Per una pace duratura
www.peacereporter.net - 25 agosto 2006
In nome delle nostre sorelle e dei nostri fratelli che soffrono e muoiono in Libano, in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, noi leader religiosi, studiosi, accademici, leader culturali, poeti, scrittori, filantropi, attivisti per il cambiamento sociale e cittadini del mondo, chiediamo che il governo di Israele, le leadership di Hezbollah e Hamas, il governo degli Stati Uniti, la comunità internazionale e la Nazioni Unite prendano immediatamente i seguenti provvedimenti per fermare la guerra in Medio Oriente:
1.
Chiediamo che il governo di Israele fermi immediatamente l'attacco contro il Libano. Ci uniamo al movimento pacifista israeliano, e alle migliaia di israeliani che hanno manifestato contro questa guerra a Tel Aviv il 22 luglio 2006, nel sottolineare che questi attacchi sono assolutamente sproporzionati all'inizale provocazione di Hezbollah, hanno ucciso innumerevoli civili innocenti, hanno causato mezzo milione di sfollati, distrutto miliardi di dollari di infrastrutture libanesi e non produrranno, nel lungo periodo, né pace né sicurezza per Israele. Chiediamo anche al governo israeliano di fornire cibo, elettricità, acqua e denaro per porre rimedio alla crisi umanitaria provocata dai recenti attacchi a Gaza.
2.
Chiediamo che Hezbollah e Hamas cessino immediatamente di lanciare razzi o di commettere altri atti di violenza contro Israele. Queste azioni, che hanno ucciso numerosi civili israeliani, terrorizzato la popolazione di Israele e danneggiato diversi villaggi e città, hanno giocato un ruolo centrale nel provocare l'attuale crisi, e non fanno altro che danneggiare la causa dell'indipendenza e della democrazia palestinese e libanese. E' questo genere di violenza che, nel corso degli anni, ha spinto molti rispettabili israeliani e arabi nelle mani dei loro leader politici più militaristi e ottusi.
3.
Chiediamo che il governo statunitense e i governi di tutto il mondo spingano Israele, Hezbollah e Hamas a stipulare un immediato cessate il fuoco, pongano un immediato embargo sulle armi destinate alle parti in conflitto (inclusi Siria e Iran), e prendano parte a una conferenza internazionale per mettere in sicurezza il confine tra Israele e Libano. Sostenendo gli attacchi di Israele, assicurando rifornimenti di armi e dando esplicitamente tempo a Israele per causare ulteriori danni alla popolazione del Libano, il governo degli Stati Uniti è diventato parte in causa nel conflitto, cosa che, unita alle azioni militari statunitensi in Iraq, crea certamente ostilità verso gli Usa e Israele nel mondo musulmano, per generazioni a venire.
Questi sono i passi essenziali per fermare la violenza e il disastro umanitario nel sud del Libano e nella Striscia di Gaza. Da soli, tuttavia, non possono assicurare che la regione non ritorni a un insostenibile status quo, che finirà per sfociare nuovamente nella violenza e in altri atti di guerra.
Per questo motivo lanciamo anche
Un appello per una pace duratura
Chiediamo alla comunità internazionale di indire una Conferenza Internazionale di Pace per imporre un'equa e duratura soluzione al conflitto israeliano-palestinese e al conflitto fra Israele e gli altri Stati della regione. Perché usiamo il termine “imporre”? Ci sono troppe forze, in ciascun paese della regione, interessate a continuare questa lotta per sempre. Le provocazioni continueranno fino a che la comunità internazionale non fermerà le violenze, una volta per tutte, e imporrà condizioni di pace che permettano lo sbocciare, in ogni paese, delle forze della pace e della riconciliazione.
Una soluzione del genere dovrebbe basarsi sulle seguenti condizioni:
a) la creazione di uno Stato palestinese economicamente e politicamente capace di sostenersi (approssimativamente sui confini pre – 1967, con modifiche minori concordate bilateralmente tra Israele e Palestina); e contemporaneamente il pieno e inequivocabile riconoscimento, da parte dei palestinesi, da parte dello Stato palestinese e di tutti gli Stati arabi circostanti, del diritto di Israele a esistere come stato ebraico che riconosce pieni e uguali diritti ai suoi cittadini non ebrei;
b) Un consorzio internazionale che stabilisca risarcimenti per i Palestinesi che hanno perso le loro case o i loro beni dal 1947 a oggi, e risarcimenti per gli ebrei rifugiati dagli Stati arabi nel 1947 – 1967;
c) Una forza di pace internazionale e a lungo termine per separare Hezbollah e Israele nel Libano meridionale, per proteggere Israele e Palestina l'una dall'altra e dalle altre forze nella regione che potrebbero cercare di controllare o distruggere entrambi gli Stati, e
d) La rapida imposizione di pesanti sanzioni contro qualsiasi parte si rifiuti di firmare o violi questi accordi.
Un nuovo spirito di apertura e riconciliazione. Sappiamo che nessuna soluzione politica può funzionare senza un cambiamento nelle coscienze, che includa anche uno spirito di apertura, la volontà di riconoscere l'umanità dell'Altro, e pentimento per la lunga storia di indifferenza e crudeltà contro gli altri.
Le parti in conflitto devono prendere immediati provvedimenti per eliminare la violenza e la svalutazione dell'altro dai loro media, istituzioni religiose, libri di testo e nel loro sistema scolastico. Dovrebbero creare un'autorità congiunta, con rappresentanti di entrambe le parti e con i leader morali della comunità internazionale, che possa supervisionare e, se necessario, rimpiazzare coloro che, occupando posizioni di potere in entrambe le società, continuano a utilizzare le pubbliche istituzioni per diffondere l'odio o alimentare la rabbia.
Quando saranno state gettate le fondamenta per una pace duratura, chiediamo alle parti in conflitto di istituire una Commissione per la Verità e la Riconciliazione, sul modello di quella utilizzata in Sudafrica.
Usiamo questo momento per sfidare il paranoide e cinico “realismo politico” che genera guerre senza fine
La paranoide e presunta “realistica” visione della politica globale sostiene che viviamo in un mondo in cui la nostra sicurezza può essere salvaguardata solamente attraverso il dominio, altrimenti gli altri cercheranno di dominare noi per primi. Naturalmente, quando agiamo in base a questo assunto, questo si avvera da solo.
Proponiamo, al contrario, una strategia di generosità – agire in base all'assunto che la gente sia capace di bontà e generosità (senza negare la verità che determinate condizioni promuovono paura, rabbia e odio che talvolta si esprimono in modi terribilmente distruttivi). Agli Stati Uniti e agli altri paesi del G8, chiediamo un Piano Marshall Globale: nei prossimi vent'anni, gli Usa e gli altri Paesi del G8 dovrebbero impiegare ogni anno il 5 % del loro Prodotto Interno Lordo per risolvere, a livello globale e nazionale, il problema della fame, della mancanza di abitazioni, della povertà, dell'inadeguatezza delle cure mediche e dell'educazione per i popoli del mondo. Tutto questo dovrebbe essere attentamente controllato e distribuito, in modo da assicurare che raggiunga le persone alle quali è rivolto. Ma ciò che fa la differenza è lo spirito con cui viene fatto.
Allo stesso modo, esortiamo Israele non solo a ritornare ai suoi confini del 1967 (con minori modificazioni del territorio concordate in modo bilaterale, inclusa una divisione di Gerusalemme e dei suoi luoghi sacri), ma a farlo in uno spirito di generosità e di attenzione per gli altri, prima che sia obbligata a tornare a quei confini dalla comunità internazionale e prima che altre migliaia di giovani israeliani e palestinesi muoiano in questa guerra senza senso, destinata altrimenti a durare negli anni a venire.
L'unica forma di protezione che noi, negli avanzati paesi industrializzati, potremo mai ottenere per le nostre vite è la diffusione di uno spirito d'amore, così potente e genuino da riuscire a eliminare la rabbia che si è comprensibilmente sviluppata contro i potenti e i ricchi del mondo.
I “realisti cinici” sostengono che gli altri sono trincerati nel loro odio, e che la guerra e il dominio siano gli unici modi per combatterli. Questo modo di pensare ha condotto a cinquemila anni di guerre combattute per “porre fine a tutte le guerre” - e non ha funzionato. Ora è tempo di provare una nuova strategia di generosità, sia economica che spirituale. Come abbiamo detto, all'inizio dovrà esserci un periodo di transizione in cui efficace protezione militare sia garantita alla popolazione da entrambe le parti, iniziando allo stesso tempo a dedicare le nostre risorse economiche e cambiare il modo in cui parliamo di quelli che prima designavamo come “nemici”. Possiamo così avviare il lungo processo di riduzione della rabbia che è esistita per molte generazioni.
Niente può compensare le morti e le sofferenze che tutte le parti in causa hanno patito in questa lotta, negli ultimi 120 anni. Ma proprio questa potrebbe essere l'occasione in cui la razza umana realizza l'inutilità della violenza, e si unisce non solo per imporre una duratura soluzione per il Medio Oriente, ma anche per iniziare una nuova era e riconoscere che il nostro personale benessere dipende dal benessere di chiunque altro sul pianeta. La Conferenza Internazionale per la pace in Medio Oriente dovrebbe essere strutturata per ottenere questo obbiettivo – il che significa che dovrebbe avere una dimensione esplicitamente psicologica e spirituale e un ordine del giorno visionario.
Affermiamo la sacralità di tutti gli esseri umani. Questo è il momento di cominciare a renderlo una realtà. Le Nazioni Unite hanno evocato questa possibilità 61 anni fa, affidandosi però ad accordi politici, mentre ignoravano la necessità di costruire solidarietà etica e spirituale tra i popoli del mondo, risoluzioni di cui la maggior parte della gente non ha mai sentito parlare, un sistema che ha rappresentato le élites delle nazioni del mondo ma non necessariamente la volontà delle loro stesse popolazioni, ed è finito per politicizzare qualsiasi questione. Dobbiamo rafforzare le istituzioni internazionali che si muovono in una nuova direzione, ma abbiamo anche bisogno dell'impegno di tutti gli abitanti del pianeta. I nostri paesi devono prendere l'iniziativa in un'ottica completamente nuovo riguardo alla sicurezza e al benessere. Questa potrebbe essere l'ultima occasione che abbiamo, nelle moderne società industriali, per evitare la catastrofe internazionale (sia ambientale che nucleare). Creando qualche cosa di diverso dalla bruta forza, la potenza militare e l'indifferenza al benessere degli altri. Se non ora, quando?
E il momento di superare lo sciovinismo e l'arroganza nazionalistica, ma anche il nostro senso di impotenza. Dobbiamo costruire solidarietà etica e spirituale tra i popoli del mondo - le fondamenta necessarie per un'efficace cooperazione politica ed economica. Il nostro benessere dipende dal benessere di chiunque altro sul pianeta. Dobbiamo rafforzare le istituzioni internazionali che possono promuovere questo senso di solidarietà, ma dobbiamo anche sostenere quei moviomenti politici e spirituali che incoraggiano un cambiamento delle coscienze, distogliendole dall'eccessiva attenzione per il proprio ego, per la strada del successo e del "farcela" in termini di gloria, notorietà, attrazione sessuale,accumulazione di cose materiali e denaro, affinché tutti i popoli del mondo possano rivolgere la loro comune attenzione alla costruzione di pace globale, giustizia economica e sociale, equilibrio ecologico e un nuovo spirito di attenzione reciproca, amore e generosità genuini e duraturi. E' troppo indulgente verso se stessi lasciare che la tristezza per i problemi del mondo ci renda impotenti - per cambiare il mondo è indispensabile la partecipazione di tutti.
Irrealistico? No. Quel che si è dimostrato irrealistico una volta di più – che si parli della politica statunitense in Vietnam o delle politiche israeliane e arabe nel Medio Oriente – è l'illusione che un'altra guerra porrà fine alle guerre. La strada per la pace deve essere una strada di pace.
Profondo conoscitore della realtà medio-orientale, Lerner, che è nato 62 anni fa nel New Jersey, è stato consigliere di Bill Clinton, nel primo mandato, per la politica internazionale e il Medio Oriente. Nel 1986 ha fondato la rivista Tikkun (che significa in ebraico “riparazione”, “guarigione” o “trasformazione”) con l’obiettivo di rivitalizzare la voci liberal e progressive degli ebrei americani. In tempi più recenti ha dato vita alla Tikkun Community e al Network of Spiritual Progressives: gruppi interconfessionali in rete fra loro, molto aperti ai laici, impegnati a indicare ai media, al mondo accademico, alle istituzioni politiche, alla galassia dei movimenti e al più ampio pubblico percorsi di pace, di nonviolenza, di salute ecologica e di consapevolezza globale. Nel gennaio 2006 ha pubblicato il suo ultimo libro: The Left Hand of God (“La mano sinistra di Dio”).
PER ADERIRE: http://www.peacereporter.net/default_canali.php?idc=142&ln=It
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