Oggi il Corriere della Sera ha raccolto la testimonianza di un giovane di 23 anni che ha lasciato Mariupol. Le parole di questo giovane cozzano tantissimo con la retorica dell'eroismo patriottico di cui parla Zelensky. Eccole.
«Poco dopo aver mandato quel messaggio al Corriere, il momento più brutto. Ho scoperto che una cosa è sentire una bomba da dentro il rifugio, un’altra è mentre sei fuori, all’aperto. Ero andato a cercare la linea telefonica e stavo tornando. Da una parte avevo un lunghissimo palazzo chiuso, dall’altra un parco vuoto. Ho sentito il rumore del jet e mi sono paralizzato. Il rombo dell’aereo fa paura, mi hanno insegnato che hai pochi secondi per ripararti in un androne, ma lì non avevo rifugi. Un soldato ucraino mi ha scosso urlandomi da lontano di ripararmi contro un muretto. Ho fatto in tempo ad accucciarmi che ho visto l’onda d’urto trasformare in materia molle pietre e mattoni agitandoli come una bandiera. In una frazione di secondo i vetri si sono gonfiati come bolle di sapone, allo scoppio ho sentito tutto il rumore che non avevo sentito prima. La bomba era caduta a 4-500 metri».
«Mariupol non esiste più, un palazzo sì e uno no del centro è danneggiato o bruciato. Non so se basteranno 20 anni per riavere la città che era un mese fa. È morta, perché restare?» Dopo l’incubo, la felicità della salvezza. «È successo al primo check point ucraino dopo i tantissimi russi. Da dove arrivate? Mariupol. Via via, andate. Purissima gioia. Il gatto si è spaventato per le nostre urla».