«Boicotteremo la nuova Anp»
Dopo due ore di colloquio a Gerusalemme con il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, Condoleezza Rice si è presentata da sola davanti ai giornalisti e ha letto un comunicato di 90 secondi, senza accettare domande da parte dei cronisti. «Tutti e tre abbiamo riaffermato il nostro impegno per una soluzione che conduca alla convivenza di due stati e siamo d'accordo che uno Stato palestinese non può essere fondato sulla violenza e sul terrore», ha dichiarato il segretario di stato statunitense. Per il capo della diplomazia dell'Amministrazione repubblicana «il presidente e il premier hanno stabilito che s'incontreranno presto un'altra volta e hanno ribadito di volere la partecipazione e la guida americana per superare gli ostacoli. Per questo penso che ritornerò presto nella regione».
Quello che, a giudicare dalle dichiarazioni della Rice, sembra un vertice concluso con un «nulla di fatto» ha lanciato però un messaggio chiaro ai palestinesi che, dopo settimane di scontri intestini (circa 90 morti), sono riusciti, l'8 febbraio, a sottoscrivere alla Mecca un accordo per la formazione di un governo di Unità nazionale per superare le divisioni interne e l'embargo che l'occidente ha imposto ai Territori occupati dopo la vittoria elettorale di Hamas nel gennaio 2006. Olmert ieri l'ha detto senza mezzi termini: avremo rapporti solo con Abu Mazen, ma il boicottaggio continuerà, finché il nuovo esecutivo non riconoscerà Israele, gli accordi sottoscritti tra Stato ebraico e Organizzazione per la liberazione della Palestina e rinuncerà alla violenza. «Ringrazio Washington per aver affermato inequivocabilmente che non riconoscerà un governo che non accetta i princìpi del Quartetto», ha dichiarato Olmert ai delegati del suo partito Kadima. Poi ha dettato alla controparte altre condizioni: fine del lancio di razzi dalla Striscia di Gaza e liberazione immediata di Gilad Shalit, il caporale catturato in giugno dai combattenti palestinesi. La Rice era stata più cauta: «Non ho visto nulla che suggerisca che questo governo andrà incontro ai princìpi del Quartetto, ma vedremo cosa succederà quando l'esecutivo sarà formato». Ma il premier israeliano aveva concretizzato il sabotaggio già l'altro ieri, dichiarando che il presidente Bush «venerdì nel corso di una telefonata» si era detto a favore della continuazione dell'isolamento dell'Anp. Ismail Haniyeh, il premier di Hamas che ha cinque settimane di tempo per comporre un esecutivo multipartitico, ieri ha fatto appello a Washington: «la nuova maggioranza darà ampio margine di manovra politica», ha detto da Gaza. Ma Mustafa Barghuti giudica quella di Olmert una «dichiarazione di guerra contro il popolo palestinese». Il deputato di «Mubadara» sostiene che «quello sottoscritto in Arabia Saudita non è un accordo tra Hamas e Fatah, ma tra tutti i partiti palestinesi». «Sabotarlo - ci dice al telefono da Ramallah - significa fomentare la guerra civile, per poter poi nuovamente dire che Tel Aviv non ha partner per la pace». Per Barghuti, che si è aggiudicato il 19,5% alle ultime presidenziali, «ora la palla passa all'Unione Europea: solo un suo intervento può preservare l'unità palestinese». Bruxelles - il principale donatore dell'Anp - da un anno ha bloccato parte dei 600milioni di euro annui destinati ai palestinesi. Ma l'europarlamentare di Rifondazione comunista Luisa Morgantini non è ottimista. «Temo che l'Ue continui a seguire gli Stati Uniti», dice al manifesto alla vigilia dell'incontro del Quartetto di mediatori (Usa, Ue, Russia Onu) che si riunirà domani a Berlino. Per la Morgantini «la questione andrebbe rovesciata: perché Israele non riconosce la Palestina? E perché non si dice che la Road map impone a Tel Aviv la cessazione della colonizzazione, mentre gli insediamenti nei Territori occupati continuano a crescere?». Per la Morgantini è necessario «fare pressione sul governo italiano, affinché assuma la posizione «aperturista» nei confronti dell'Anp, quella del presidente francese Chirac e dall'esecutivo norvegese».
Mouin Rabbani, che per International Crisis Group analizza il Medio Oriente, ricorda che «l'Olp ha riconosciuto Israele ma in seguito lo Stato ebraico ha delegittimato tutta la leadership dell'Olp». «È assurdo bloccarsi ora sulla questione del riconoscimento, che va affrontata nell'ambito di un accordo complessivo di pace» dice Rabbani, secondo il quale «l'esecutivo israeliano mira a prendere tempo per consolidare il proprio dominio sulla Cisgiordania, con l'espansione delle colonie ebraiche e il completamento del muro». E poco importa che anche il britannico Financial Times ieri scrivesse: «L'accordo della Mecca non parla di riconoscimento d'Israele, ma obbliga le parti a rispettare gli accordi esistenti, che includono tale riconoscimento». Per Olmert la parola d'ordine è: boicottaggio.
Articoli correlati
La logica dell’annientamento e il diritto internazionale che non c’è
2 agosto 2006 - Danilo Zolo«A Gaza siamo ad un passo dalla catastrofe umanitaria»
Parla il ministro della Sanità del governo palestinese, Bassem Naim che chiede un’inchiesta internazionale per appurare l’impiego di armi non convenzionali da parte di Israele. «Noi non abbiamo strutture per documentare quello che sta succedendo»30 luglio 2006 - Francesca Marretta
Sociale.network