Libano, la piccola guerra non è più tanto piccola
Negli ultimi giorni era già chiaro che la guerra israeliana in Libano non si svolgeva solo da comodi aerei o navi da guerra. Sapevamo che al di là delle dichiarazioni del governo israeliano alcune unità avevano iniziato a combattere oltre la frontiera israeliana. Adesso è già ufficiale che il governo ha inviato truppe terresti e che inizia un nuovo ed ancor più pericoloso capitolo.
Come se tutto ciò non bastasse, adesso è chiaro che gli americani cercano di evitare un rapido cessate il fuoco, giacché la nostra guerra, i nostri morti, possono essere un buono strumento per far avanzare i loro oscuri interessi imperialistici. Se in un passato vicino dubitarono su un attacco alla Siria che estendesse la guerra in Iraq, adesso si possono permettere i colpi a Hezbollah, che potrebbero portare a un colpo ancor peggiore ad Assad a Damasco. Quando si sa che oltre 300 persone sono morte in Libano, decine a Gaza, che in entrambi i luoghi la distruzione è enorme e che tutto ciò non è una buona ragione per avanzare dubbi o critiche verso il governo israeliano. Ma nelle ultime ore è differente: si sentono i monotoni e luttuosi annunci della radio israeliana sui nomi dei soldati caduti, il luogo e l'ora della sepoltura, i familiari vengono intervistati e in tutti i casi è chiaro anche agli israeliani che il morto aveva un nome, una vita ed una vita da vivere. Ora la guerra non è solo un'enorme vendetta, o una redistrubuzione delle forze politiche nella regione, o regolamento di contri tra criminali. Di colpo acquista realismo, ha un prezzo, cadono i nostri giovani.
Bombardiamo il nostro futuro
La verità è che il prezzo è molto più alto: al di là delle vittima dirette, delle vite troncate, dei danni materiali, la vera domanda è qual è il senso della nostra vita adesso, qui e nel futuro. Come potremo sopravvivere alla vergogna? Non basta l'analisi politica e morale, chi vince, chi perde. E' in queste ore che le nazioni devono interrogare le loro coscienze, le loro anime, il loro futuro, la vita che preparano per le loro società. Più in là dei morti e della distruzione che seminano le nostre truppe a Gaza ed in Libano, mi terrorizza il fatto di essere arrivati ad un punto in cui praticamente tutta la nostra vita si sviluppa sotto la logica della forza, della guerra, della morte. Siamo arrivati ad un grado di enorme ipocrisia e cinismo e ormai sono poche le voci che parlano della responsabilità di un popolo. La vecchia retorica della minaccia all'esistenza, il cattivo uso e l'abuso dell'Olocausto, ci fanno tornare a una filosofia puramente barbara: la lotta per la sopravvivenza - più supposta che reale, in Medio Oriente Israele è ancora una minipotenza - giustifica tutto, incluso la condotta animalesca e brutale. E guidata da questo spirito barbaro, dalle menzogne e da generali ciechi alla realtà ed al futuro, la nazione israeliana semina morte e distruzione e forgia per sé stessa un oscuro futuro. Già non ci sono limiti né dubbi sull'uso della forza, le poche voci che si oppongono alla demenziale linea dei nostri dirigenti, sono ancora poche. Alcuni intellettuali, i nostri «intellettuali pacifisti di professione», già sono saliti sul carro dei presunti vincitori, del partito della «guerra giusta...ci hanno attaccato...».
Poco dopo la guerra del 1967, il professore Yeshaiu Leibovitz, un saggio religioso, medico e studioso della Bibbia, avvisò del cancro dell'occupazione per l'anima del popolo, avvisò anche che se non si trovava la via per la pace tra israeliani e palestinesi, nel futuro ci saremmo trovati di fronte tutto il mondo islamico. I nostri saggi leader, presi della logica della forza, con una linea che nulla ha a che vedere con la legittima difesa o la lotta per la pace ci portano nuovamente a un vicolo cieco senza uscita e rispondono con una violenza da bullo di quartiere.
Hezbollah, all'attacco.Hezbollah non deve sollevare simpatie. Essere attaccato dall'esercito israeliano non migliora le sue caratteristiche criminali. Hezbollah non sempre si è accontentato di «azioni liberatrici» nel sud-Libano, è stato anche coautore con l'Iran di attacchi puramente criminali come i due contro la comunità ebraica in Argentina in cui furono assassinate quasi 200 persone per il semplice fatto di essere ebrei o di passare vicino all'edificio dell'ambasciata israeliana e della Comunità ebraica locale. Hezbollah è asservito agli interessi di regimi totalitari e criminali che opprimono i loro popoli, ma che possono relativamente occultare la pressione con una politica attiva in ambito internazionale. E ciò vale soprattutto per l'Iran. Le relazioni di forza nel Libano dopo l'assassinio di Hariri hanno indebolito Hezbollah, siriani e iraniani. Assad ha già visto la sua poltrona in pericolo quando ha esagerato un po' con l'Iraq. Il presidente iraniano si trovava di fronte al G8 che avrebbe potuto portare ad una maggiore pressione internazionale sul suo paese. L'attacco di Hezbollah è arrivato in un'ora ideale per neutralizzare il G8. Se hanno considerato o meno che la reazione sarebbe stata forte, non aveva importanza: in ogni caso l'idea era che sarebbero usciti rafforzati dallo scontro militare. I morti e la distruzione nel Libano sono considerati come passi che potrebbero far loro recuperare una posizione egemonica e, chissà, addirittura facilitare il ritorno delle truppe siriane, ritiratesi dopo la crisi Hariri.
Usa e Europa
Gli Stati uniti hanno detto che si oppongono alla richiesta di un cessate il fuoco avanzata nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. Bush e Cheney vedono con piacere un esercito israeliano che sta facendo cose che loro vorrebbero fare, ma che non possono. La demenziale politica Usa in Iraq ed Afghanistan ed il prezzo che fa pagare anche in termini di vite americane, ha infatti già dettato i limiti dell'uso immediato della forza.
Il peggior pericolo di questa politica di appoggio alla linea israeliana è dato da una escalation che potrebbe toccare il vertice con un attacco alla Siria. Ciò potrebbe essere un buon prologo per portare l'Iran a difendere la Siria ed aprire così tutti i peggiori scenari possibili.
L'Europa, un po' più cosciente degli esplosivi pericoli della situazione, ha iniziato a cercare alcune soluzioni che limitino le ostilità ed anche i paesi arabi hanno iniziato nelle ultime ore a provare ad influire sugli Usa perché capiscano che stanno giocando con il fuoco. Questo punto potrebbe essere cruciale visto che i nordamericani capiscono che il limite all'uso della forza israeliana passa attraverso gli interessi degli alleati arabi di Washington. Quest'ultima non si lamenta per un po' di colpi a Hezbollah, ma teme il momento in cui la guerra possa rivelarsi un fiasco o attuare come un boomerang sui loro regimi.
La presente relazione di forze nella regione, l'appoggio internazionale alla «guerra difensiva», gli interessi Usa in gioco, tutto ciò rende chiaro che una rapida reazione internazionale, in questo caso europea, potrebbe essere il freno reale a ciò che sta succedendo. Il governo Prodi può essere - dovrebbe essere - chiave per un'uscita diplomatica alla presente situazione.
Amos Oz e Yeoshua
Di fronte alla paralisi imposta fino ad ora dagli americani a possibili vere iniziative diplomatiche nonostante l'annuncio della «missione» della Rice, si fa più grave l'escalation delle ultime ore con Israele che convoca forze di riserve per la guerra terrestre in Libano. I nostri generali hanno dimenticato tutti gli errori ed orrori che ci hanno impantanato in Libano per 18 anni e parte del pacifismo ha dimenticato la necessità di svelare da subito le menzogne della guerra. Mentre Amos Oz e Yeoshua già parlano di guerra giusta, il primo soldato di riserva si rifiuta di servire nell'esercito, ma in Ometz Lesarev (gruppo che si rifiuta di servire nei territori occupati), anche lì, c'è chi parla di guerra difensiva. In quanti saranno oggi alla manifestazione dei pacifisti a Tel Aviv? Questo è difficile da valutare. Anche nel 1982 un'immensa maggioranza appoggiava la guerra nei primi giorni (oltre il 95%!) e solo il sangue (israeliano) versato e la coscienza che Sabra e Chatila erano un crimine terribile, solo quello fece crescere l'opposizione. Il governo israeliano è tornato alla politica degli anni '70 e '80, in cui, con la guerra iniziata da Sharon, si cercò di stabilire un regime «amico» a Beirut. La cecità dei generali e dei politici ha impedito loro di vedere che non solo stanno seminando distruzione e morte, ma che stanno anche creando un odio sufficiente per rendere sempre più difficile l'idea di pace nella regione.
Tutto ciò non può farci dimenticare uno dei principali risultati di questo processo iniziato con la provocazione di Hezbollah: in tutta la Striscia di Gaza si sentono i cannoni israeliani. Volano aerei ed elicotteri e ogni giorno aumentano i morti palestinesi. Sequestrare un soldato può essere un errore politico da parte di Hamas. Può essere criminale dal punto di vista della vita dei due giovani soldati morti e di uno sequestrato. Che ognuno lo critichi o lo difenda come crede, ma ciò non può servire come giustificazione per la tremenda offensiva che continua a Gaza, nascosta ora agli occhi di tutti grazie al rumore della guerra in Libano. Un milione e 400 mila palestinesi sono assediati da un esercito che impedisce loro ogni forma di vita normale, dimenticati dalla comunità internazionale.
(traduzione di Alberto D'Argenzio)
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