Il sogno infranto dell'infanzia normale
Il tempo gioca a favore di una radicalizzazione di un conflitto che oramai coinvolge tutto il «grande Medioriente» come pensato nella strategia della guerra permanente totale dell'amministrazione Bush. L'arco di crisi che parte dall'Afghanistan e arriva a Gaza passando per Beirut è, infatti, oggi un unico grande fronte sul quale non sembra più esserci spazio per un dialogo civile e il rispetto dei più elementari diritti umani. Cosa succede esattamente dietro questo fronte fatto di sanguinosi attacchi suicidi e di ancora più feroci rappresaglie, chi e cosa muore quotidianamente nel «tempo della guerra»?
Se guardiamo la realtà dal nostro osservatorio nei campi profughi nel sud del Libano, ma anche da Gaza o da Baghdad, se parliamo con i bambini che ogni giorno cercano un pezzo di terra sicuro sul quale svolgere il sogno di un'infanzia «normale» cioè giocosa, la risposta è drammaticamente chiara, è questo sogno infantile che muore e con esso un mondo di pace. Non è un caso che questa guerra totale faccia più vittime tra i civili che tra i militari, perché è esattamente questo che si vuole, è il sogno che bisogna abbattere, ancora prima della democrazia o dei diritti umani. In questo Hezbollah o Tachalal sono alleati, come lo sono Bush e al Qaeda. Nessuno di loro può oramai vivere un tempo di pace perché la loro stessa ragione di esistere scomparirebbe, e la pace è un sogno che si forma nell'infanzia appunto, nella ricerca di un luogo adatto giocare senza saltare in aria.
L'Onu lanciato una ennesima proposta di interposizione in Libano senza però poter dire, a causa della politica Usa e dell'inconsistenza europea, quando tutto questo dovrebbe concretizzarsi. Tutti sappiamo che in politica una buona idea è nulla senza il tempo giusto e che quando il tempo non viene nominato si vuole soltanto che la politica prenda atto dei fatti compiuti. Le forze dell'Onu sono in Libano da anni, come lo sono in Palestina e sul Golan, senza che questo abbia mai impedito alle parti di fare ciò che meglio credevano.
Le soluzioni rapide ci sono e molte sono nelle mani della Ue, a partire dalla denuncia degli accordi di preferenza con Israele per arrivare all'applicazione immediata delle clausole in rispetto dei diritti umani in tutti gli accordi commerciali vigenti con quel gruppo di paesi, Siria , Iran e Libano inclusi. Il nostro paese deve più sganciarsi risolutamente dal pantano afghano come abbiamo deciso di fare in Iraq, dato che il fronte è realmente lo stesso. Il parlamento ha ora dei mesi per ridiscutere la missione Nato, è un tempo sufficiente per farlo e deve essere fatto, pena la connivenza italiana con la logica della guerra come strumento principale della globalizzazione liberista, e dunque non solo in aperta contraddizione con l'articolo 11 della Costituzione ma anche con la maggioranza della pubblica opinione. Infine una parola di chiarezza sui corridoi umanitari per il Libano richiesta da più parti. La nostra organizzazione continua a rimanere in Libano non solo per scopi umanitari ma soprattutto per assicurare il diritto del popolo libanese all'autodeterminazione, perché l'umanitario non diventi la scusa per lavare una coscienza politica che spende tanto più in aiuti quanto meno si impegna per la giustizia.
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