Palestina

Comunicato Stampa CS125-2003

Israele/Territori Occupati: Amnesty International chiede la fine delle chiusure e delle restrizioni di movimento

8 settembre 2003
Ufficio Stampa Amnesty International

"Israele deve cessare di imporre restrizioni di movimento sproporzionate e
discriminatorie nei confronti dei palestinesi nei Territori Occupati. Esse
hanno messo in ginocchio l'economia palestinese e sono causa di diffusa
povertà, disoccupazione e crescenti problemi di salute", ha dichiarato
Amnesty International in un nuovo rapporto reso pubblico oggi.

Le chiusure, le ostruzioni, i posti di blocco, i coprifuoco e tutta una
serie di ulteriori restrizioni imposte dall'esercito israeliano hanno reso
difficili, pericolosi e spesso impossibili anche i più brevi tragitti tra
le città e i villaggi, sottoponendo di fatto tre milioni e mezzo di
palestinesi a una sorta di arresti cittadini.

Il rapporto "Sopravvivere sotto assedio - L'impatto delle restrizioni di
movimento sul diritto al lavoro" prende in esame le conseguenze di tali
misure. Esse spesso impediscono ai palestinesi di raggiungere il posto di
lavoro o distribuire i propri prodotti; le fabbriche e le imprese agricole
falliscono a causa delle forti perdite economiche, dell'elevato aumento del
costo dei trasporti e della perdita dei mercati per l'esportazione. La
disoccupazione è salita al 50%, più della metà della popolazione vive
attualmente al di sotto della soglia della povertà e si registra un aumento
dei casi di malnutrizione e di altre malattie.

La maggior parte dei palestinesi dei Territori Occupati è costretta a
dipendere per l'alimentazione e altre necessità primarie, almeno in parte,
dalla beneficenza.

"La presenza di associazioni benefiche e umanitarie non assolve Israele
dall'obbligo di garantire il diritto al lavoro dei palestinesi, in modo
tale che essi possano mantenere se stessi e le proprie famiglie in
condizioni di dignità", ha affermato Amnesty International.

L'organizzazione per i diritti umani sottolinea che Israele ha il diritto
di adottare misure ragionevoli, necessarie e proporzionate per proteggere
la sicurezza dei propri cittadini e dei propri confini dagli attacchi dei
gruppi armati palestinesi, ricorrendo anche a restrizioni di accesso al
proprio territorio. Tuttavia, non ha il diritto di imporre misure e
punizioni di natura arbitraria, discriminatoria e collettiva nei confronti
della popolazione palestinese.

In quanto potenza occupante Israele ha l'obbligo, sulla base del diritto
internazionale, di assicurare la libertà di movimento, un adeguato standard
di vita e condizioni di vita le più normali possibili. Le restrizioni
imposte da Israele violano questi obblighi e, in molti casi, costituiscono
punizioni collettive proibite dal diritto internazionale.

"Centinaia di migliaia di palestinesi non devono pagare per i crimini
commessi da un gruppo di individui", ha dichiarato Amnesty International.
"Qualunque restrizione al movimento delle persone e dei beni dovrebbe
essere imposta solo in relazione a specifiche minacce alla sicurezza e se
risulti non discriminatoria, necessaria e proporzionata rispetto
all'obiettivo e alla durata".

La costruzione, negli ultimi mesi, di un muro/una recinzione all'interno
della Cisgiordania sta causando ulteriori restrizioni al movimento dei
palestinesi, separando decine di migliaia di persone dal resto della
Cisgiordania o dai loro terreni e dall'acqua necessaria all'irrigazione.

"Israele deve astenersi dal costruire muri/recinzioni o altre strutture
fisse all'interno dei Territori Occupati che costituiscano o determinino
restrizioni permanenti al libero movimento dei palestinesi nei Territori
Occupati o l'arbitraria distruzione o confisca delle loro proprietà".

Israele sostiene che il muro/la recinzione in costruzione hanno lo scopo di
impedire ai palestinesi di entrare in Israele per compiere attacchi.
Tuttavia, questa struttura si estende per buona parte all'interno della
Cisgiordania e non coincide con i confini precedenti al 1967 tra Israele e
Cisgiordania. Questo, con l'obiettivo di isolare le comunità locali
palestinesi dai circostanti insediamenti israeliani, che sono stati
costruiti in violazione del diritto internazionale.

Amnesty International ha inoltre sollecitato Israele a porre immediatamente
fine alla costruzione o all'espansione degli insediamenti e delle
infrastrutture ad essi relativi e a prendere misure per trasferire i coloni
israeliani dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza.

"Israele non avrebbe mai dovuto trasferire la sua popolazione civile nei
Territori Occupati. Si tratta di una violazione del diritto internazionale
umanitario, cui ora deve essere posto rimedio assumendo misure concrete per
trasferire i coloni. Gli insediamenti non solo sono illegali, ma sono
costruiti e mantenuti in modo discriminatorio e rappresentano la causa
immediata di molte delle restrizioni arbitrarie di movimento e di altri
abusi dei diritti umani", ha affermato Amnesty International.

Amnesty International ha inoltre rinnovato la richiesta ai gruppi armati
palestinesi di porre immediatamente fine alla loro politica di uccisioni e
attacchi contro i civili israeliani, compresi i coloni, tanto all'interno
di Israele quanto nei Territori Occupati.

"Allo stesso modo, l'Autorità Palestinese deve prendere misure urgenti per
impedire gli attacchi dei gruppi armati palestinesi e svolgere indagini
esaurienti su tutti i casi", ha ribadito Amnesty International. "L'Autorità
Palestinese deve inoltre assicurare che i responsabili di tali attacchi
siano sottoposti a procedimenti giudiziari conformi agli standard
internazionali in materia di processi equi".

Amnesty International ha infine rinnovato la richiesta alle autorità
israeliane affinché pongano immediatamente fine alle esecuzioni
extragiudiziali e ad altre uccisioni di civili.

Roma, 8 settembre 2003

Note: Il rapporto "Sopravvivere sotto assedio - L'impatto delle restrizioni di
movimento sul diritto al lavoro" è disponibile in versione integrale e
sintesi presso il sito Internet di Amnesty International ai seguenti
indirizzi:
http://web.amnesty.org/library/Index/ENGMDE150012003
http://web.amnesty.org/library/Index/ENGMDE150642003

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