare che l’esercito iracheno era ben armato ed era il secondo esercito dell’area medio-orientale. Siamo il 2° produttore di petrolio. Nel periodo di non governo durante l’occupazione, i depositi di armi sono stati svuotati e le armi si sono diffuse per il senso d’insicurezza a tutta la popolazione. Ricordo che molti quadri dell’esercito iracheno erano stati preparati e seguivano le accademie inglesi dell’esercito britannico.
Per la figura carismatica di Al Sistani dovete sapere che lui è sciita della componente filo-iraniana, non rifiuta l’occupazione, ma vuole le elezioni per vincere e dopo allontanare le truppe di occupazione. Ha formato una coalizione sciita di circa 240 gruppi promettendo posti nell’apparato dello stato ad amici, religiosi, tecnici, partiti islamici, capi tribali conta di circa 275 rappresentanti in tutto l’Iraq. Può arrivare a 50 seggi nel futuro parlamento. E’ avvantaggiato dal diffuso senso anti — Saddam e dal senso di rivincita degli sciiti. Il suo raggruppamento è formato da sciiti. Due giorni fa il Ministero della difesa ha attaccato pubblicamente il suo gruppo dicendo che all’interno della sua lista molti rappresentanti vengono dall’Iran. Questo messaggio porta a tensioni interne con gli altri gruppi più nazionali ed autonomi nel percorso di gestione dello stato iracheno che non vedono volentieri l’ingerenza dell’Iran anche in memoria della precedente guerra.
Nella geografia politica dell’area la Siria e la Turchia vogliono autonomia e sicurezza dell’Iraq, invece Iran, Kuwait e Arabia Saudita vogliono meno sicurezza.

Cosa si può fare
Abbiamo richiesto cosa si può fare dall’Italia per aiutarli e la loro risposta è stata la seguente:

  1. diffondete il più possibile queste nostre notizie perché non vi arrivano e servono per conoscerci meglio fra i due popoli italiano ed iracheno e stabilire assieme quale intervento fare per la popolazione;
  2. non abbiamo bisogno di soldati italiani, ma di tecnici per rimettere in piedi scuole ed ospedali, assicurare acqua potabile, energia elettrica, gas e benzina; ricostruire ponti e strade e case;
  3. gemellaggi e ponti culturali fra scuole ed ospedali per riuscire assieme a diminuire la violenza ed aumentare il rispetto fra le popolazioni che qui in Italia comprendono bene il dramma che noi viviamo;
  4. comunicare e denunciare le trappole che i mass-media frappongono alla volontà di pace fra i due popoli.
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