Liberata Tali Fahima: «Rifarei tutto»
«Non mi pento di niente, rifarei di nuovo quello che ho fatto, ne valeva la pena». Queste poche parole rivelano che il carcere non ha scosso la determinazione di Tali Fahima, la pacifista israeliana tornata ieri mattina in libertà dopo due anni e mezzo di detenzione, avendo ottenuto dalla commissione carceraria quello sconto di pena per «buona condotta» che invece non aveva ottenuto quattro mesi fa per un presunto comportamento «sgarbato ed insolente» tenuto dietro le sbarre. Fahima è apparsa sorridente e si è rivolta spesso alla folla di sostenitori e amici che la attendevano all'uscita della prigione facendo con le dita il segno della vittoria. Non potrà lasciare Israele né tantomeno entrare nei Territori occupati palestinesi ma ora i pacifisti israeliani hanno dalla loro parte quella che un tempo era una semplice attivista e che paradossalmente la risonanza del processo subito e il tempo trascorso in cella hanno trasformato in una figura di spicco.
Tali Fahima, accusata e condannata per «collaborazione con il nemico», «tradimento» e per aver messo in pericolo «la sicurezza di Israele», qualche anno fa era solo una giovane senza un passato politico e che, più di tutto, non aveva mai avuto contatti con i movimenti israeliani che sostengono la causa palestinese. Al contrario, in alcune interviste, ha ammesso di aver avuto simpatie per lungo tempo per il nazionalismo di destra, per il Likud. La maturità politica invece l'avrebbe portata ad avvicinarsi alla sinistra, fino a compiere la scelta di conoscere meglio quello che prima considerava il «nemico», i palestinesi.
All'origine della sua vicenda giudiziaria c'è l'amicizia che Tali Fahima ha stretto, ad un certo punto, con il comandante delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa a Jenin, Zakaria Zubeidi, ricercato ancora oggi dai servizi segreti israeliani e sfuggito per un soffio a diverse «esecuzioni mirate» da parte dell'aviazione dello Stato ebraico. Un legame forte che la pacifista ha detto di aver vissuto con intensità al solo scopo di comprendere meglio i motivi che spingono i palestinesi a ribellarsi all'occupazione militare israeliana ma che la stampa locale (e non solo) ha descritto come un rapporto d'amore e di sesso, una infautazione che avrebbe portato Fahima ad eseguire come un automa gli ordini di Zubeidi. Una lettura volta a trasformare l'esperienza politica della pacifista in una vicenda da gossip, da rivista rosa: la giovane sedotta e manipolata dal terrorista brutale e sanguinario.
Fahima è stata anche accusata di aver aiutato a decifrare, sempre per conto delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, una fotografia aerea scattata dalle forze armate israeliane e perduta da un soldato durante un'operazione sul campo, nella quale erano segnalate le abitazioni di alcuni palestinesi ricercati, permettendo così a questi ultimi di sfuggire all'arresto. Lei ha replicato di aver agito solo per impedire che quelle persone sfuggissero alla morte vista la politica di Israele di eliminare fisicamente gli attivisti palestinesi e ha ricordato che aveva apertamente annunciato la sua volontà di fare da scudo umano per impedire l'uccisione di Zakaria Zubeidi e dei suoi compagni.
L'8 agosto 2004 le accuse furono formalizzate e l'attivista venne incarcerata. Nel gennaio del 2005 i giudici le avevano riconosciuto gli arresti domiciliari ma la decisione venne revocata dalla Corte suprema che sentenziò la «detenzione amministrativa» di Fahima fino al giudizio successivo nel luglio del 2005 (la cosiddetta detenzione amministrativa, utilizzata in genere contro i palestinesi, prevede l'arresto e la chiusura in carcere di una persona fino a sei mesi senza processo, con la facoltà di rinnovare il provvedimento all'infinito). Un anno fa Fahima ha infine patteggiato con la procura israeliana la pena a tre anni di prigione. In suo sostegno sono scese le organizzazioni della sinistra israeliana più radicale che in questi anni hanno continuato caparbiamente a mantenere i contatti con i palestinesi nonostante la chiusura totale dei centri abitati della Cisgiordania da parte dell'esercito. Per molti altri israeliani invece Tali Fahima è solo una «traditrice».
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