Assolti i 18 attivisti contro i treni della morte del 1991
24 febbraio 2005: assolti perché il fatto non sussiste
Un lungo applauso liberatorio, nell’austera Aula della prima sezione
della Corte d’Appello di Venezia, ha salutato la definitiva sentenza
assolutoria per i 17 nonviolenti imputati del reato di blocco
ferroviario perché “in concorso tra loro ostruivano ed ingombravano i binari
d’entrambe le direzioni di corsa della ferrovia con la presenza fisica
ed anche sdraiandovisi sopra, al fine di impedire la libera circolazione di un
convoglio viaggiante con precedenza assoluta e recante forniture
militari con destinazione Livorno e per il Golfo Persico”.
C’era una bella presenza di amici della nonviolenza oggi a Venezia, per
assistere al processo e portare solidarietà agli imputati. Amici venuti
anche da lontano, da Torino, da Ferrara, da Gorizia.
Moltissime le attestazioni di solidarietà giunte da ogni parte
d’Italia.
Cinque gli imputati presenti: Vincenzo Benciolini, Massimo Corradi,
Vincenzo Rocca, Maurizio Tosi, Massimo Valpiana.
Venivamo da un processo di primo grado (Tribunale di Verona, 27
gennaio 1997) che si era concluso con l’assoluzione “perché il fatto non
sussiste”. Il Pubblico Ministero, che aveva chiesto una condanna a 10
mesi di reclusione, aveva presentato ricorso chiedendo “che la Corte
d’Appello di Venezia voglia condannare tutti gli imputati alla pena di
legge”. Questo processo di secondo grado poteva concludersi in diversi
modi: non luogo a procedere per intervenuta depenalizzazione di alcuni
reati; accoglimento dei motivi dell’appellante e condanna sospesa per
intervenuta prescrizione; rinvio alla magistratura civile per sanzione
amministrativa; assoluzione con diverse motivazioni.
Con i nostri avvocati abbiamo valutato che la prescrizione e la
depenalizzazione non ci avrebbero soddisfatto. Ciò che ci interessava
era la piena assoluzione e quindi il riconoscimento da parte della
magistratura della legittimità del nostro agire. Quindi gli avvocati
presenti (Sandro e Nicola Canestrini di Rovereto, Maurizio Corticelli
di Verona, Nicola Chirco di Bologna) erano pronti a discutere la causa nel
merito. Forse i giudici non si aspettavano di trovarsi davanti il
collegio di difesa al gran completo, né di vedere l’aula piena di
pubblico. In apertura di udienza, dopo i preliminari di rito, il
Procuratore Generale ha ritirato l’appello avverso la sentenza
assolutoria di primo grado che era stato presentato dal Pubblico
Ministero di Verona. I Giudici si sono quindi ritirati alcuni minuti in
camera di consiglio e poi il Presidente ha dato lettura della decisione
di confermare in via definitiva la piena assoluzione di tutti gli
imputati “perché il fatto non sussiste”. Dunque una vittoria della
giustizia, del diritto, della nonviolenza. La sentenza, oggi
definitiva, farà da precedente per altre future azioni nonviolente. Vale forse la pena di evidenziare qualche passo delle motivazioni assolutorie: “…
essendo stata l’azione comunque posta in essere per salvare delle vite
umane compromesse dall’arrivo in Iraq dei carrarmati trasportati sul
convoglio…. (…) … porre in essere una manifestazione nonviolenta a carattere meramente simbolico rientrante nell’ambito dei diritti costituzionalmente garantiti ed in particolare quello della libera manifestazione del pensiero con riferimento al ripudio della guerra come mezzo per risolvere le controversie
internazionali (forse per trovare un po’ di spazio sui mass media
impegnati in quei giorni in una gara generale di conformismo, nel
cercare di convincere, appiattendosi acriticamente sulla posizione assunta dal
governo allora in carica, l’opinione pubblica italiana che quella che
si andava a combattere in Iraq non era una guerra ma ‘un’operazione di
polizia internazionale’”….(…) … La manifestazione inscenata dai pacifisti del
Movimento Nonviolento è stato un semplice atto dimostrativo di
carattere meramente simbolico finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica in ordine al pericolo di risolvere con le armi le controversie
internazionali…. (…) ….E che l’intenzione fosse quella cui si è detto,
vi è chiara traccia anche nel comunicato, pienamente coerente col
comportamento tenuto dagli imputati, letto in udienza e fatto proprio
da quelli di loro presenti: “quando partecipammo a quella manifestazione
nonviolenta eravamo perfettamente consci di non essere in grado di
fermare se non simbolicamente l’escalation della guerra… la nostra è
stata un’azione che è andata più in là della politica, nella speranza
di poterla un giorno contaminare….”.
E’ una sentenza che andrebbe letta sui banchi di scuola. Una sentenza
che accoglie il senso profondo della nostra azione nonviolenta: bloccare un
treno che porta un carico di morte non è reato, ma è un atto coerente
con la legge suprema della vita.
La democrazia italiana oggi ha fatto un passo in avanti. La nonviolenza
è cresciuta.
E’ stata una vittoria di tutti.
E' una sentenza che ci assolve definitivamente dall'accusa di blocco
ferroviario per aver fermato il "treno della morte", alla Stazione di
Balconi di Pescantina il 12 febbraio 1991, proveniente dalla Germania e
diretto a Livorno, carico di mezzi militari destinati alla prima guerra
in Iraq.
Siamo stati assolti "perchè il fatto non sussiste" in quanto in
sostanza i Giudici riconoscono che la nostra azione diretta nonviolenta era tesa
"non già ad impedire od ostacolare la libertà dei trasporti ma a
rendere palese e ad esternare una posizione di non allineamento a quella degli
organi ufficiali" ed inoltre viene riconosciuta la correttezza e la
coerenza della nostra resistenza passiva.
Grazie a tutti.
Questa "vittoria di tutti" è stata ottenuta con il concorso di
tantissimi amici della nonviolenza. In primo luogo vogliamo ringraziare gli
avvocati della difesa, che con generosità, competenza, e autorevolezza hanno
patrocinato la causa. Grazie di cuore a Sandro e Nicola Canestrini,
Maurizio Corticelli, Nicola Chirco, Giuseppe Ramadori. Questi avvocati
costituiscono una preziosa risorsa per tutto il movimento. Senza di
loro non avremmo ottenuto un risultato così soddisfacente.
Grazie alle tantissime persone e gruppi che da ogni parte d'Italia
hanno fatto pervenire la loro solidarietà, determinante far capire ai giudici
che il blocco nonviolento non era un'azione estemporanea, ma esprimeva
la profonda persuasione di un sentire comune e diffuso.
Grazie a Padre Angelo Cavagna e al prof. Antonio Papisca, che con le
loro testimonianze al primo processo hanno offerto ai giudici le profonde
motivazioni morali e giuridiche per dichiarare illegittima quella
guerra, e tutte le guerre.
Grazie a chi ha sempre dato una corretta e puntuale informazione, senza
la quale non sarebbe cresciuto il consenso attorno a noi. Grazie in
particolare a "La nonviolenza è in cammino" foglio quotidiano di
approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Grazie a chi prima di noi, con sacrificio personale, ci ha insegnato
cos'è la nonviolenza e ci ha fatto capire, con l'esempio, la forza e
l'efficacia dell'azione diretta nonviolenta.
Grazie ai nostri figli, non ancora nati nel 1991, oggi adolescenti, che
ci hanno sostenuto con la loro vivace freschezza, con leggerezza e
passione. Grazie al Movimento Nonviolento che ha messo a disposizione
tutte le risorse ideali e materiali necessarie.
Grazie alla magistratura, che ci ha giudicato con imparzialità e in
autonomia, ed ha saputo applicare con coraggio lo spirito della legge.
Grazie a chi utilizzerà questa sentenza per proseguire il cammino della
nonviolenza.
Mao Valpiana
a nome di tutti i 17 imputati, assolti.
Verona, 25 febbraio 2005
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