Palestina

l'opinione

Israele marcia sulla strada del terrore

30 luglio 2006
Paolo Barnard (autore di «Perché ci odiano»)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

«Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia sulle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che non oseremmo citare per nome».
Parole chiare che esprimono una condanna senza appello delle condotte militari di Tel Aviv, pronunciate dall'ex ambasciatore israeliano all'Onu Abba Eban e riportate dal Jerusalem Post. Ma non oggi, bensì il 16 agosto del 1981. Sono passati venticinque anni e non potrebbero essere più attuali. E allora oggi permettiamoci anche noi di chiamare la condotta di guerra israeliana in Libano e a Gaza col suo vero nome e cognome: Crimine di Guerra.
E prima di continuare va ricordato agli apologisti di Israele che la barbarie mai potrà essere giustificata dalla barbarie altrui.
Nell'agosto del 1945 il Tribunale Militare Internazionale di Norimberga stabiliva che «Crimini Supremi» nella condotta bellica erano da considerarsi «... La pianificazione, preparazione, e lancio di una guerra di aggressione o in violazione dei trattati internazionali... Le violazioni delle leggi di condotta di guerra, e tali violazioni includono, fra gli altri, l'uccisione dei civili della popolazione nei territori occupati... la devastazione di città, cittadine e villaggi...».
Nell'agosto del 1949 la Quarta Convenzione di Ginevra, e i due Protocolli aggiunti del giugno 1977, sancirono che i civili non devono essere soggetti ad attacchi, che includono attacchi diretti contro di loro e attacchi indiscriminati contro le loro zone di residenza. In particolare sono proibite le vaste distruzioni indiscriminate e la distruzione delle loro proprietà, se non giustificate da precise ragioni militari.
Sono proibite le devastazioni di proprietà di Stato o di pubblica utilità sociale o cooperativa, e le evacuazioni forzate di cittadini in massa o individuali, indipendentemente dai motivi.
È sancita inoltre la proibizione assoluta della pratica della punizione collettiva secondo il principio che nessuno può essere punito per un crimine che non ha commesso personalmente. (art. 33, 49, 53, 147, e art. 51 Protocollo 1)
Infine il Protocollo 1 del giugno 1977 inequivocabilmente stabilisce che «Le gravi violazioni (della Quarta Convenzione di Ginevra e Protocolli aggiunti) sono da considerarsi crimini di guerra a tutti gli effetti. (art. 85). L'attuale definizione di «terrorismo» della Fbi americana recita: «Il terrorismo è definito come l'uso illegale della forza e della violenza contro persone o proprietà a fini intimidatori o coercitivi, nei confronti di un governo, della popolazione civile o di ogni loro parte, per l'ottenimento di obiettivi politici o sociali».
Basta un semplice e onesto raffronto fra le tre precedenti citazioni e ciò che è sotto gli occhi di tutti in queste ore per arrivare all'unica possibile conclusione: la condotta di guerra israeliana in Libano e a Gaza è un crimine di guerra, un atto di terrorismo. In ben tre occasioni la Commissione dell'ONU per i Diritti Umani definì le azioni dell'esercito israeliano in Palestina «crimini di guerra e un insulto all'umanità» (12/1977 - 02/1985 - 10/2000).
Israele è stato guidato da leader condannati per terrorismo dal Mandato britannico in Palestina, dalle Nazioni Unite, e infine anche dai suoi stessi organi inquirenti, fra cui spuntano i nomi di Abraham Stern, Menachem Begin e Ariel Sharon, quest'ultimo giudicato dalla commissione d'inchiesta israeliana Kahan «personalmente responsabile» del massacro di 1.700 civili arabi nel settembre del 1982, dopo essere stato già condannato per terrorismo dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu nella risoluzione 101 del 1953.
La lista delle prove a carico del terrorismo israeliano è lunga e schiacciante, e passa attraverso crimini di pulizia etnica, omicidi di alti funzionari internazionali, stragi di civili, omicidi extragiudiziali, uso degli scudi umani, torture, e molto altro.
Giova qui ricordare due cose: primo, che perpetuare un sistema occidentale di giudizio di due pesi e due misure dove la violenza araba è sempre terrorismo e quella israeliana mai, è immorale, ma soprattutto ci porterà sempre più odio da parte di chi quel sistema lo subisce a costi umani inenarrabili.
Secondo, che la realtà delle brutali condotte israeliane in medioriente era già nota cinquantotto anni fa, come testimoniano le seguenti parole:
«Adesso anche gli ebrei si sono comportati come nazisti e tutta la mia anima ne è scossa...Ovviamente dobbiamo nascondere al pubblico questi fatti... Ma devono essere indagati». Le pronunciò il ministro israeliano dell'agricoltura Aharon Cizling nel 1948.

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