Un abbraccio mortale per la Palestina
«Non riconosceremo mai Israele», la dura presa di posizione del premier palestinese Ismail Haniyeh non è la solita dichiarazione della leadership di Hamas. E' avvenuta infatti durante una visita di stato a Tehran, dove il primo ministro palestinese ha incontrato tutti gli attuali vertici iraniani, dal presidente Mahmoud Ahmadinejad alla guida spirituale l'ayatollah Ali Khamenei, all'ex presidente Hashemi Rafsanjani. In quella Tehran poi dove lunedì si apre un insopportabile convegno dichiaratamente negazionista nei confronti dell'Olocausto che sarà il suggello dei deliri revisionisti che hanno visto fin qui come protagonista il presidente iraniano.
Certo, Haniyeh e il movimento di Hamas che all'inizio dell'anno ha democraticamente vinto le elezioni a Gaza e in Cisgiordania, di fronte all'isolamento del mondo quasi non hanno scelta che correre all'abbraccio dell'unico paese sulla faccia della terra che li aiuta ancora materialmente. Così come non possono non dichiarare che non accetteranno mai «l'usurpazione delle terre palestinesi» né fermeranno «la jihad e la resistenza» a fronte del non riconoscimento, di fatto, da parte d'Israele dello Stato palestinese. Tuttavia la dichiarazione e l'abbraccio segnano un momento di sconfitta politica netta della leadership palestinese. Lo Stato di Palestina non nascerà - se mai nascerà - dallo schierare le sue fragili possibilità dietro al carro di un altro conflitto, sulla scia del disastro della guerra americana in Iraq. Ma dall'assunzione diffusa, a partire dall'Occidente, delle profonde e irrinunciabili ragioni dei palestinesi a rivendicare una terra e uno stato. Così come dal riconoscimento al diritto ad esistere d'Israele da parte palestinese. Sapendo però che la richiesta in Medio Oriente di «due popoli per due stati», se non vuole essere petizione impotente di principio, pretende almeno rigore e reciprocità: la legittimità d'Israele è strettamente connessa ormai a quella dello Stato palestinese.
Di questo abbraccio mortale dei palestinesi con l'Iran saranno contenti tutti quelli che hanno pianto per i due fantocci inopportunamente bruciati a Roma tutte le lacrime che non hanno mai versato per i bambini libanesi bruciati dal fosforo dei raid israeliani. E tanti governi e istituzioni internazionali, a cominciare dall'Unione europea.
Tutti responsabili dell'isolamento del governo palestinese legittimamente eletto, fino a sanzionarlo con un embargo economico. Ad Haniyeh eletto democraticamente nessun premier o ministro europeo ha mai stretto la mano, anzi si è lavorato lungamente per approfondire il dissidio con la sconfitta Al Fatah e dentro l'Anp. Due pesi e due misure. Visto che invece ci sbracciamo in appoggi al governo Siniora a Beirut, ormai fuori della costituzione libanese dopo che quella coalizione ha perso il sostegno di componenti decisive della società.
La stessa Italia, dalla quale ci si aspetta finalmente un ruolo di svolta nei territori occupati palestinesi dopo la presenza dei nostri caschi blu in Libano che tarda a venire, in questi ultimi giorni con il presidente del Consiglio Romano Prodi non ha certo dato una prova brillante. Dichiarando che il governo italiano si augura che Israele mantenga la caratteristica di «stato ebraico», senza chiedersi se il milione e mezzo di cittadini palestinesi della Galilea debbano continuare ad essere considerati di serie B come accade adesso, e senza interrogarsi sul rischio che questa affermazione può legittimare ancora la pulizia etnica a danno delle popolazioni arabe com'è già accaduto dal 1948; e soprattutto accettando che i profughi palestinesi non hanno il diritto a tornare. Fino all'annuncio, fatto sempre da Prodi, del ritiro dall'iniziativa di Spagna e Francia favorevoli alla convocazione di una Conferenza internazionale che, intanto, tolga la questione palestinese, la madre di tutte le crisi mediorientali, dalle mani a dir poco fallimentari dell'Amministrazione Bush alle prese con la sconfitta in Iraq e l'incendio di quello che sarebbe dovuto diventare il «Nuovo, Grande Medio Oriente».
Articoli correlati
- Arrestata e trasferita in un "centro di cura".
Il coraggio di Ahou
Assistiamo purtroppo da tempo alla dura repressione dei diritti fondamentali nel Paese islamico, soprattutto nei confronti delle donne.
Ma in Iran con coraggio è in corso una rivoluzione nonviolenta straordinaria, espressa dallo slogan “Woman-Life-Freedom”, “Donna, vita, libertà”9 novembre 2024 - UDIK - Unione Donne Italiane e Kurde - Albert, il bollettino quotidiano pacifista
Mobilitazione pacifista nazionale: tutte le informazioni in un'unica pagina web
Oggi 26 ottobre si svolgono manifestazioni pacifiste in tutt'Italia. La pace è sotto attacco. Stanotte vi è stato un attacco israeliano sull'Iran. Questa pagina web è il punto di raccolta e condivisione delle informazioni disponibili per oggi. Vuoi collaborare anche tu? Ti spieghiamo come.26 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink - Albert - bollettino pacifista dell'1 ottobre 2024
Linea rossa superata: Israele provoca, l'Iran risponde con i missili
Israele aveva interpretato la recente cautela dell'Iran come segno di debolezza. L'analista geopolitico Farhad Rezaei aveva pubblicato ieri sul Jerusalem Post un articolo intitolato "L'inazione calcolata dell'Iran: perché Teheran sta da parte mentre Hezbollah vacilla".1 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink - E' stato violato il diritto internazionale e occorre una condanna unanime
Israele attacca l'Iran, il movimento pacifista sia la voce dell'intera umanità
Di fronte al rischio di un'escalation suicida, i vari gruppi pacifisti nel mondo, a partire da quelli israeliani, hanno il compito di unire le voci e richiamare i governi a isolare Netanyahu. Ancora insufficiente è l'attenzione del movimento ecologista sui rischi nucleari della guerra19 aprile 2024 - Alessandro Marescotti
Sociale.network