Palestina

IL SALE SULLA CODA

Strage di bambini Così Israele perde la guerra delle emozioni

1 agosto 2006
Dacia Maraini
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)

Mi telefona mia madre che ha novant' anni e mi dice indignata: hai visto i bambini morti tirati fuori da sotto le macerie? È orribile, indecente, non si può sopportare una cosa simile, dobbiamo fare qualcosa! Ma cosa? Anch' io ho visto quei bambini trascinati per le braccia e per i piedi e ne sono sconvolta, ma come intervenire? La mia piccola voce può servire? Comunque, dice mia madre, non si può stare zitti, altrimenti si diventa complici. Ed eccomi qui rapidamente a cambiare il soggetto della mia rubrica che era dedicata questa settimana ai litigi in seno alla sinistra. Credo che la maggior parte degli spettatori italiani abbiano sentito e pensato la stessa cosa di mia madre: bisogna dire basta, quei morticini che passano sotto la telecamera sono osceni, di quella oscenità che solo la guerra sa mostrare in modo tanto plateale e ineluttabile. Israele d' altronde che fa? Chiede scusa, ribatte che i missili sono partiti proprio da quella casa dove si trovavano i bambini. Che cosa se ne deduce? Che gli Hezbollah si nascondono dietro i civili, che hanno probabilmente contato sulla strage dei bambini. Forse è anche vero, comunque potrebbe essere vero, ma questo non toglie niente alla responsabilità della carneficina. Possibile che l' intelligence israeliana così efficiente, così precisa, non abbia sospettato che oltre ai terroristi in quella casa ci fossero famigliole con bambini piccoli in grande numero? Anche se non capisco perché non si sono viste le madri. Dove sono le madri? Morte anche loro? O si trattava di una scuola o di un doposcuola? Possibile che non abbiano sospettato che gli Hezbollah stanno conducendo una guerra sui sentimenti? Essendo inferiori per armi e preparazione bellica, stanno giocando di astuzia, mi pare evidente. È già successo d' altronde che invece di scovare terroristi, le bombe israeliane abbiano sorpreso anziani, donne e bambini nelle case prese di mira. Non potevano prevedere che stavano per cadere in un trabocchetto, ammesso che si sia trattato veramente di una trappola? Ebbene, se non si sono comportati da carnefici incoscienti, si sono comportati da stupidi. Come non capire che quelle immagini di bambini trucidati valgono più di cento bombe, cento razzi? Nessuno, credo, salvo gli estremisti arabi, vuole togliere a Israele il suo diritto a esistere, il suo diritto a difendersi. Ma difendersi come? Con la forza bruta e cieca? Non sanno che lo sterminio di quei bambini provocherà diffusissimi sentimenti di vendetta che si ritorceranno contro di loro per anni, che la violenza strisciante si insinuerà nelle menti e nei progetti di molti che magari fino a ieri erano solo passivi osservatori di una guerra non voluta? Chiedono scusa, ma non ci sono scuse di fronte al massacro degli innocenti. Non possono non sapere che i combattimenti si fanno ormai sulle emozioni suscitate da foto e filmati sotto gli occhi di tutto il mondo. Se vogliono far credere in una difesa, che mostrino i guasti, i morti e i feriti che i bombardamenti degli Herzbollah provocano nelle loro città. Non sanno gli Israeliani che la visione di quegli eccidi avrà effetti devastanti, molto superiori alle dimostrazioni di forza che stanno compiendo? Se vogliono vincere una guerra questo certamente è il modo peggiore. Le battaglie sono fatte di messaggi che ci arrivano attraverso i media. Ebbene quei messaggi di bambini dalle facce impastate di polvere, dalle braccia sollevate per prevenire la morte, sono più potenti di qualsiasi ragionamento politico-strategico. E suscitano, in chiunque guardi, un senso di sbigottimento e di riprovazione, un senso di ripugnanza e di rifiuto che non si possono reprimere. Se è vero che le guerre si fanno soprattutto sulle emozioni, la loro è una guerra persa.

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.15 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)