Palestina

Incubi: Gaza scandalizza tutti.

E´ una vergogna vedere come gli abitanti di Gaza non abbiano ancora acquisito lo status di esseri umani agli occhi delle potenze occidentali...
17 novembre 2006
Jennifer Loewenstein
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: www.zmag.org - 11 novembre 2006

Una mandibola spalancata coi denti gialli spuntava fuori da un lenzuolo insanguinato messo lì a coprirla. Le altre parti della testa erano avvolte in una busta di plastica posizionata proprio sulla mandibola e le narici, come per essere vicine al posto che fino a poco prima le aveva ospitate.
Anche la busta era inzuppata di sangue, a causa dei pezzetti che conteneva. Sotto la mandibola, un collo umano squarciato a metà: una ferita profonda, di un rosa acceso, che continuava lentamente a sanguinare sulla pelle scura del corpo che ancora accompagnava il collo. Sopra di lui, nella cella frigorifera più alta dell´obitorio, il corpo di una donna morta, i capelli rossi colorati con l´henné per la prima volta visibili agli occhi degli sconosciuti che la circondavano.
Ancora plastica, ormai rossa, ad avvolgere un mento altrimenti mancante. Era morta mentre stava manifestando davanti ad una moschea di Beit Hanoun, a nord di Gaza dove più di 60 uomini avevano trovato riparo durante un assalto dei cannoni e dei carri armati israeliani. La maggior parte di loro aveva ancora il volto intatto. Giacevano distesi sui tavoli dell´obitorio, rigidi come cibo congelato. Un uomo aveva una fascia verde di Hamas legata attorno alla fronte, sembrava il pastore di chissà quale lontanissima era pastorale. Un altro aveva gli occhi semiaperti, bianchi, un´espressione di terrore sul suo volto, come se avesse visto la morte arrivare e portarselo via. Poi a sinistra una massa gonfia, smorta e grigiastra, sull´estremità del tavolo, con capelli ricci, aggrovigliati e umidi a circondarne il viso rotondo e le palpebre, abbassate dopo la morte. Un´occhiata più attenta svelava un bambino dell´età di 4 anni: Majed, stava giocando all´aperto quando la morte si è abbattuta su di lui come un fulmine, facendolo schizzare via in migliaia di puntini di fango nero. Le altre persone decedute erano già state portate via. I riti di sepoltura musulmani sono veloci, una benedizione per i dottori, le infermiere e le pompe funebri che, sia in ospedale che in obitorio, hanno disperatamente bisogno di spazio per il gruppo di vittime successivo che si addormenterà sulle stesse lenzuola, gli stessi letti con le testiere d´acciaio, con la stessa calura, nelle stesse stanze strette, affollate, cariche di dolore, spesso sui pavimenti, con gli stessi inservienti stanchi, non retribuiti, che fanno i soliti giri di visite senza le attrezzature adeguate per aiutarli, se solo fossero ancora vivi. Altri ancora sono morti sul tavolo operatorio, come il giovane uomo trasferito nell´obitorio di Kamal Adwan, quando il suo corpo si è arreso alla gravità delle ferite riportate. Due bambine l´avevano preceduto lo stesso giorno. Beati coloro che lasciano questo mondo devastato dall´orrore, distrutto e ottenebrato, per ritornare alla tranquillità e alla pace della terra. Oggi gli ospedali si riempiranno nuovamente, oltre le loro possibilità, quando i 18 civili morti a causa di un attacco in piena notte su Beit Hanoun, donne, uomini e bambini fatti a pezzi nel sonno, verranno scaricati dalle ambulanze per finire nelle celle frigorifere degli ospedali di Shifra o Kamal Adwan, nel nord della striscia di Gaza. Come fanno ad addormentarsi nelle loro case di notte, quando fuori i carri armati sparano gli ordini ricevuti? Credete che si sia trattato di un errore, che sarà mai portata avanti un´indagine investigativa? Come dopo Jenin? Come dopo Dan Halutz, quando una bomba di 2000 libbre venne lanciata su un condominio di Gaza City uccidendo 15 persone, 9 delle quali donne e bambini? Come dopo l´assedio di Jabalya nell´autunno del 2004? Come dopo l´Operazione Rainbow a Rafah? Come quando la famiglia di Huda Ghalia fu spazzata via nel nulla durante una gita su una spiaggia di Gaza? Gli occhi degli americani, incollati agli schermi illuminati dei televisori per scoprire quale dei candidati sulla piazza vincesse le lezioni di medio termine, sapranno mai che altri palestinesi sono stati massacrati? Nell´ospedale di Shifa, l´ospedale centrale di Gaza, dove il dott. Juma´ Saqa e il suo staff fanno fronte ogni giorno all´inadeguatezza delle attrezzature, dai macchinari per la dialisi ai ventilatori o la biancheria pulita, dove i malati di cancro, in continuo aumento, non possono ricevere cure adeguate e le chirurgie elettive, come quella dell´ernia o delle tonsille, appartengono ormai al passato. E´ qui che i dottori e le infermiere assistono agli innumerevoli disturbi che gli abitanti di Gaza hanno a causa dell´acqua salmastra, tossica che sono costretti a bere, dalle carie dei denti all´anemia nei bambini, alle disfunzioni renali. E´ qui che bambini mezzi nudi se stanno allungati sui loro letti, con dei cerotti bianchi sul naso che stringono i tubi che permettono loro di mangiare o respirare, come Ahmad, 3 anni, di Beit Hanoun, una pallottola gli ha trapassato la pancia. Sua madre se ne sta in piedi vicino a lui rassegnata, riconoscente. Ahmad, almeno, vivrà. Ma per cosa? Ogni notte da Gaza City, in questa prima settimana di novembre, si possono sentire le esplosioni che flagellano la parte nord-orientale di Gaza: un susseguirsi di proiettili, botti, esplosioni, colpi di cannone. Per tutta la notte dell´attacco abbiamo potuto vedere la luce delle esplosioni provenire da Beit Hanoun, distante 10 miglia, che continuava ad illuminare il cielo come se in realtà nulla stesse succedendo, come se si trattasse dei fuochi d´artificio di chissà quale festeggiamento. Ma poi, a partire dalla seconda notte, di Beit Hanoun non è rimasto altro che una superficie sgombra e buia, senza elettricità né acqua, i bombardamenti sono andati avanti per più di un´ora e il frastuono degli aerei senza pilota ha risuonato nel cielo, su di noi, su Beit Hanoun, su Gaza, mentre i monitor registravano automaticamente l´attività sottostante. Nessun abitante di Beit Hanoun poteva uscire di casa, in pieno giorno, per andare a lavoro, senza annunciare ai carri armati e agli aerei telecomandati che era pronto a sacrificare la sua vita per una parvenza di normalità. Tutti gli uomini dai 16 ai 35 anni sono stati caricati sui camion e portati via con la forza per "essere interrogati". Che ne sarà di loro e delle loro famiglie? Toccherà a qualcun altro? Qualcun altro si troverà tra i 10.000 palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane, lasciati lì a marcire, mentre le loro mogli, i loro figli, le loro sorelle, i loro fratelli, genitori lottano per sopravvivere? Qui si estende per 28 miglia Gaza, un cumulo di macerie, fatiscente, sepolta dalla cenere, stanca, inerte, miserabile, piena d´immondizia. Mettetevi una garza sulla bocca se non volete essere assaliti dal tanfo dei liquami o dai fumi dell´immondizia in fiamme. Cercate di non notare le saracinesche abbassate, i negozi vuoti, la grandissima quantità di carretti trainati da cavalli o asini per la mancanza di carburante, le costole pronunciate degli animali esausti e i ragazzi che li frustrano per incitarli a continuare. La beffa è il cielo limpido, di un blu intenso, che sovrasta le discariche, le palme e i fiori purpurei che brillano sotto il sole di novembre, senza un legame logico, come la scatola di cioccolatini offerta ai giornalisti che filmano il figlio ferito della donna mentre lei grida tutta la sua frustrazione e il suo orrore agli americani e agli israeliani che stanno massacrando la sua famiglia. Perché? Chiede lei. Perché, perché, perché? Chiedetelo a Mark Regev, il portavoce del governo israeliano più zelante e spaventevolmente sincero. Durante le news internazionali della CNN afferma, perfettamente convinto, che Israele si sta solamente difendendo. Il fuoco dei Qassam su Sderot e Ashkelon deve cessare. Israele ha il diritto di difendersi. "L´operazione militare" a Beit Hanoun non cesserà fino a quando i Qassam non cesseranno. Ogni parola che viene fuori dalla sua bocca suona come un´oscenità per tutti quelli che guardano dalla posizione di vantaggio di Gaza. La pornografia verbale, il gergo sadomasochista del principe di Hasbara colano sulla polvere come bile avvelenata comprata, pagata e ricercata dai signori del potere e dalla loro macchina d´occupazione.
I Qassam scadenti, fatti in casa, sibilano come gatti randagi intrappolati, quando vengono sparati su nel cielo. Stupidi e bestiali, veloci come schegge attraversano il confine, come bestie impazzite che non sanno dove andare. Andranno avanti così, almeno fino a quando l´occupazione della Palestina non cesserà. Gli abitanti di Gaza lo sanno, Hamas lo sa, Fatah lo sa, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) lo sa; In Israele Labor e Likkud lo sanno, Meretz lo sa, Yisrael Beiteinu lo sa, Shas lo sa; Peretz, Olmert e Lieberman lo sanno, Sharon lo sapeva, il popolo israeliano lo sa, l´America lo sa, quindi perché a 40 anni dal 1967 e a 58 dal 1948 l´occupazione non è ancora cessata? Perché Israele non vuole che cessi. Perché Israele vuole il territorio e le risorse senza il popolo. Perché per mantenere il controllo totale su una cultura è necessario sviscerarla. Perché gli Stati Uniti dicono che non c´è nessun tipo di problema per loro, tutto serve allo scopo. Tutto questo contribuisce a rendere la guerra al terrore conveniente, a far rientrare l´Iraq nello schema. Aiuta anche con la questione iraniana. Chi diavolo se ne importa di un milione e mezzo di persone, piegate dalla povertà, della loro patria ridotta ormai a un cumulo di polvere, di sabbia, di macerie, fatiscente e puzzolente? E´ una vergogna vedere come gli abitanti di Gaza non abbiano ancora acquisito lo status di esseri umani agli occhi delle potenze occidentali e la resistenza qui continuerà ad essere un enigma finché questo non cambierà. Per ora, comunque, il massacro andrà avanti senza tregua. Mentre lascio Gaza, il 4 novembre del 2006, alle 6:30 di un sabato mattina, sento una forte esplosione. Il tassista mi carica e ci dirigiamo verso la strada principale di Gaza City, in direzione di Erez. Ad un tratto, inaspettatamente, davanti a me vedo una massa fumante di rottami, una macchina circondata da ragazzi che armeggiano attorno alla carrozzeria ancora incandescente. All´interno della macchina ci sono quattro sagome umane nere, carbonizzate, increspate, senza più il volto, solo carbone, brandelli di vestiti fumanti, un odore forte di carne umana arrostita e le sirene in lontananza. Il metallo bruciato è identico a quello che si vede nei film di fantascienza. Gli umani carbonizzati assomigliano a mostri di cartapesta bruciacchiata pronti a cadere a pezzi al minimo accenno di vento. Gaza si scusa per queste indiscrezioni, per il pessimo gusto, per questi indecenti argomenti di conversazione. Fate bene ad esprimere la vostra indignazione. Come osa Gaza parlare di queste cose!? Non può più mantenere il segreto anche per gli assedi dei visitatori alle sue vili spiagge; il suo grido è lacerante anche quando è sublimato dagli strati della falsità mediatica. Le colonne di fumo che salgono su nel cielo sono ogni volta più alte. La prigione sta implodendo e la resistenza non finirà mai.

Note: Link al testo originale in lingua inglese:
http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=11384

Tradotto da Maria Teresa Masci per www.peacelink.it
Il testo e' liberamente utilizzabile, per scopi non commerciali, citando la fonte (Associazione PeaceLink), l'autore ed il traduttore.

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