Dall'entusiasmo alla disillusione: l'Ucraina e la lezione della Prima guerra mondiale

La storia sembra ripetersi. Giovani entusiasti, spinti da ideali di difesa della patria e da un interventismo acceso, partono per il fronte convinti di combattere per una causa giusta. È ciò che accade oggi in Ucraina, così come accadde in Europa oltre un secolo fa, con la Prima guerra mondiale.
Allora, migliaia di giovani europei marciarono verso il fronte con un senso di gloria e di missione. La retorica nazionalista e l’idealismo romantico della guerra li aveva convinti che il conflitto sarebbe stato breve e nobilitante. Lo stesso spirito animava i giovani britannici che diventarono poi i war poets, poeti di guerra come Wilfred Owen, Siegfried Sassoon e Rupert Brooke. Partiti con entusiasmo, tornarono con un carico di orrore e una visione disillusa, descrivendo nei loro versi la guerra come un'inutile carneficina.
Anche in Italia, l’esperienza del fronte trasformò molti interventisti. Giuseppe Ungaretti, che aveva aderito alla guerra come volontario, ne restò profondamente segnato. La sua poesia "San Martino del Carso" esprime l’orrore di un mondo distrutto, la desolazione di un paesaggio svuotato dalla morte e dalla sofferenza. Quello che era iniziato come uno slancio patriottico si trasformò in una profonda riflessione sulla caducità della vita e sull'assurdità del conflitto.
Oggi, in Ucraina, assistiamo a una dinamica simile. Giovani volontari partiti con determinazione tornano dal fronte con ferite, fisiche e morali. Interviste e testimonianze raccontano di soldati che, dopo mesi di combattimenti, non vedono più eroismo, ma solo distruzione. La guerra, che all’inizio appariva come una difesa necessaria, diventa progressivamente un vortice di morte da cui è difficile uscire.
La Prima guerra mondiale ci ha insegnato che l'entusiasmo iniziale può cedere il passo a una coscienza più profonda. La speranza è che questa lezione venga recepita prima che un'intera generazione venga sacrificata sull'altare della guerra. Come ieri, anche oggi è necessario dare ascolto a chi, con la propria esperienza, denuncia l’insensatezza del conflitto. Non c’è gloria nella trincea, ma solo vite spezzate e sogni infranti. E la pace resta l’unico orizzonte che valga davvero la pena di perseguire.