Palestina

Nascita e declino del progetto ultranazionalista

quella terra contesa invasa in nome di Dio
17 agosto 2005
Michele Giorgio
Fonte: Il Mattino

«Non una, ma cento Elon Moreh», aveva scandito l’allora primo ministro Menachem Begin, durante la campagna elettorale del 1977 che avrebbe portato il suo partito di destra - il Likud - per la prima volta al potere in Israele. Si riferiva alla colonia di Elon Moreh, fondata qualche anno prima nei pressi di Nablus (Cisgiordania) da un gruppo di religiosi ebrei ultranazionalisti. Con Elon Moreh era stato dato il via, di fatto, alla colonizzazione massiccia dei Territori palestinesi, occupati da Israele durante la «Guerra dei sei giorni» del 1967. Oggi a Gaza, con i coloni trascinati via con la forza dai soldati israeliani, forse finisce il sogno del sionismo religioso che ha avuto la sua ragion d’essere proprio nel controllo di tutta «Eretz Israel», la terra che secondo la narrazione biblica Dio aveva donato al popolo ebraico. Il sionismo religioso non è finito, ma lo sgombero degli insediamenti di Gaza e di altri quattro nel nord della Cisgiordania lo priva di una parte di quel territorio al quale ha sempre fatto riferimento nella sua totalità. Artefice di questa «mutilazione» è oggi proprio Ariel Sharon, ovvero l’uomo politico che più di ogni altro in Israele ha sostenuto la costruzione di decine di insediamenti in Cisgiordania e Gaza. Quegli stessi insediamenti che ora ordina di sgomberare. La colonizzazione delle terre palestinesi da parte degli israeliani (cioè la costruzione di interi paesi e cittadine destinate agli ebrei in territorio arabo) ebbe inizio nel settembre 1967, con la costruzione di Kfar Etzion (Cisgiordania), nonostante le dichiarazioni dell’allora governo laburista di essere disposto a scambiare i territori conquistati appena due mesi prima, per arrivare alla pace. Il travolgente successo militare di Israele nella «Guerra dei sei giorni», aveva acceso il fervore nazionalista nei gruppi ultrareligiosi, che videro in quella vittoria l'inizio della «Redenzione» di tutta Eretz Israel. È in quel periodo che nacque il movimento del Gush Emunim - il «Blocco della Fede» - che si autoproclamò l’avanguardia della volontà del Dio degli ebrei, la spada che avrebbe riscattato tutti i luoghi sacri menzionati nella Torah. La Samaria - il nord della Cisgiordania palestinese - riveste un ruolo fondamentale nella storia ebraica. «Molti di noi sentirono il dovere di colonizzare i luoghi - ha raccontato successivamente Israel Harel, uno dei leader del Gush Emunim - che per noi erano stati “liberati” durante la guerra del 1967. Shilo per trecento anni era stato la sede del Tempio prima che questo fosse costruito a Gerusalemme, ma poi c’erano Hebron, l’antica capitale, e molti altri luoghi. Insomma, sentivamo che, per noi ebrei, un sogno lungo migliaia di anni si stava realizzando». I laburisti dopo iniziali divieti, come nel caso di Elon Moreh, lasciarono fare, convinti che contribuendo alla «Redenzione» avrebbe arrestato l’emorragia di consensi che li stava condannando alla sconfitta. Nel 1977, alla vigilia della vittoria elettorale della destra, in Cisgiordania c'erano già quasi 30 colonie, con un totale di circa 4.500 abitanti. Alla fine di quell’anno il governo del Likud decise di insediare i nuovi coloni direttamente all'interno delle aree palestinesi. In quel modo il partito di Begin accontentò i «mizrahim» (gli ebrei di origine mediorientale) con la terra e con la possibilità di un elevamento socioeconomico e allo stesso tempo stabilì un alleanza strategica con i religiosi nazionalisti. Nel settembre 1977, Ariel Sharon presentò il suo progetto chiamato «Una visione di Israele per la fine del secolo», che prevedeva una nuova ondata di immigrazione in Israele, con l'insediamento entro la fine del millennio di due milioni di coloni nei Territori palestinesi occupati. Sharon ed i suoi seguaci credevano che creando una maggioranza ebraica in Cisgiordania e Gaza avrebbero messo Israele nell'impossibilità di rinunciare a quei territori, se non a costo di espellere centinaia di migliaia di ebrei e precipitare in una guerra civile. Il Gush Emunim si proclamò suo alleato e strappò la promessa di aiuti governativi sempre più generosi per le colonie e tutti coloro che intendevano trasferirsi in quelle località. Ma il sogno del sionismo religioso si è infranto il 18 dicembre del 2003 quando proprio Ariel Sharon - l’alfiere della colonizzazione, che aveva urlato assieme a Menachem Begin “non una ma cento Elon Moreh” - durante una conferenza a Herzliya, ha annunciato il «disimpegno unilaterale» di Israele dai territori palestinesi, anche attraverso la rinuncia a Gaza e, in definitiva, alla redenzione di tutta Eretz Israel.


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