Israele rilancia la logica della forza
Quali sono le opzioni ragionevoli se si vuole liberare un prigioniero o interrompere la pioggia di missili che cade sul sud di Israele? E' così semplice che solo gli imbecilli possono ignorarlo: o si negozia, o si va a un'azione militare.
E' facile dire come comincia l'azione militare, molto più difficile sarere dove porterà. Ma per analizzarla bisogna guardarla non solo nei termini militari, bensì come atto che ha significati politici. Forse i lettori ricordano un certo caso Moro in Italia? Posso solo dire che quando ho appreso dei preparativi militari in corso nel sud di Israele e poi ho sentito le prime versioni sull'invasione a Gaza, ho avuto ben chiaro che il governo israeliano farà un grande scandalo se il soldato prigioniero dovesse morire, ma avrà contribuito alla sua morte con l'invasione.
Non solo. Quanti palestinesi e quanti giovani soldati israeliani pagheranno con la loro vita per la decisione presa? Non lo sanno i nostri grandi strateghi? E se lo sanno, qual'è l'agenda reale nascosta tra la distruzione seminata dalle nostre truppe, la sofferenza che creano, e gli arresti delle ultime 24 ore? E chi appoggia questa sciagurata politica e ne traggono vantaggio anche in campo palestinese?
Oh opinione pubblica illuminata, guarda che barbari e inumani sono i metodi dei palestinesi! Sequestrano un giovane e simpatico soldato! Dimentica perfavore che noi ne abbiamo sequestrati molti, qualcuno specificamente per servire da ostaggio come Sheik Dirani del Libano.
No, certo l'esercito israeliano non vuole rioccupare la Striscia di Gaza, benché ora rischia di impantanarvisi di nuovo anche se questa non è precisamente ciò che vogliono le sagge menti che ci guidano. Si tratta sostanzialmente di raggiungere alcuni obiettivi, in continuità con la politica di Ariel Sharon e Ehud Olmert.
Il primo obiettivo è interno: gli israeliani devono confidare nei nostri leader, che sanno usare la forza anche quando manca di logica. Il secondo obiettivo è più generale: «signori, non abbiamo perso la forza dissuasiva del più potente esercito della regione, e chi non lo vuol capire ne soffrirà le conseguenze». Questo a sua volta porta a due obiettivi politici più generali.
La strombazzata democrazia di George Bush, di Sharon e altri complici, ha portato ad alcuni risultati sgradevoli e ora l'esercito può usare la provocazione costruita dall'avventurista Haled Mashal. Per la stupidaggine criminale del leader di Hamas, seduto nel suo comodo esilio a Damasco, la sofferenza del suo popolo non conta se questo permette di continuare nella sua strategia fondamentalista. Che coincide con il fondamentalismo israeliano. Mashal crede che Ismail Haniyeh e i suoi colleghi sono fin troppo pragmatici, e Olmert e il suo progetto non vedono di buon occhio la faccenda: le azioni delle ultime ore puntano a sgretolare il governo eletto dai palestinesi.
Tra i fedeli di Abu Mazen in queste ore qualcuno fa notare che Hamas con la sua politica ha portato alla crisi. Condannano con parole dure l'azione israeliana ma accusano Hamas di averla provocata e mettono l'accento - questo è giusto - su Mashal e la sua fazione.
Forse non è giusto diffidare delle persone, ma già sentiamo voci palestinesi insinuare in modo velato che non sarebbe un gran danno se Israele provocasse la caduta del governo di Hamas, e già si immaginano di andare a nuove elezioni in cui, questa volta, vinceranno.
Ma non è tutto. Da parte di Israele forse l'obiettivo più importante è dimostrare ancora una volta che non c'è un interlocutore da parte palestinese. E se è così, non è necessario negoziare; in altre parole si deve continuare con la politica del ritiro unilaterale. E' come dire che la «pace» sarà un mito dettato unilateralmente da Israele, ignorando i diritti e le aspirazioni dei palestinesi. E questo sarà possibile anche grazie al silenzio internazionale di questi giorni, in Europa e nei paesi arabi. Qualche centinaio di israeliani saranno l'unica protesta di questi giorni contro la politica stupida e criminale del nostro governo.
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