Palestina

Colonialismo e Israele. Fuori dall'Europa, fuori tempo.

5 marzo 2007
James Brooks
Tradotto da per PeaceLink

Prima dell'inizio della colonizzazione europea, un secolo fa, generazioni di
palestinesi musulmani, cristiani e ebrei convivevano in Terra Santa senza, o
quasi, alcun conflitto. L'arrivo del Sionismo fece emergere una vena di
intolleranza che alla fine è diventata un continuo spargimento di sangue in
quel mare di violenza e caos che oggi attanaglia la regione.

Come i loro discendenti, i primi colonizzatori sionisti elogiavano la
separazione degli ebrei dai non ebrei. Stavano in disparte e sognavano di
reclamare tutto ciò che era della Palestina per gli ebrei. Intrusi stranieri
e con la legge nelle loro mani, divennero una minaccia per la vita e la
terra della popolazione indigena.

Il Sionismo politico maturò all'interno del fanatismo nazionalista etnico
che travolse l'Europa per molti decenni, prima e dopo la prima guerra
mondiale. Questi movimenti - alcuni focolai esistono ancora oggi- tendevano
ad adottare le teorie autocelebrative della scienza razziale del 19° secolo,
che erano a loro volta un prodotto di secoli di colonialismo genocida
europeo.

I nazionalisti etnici europei sostenevano che un "popolo" fa una nazione e
che questa ha diritto a uno stato indipendente. Per estensione, chi risiede
nello stato e non è del "popolo" può essere escluso dalle questioni della
nazione, se non addirittura espulso o sterminato. I movimenti nazionalisti
dell'Europa centrale e orientale erano spesso sostenuti dalla Gran Bretagna
e dalla Francia, per indebolire la Germania e i due imperi multi-etnici,
quello austro-ungarico e ottomano.

I Sionisti fecero un passo in più rispetto al nazionalismo etnico reclamando
il diritto allo stato per i credenti della stessa fede. Riconoscendo una
"razza ebraica" con la propria storia bi-razziale speculare, applicarono la
nozione che un "razza" può definire un "popolo" (cioè un popolo degno di una
nazione). D'altra parte, essi accettavano la definizione religiosa di
Ebraismo. In questo modo furono capaci di dirottare il Giudaismo verso i
propri obiettivi politici.

Dopo la prima guerra mondiale si infranse il vecchio ordine in Europa e in
Asia sud-occidentale e le potenze dell'Ovest riscrissero le mappe secondo
gli auspici della Lega delle Nazioni. Nel vano tentativo di contenere lo
spirito del nazionalismo etnico, che essi stesi avevano contribuito a far
emergere, la Lega chiese agli "stati democratici" nati dallo sgretolamento
degli imperi di rispettare i diritti delle "minoranze".

In pratica però questa presa di posizione "assimilazionista" non fu messa in
pratica in maniera significativa. Le Carte di molti dei nuovi stati
modellavano il concetto di cittadinanza su aspetti etnici. I liberali
discutevano sul potenziale di integrazione dei gruppi etnici per valutare se
fossero stati adatti alla "democrazia". Gli Ebrei erano il gruppo che più
spesso veniva definito "difficile" o "impossibile" da integrare.

Nel suo libro, Dark Continent*, il professor Mark Mazower dimostra che la
spinta democratica dell'Europa del dopo Versailles regredì immediatamente
nella spirale autoritaria dell'Europa pre-Versailles, senza però le sue
compagini multi-etniche stabilizzanti. A metà degli anni '20 il fascismo
godeva di appoggio popolare e di rispetto in tutto il continente. Quando
Hitler salì al potere, i governi fascisti erano diventati così convenzionali
che i Nazisti furono costretti a rinvigorire il movimento con parole e
azioni più aggressive.

Sia in Gran Bretagna che in Germania trasferire la "nazione ebraica" fuori
dall'Europa era una soluzione allettante e persino logica a quel "problema
ebraico" che da tempo esisteva in Europa. I Sionisti promisero di fare
proprio questo, e così godevano del sostegno dei vertici della società
europea. L'occupazione britannica (su ordini di Londra) sostanzialmente
ignorava l'illegittimità dei sionisti e la persecuzione degli arabi da parte
di questi, mentre i Nazisti li salutavano come nomadi verso un futuro di
purezza "razziale" per tutti.

Naturalmente pensare che milioni di europei potessero muoversi en masse
verso qualsiasi luogo fuori dall'Europa rispondeva intrinsecamente ad una
logica coloniale, come se il mondo fosse una tabula rasa su cui il
continente potesse riversare il suo peggior bigottismo in un colpo solo.
Mentre il Sionismo politico era parte essenziale dell'entusiasmo dell'Europa
del 20° secolo per il nazionalismo etnico, il suo programma apparteneva al
19° secolo, come la mania di Lincoln di trasferire i neri americani in
America Centrale.

Insediandosi nella Palestina araba, il Sionismo ha adottato l'ideologia
imperialista facendole fare marcia indietro nella storia: ha fondato nel
1948 uno stato etnico europeo coloniale in un Medio Oriente arabo in piena
fase di "decolonizzazione". Israele fu un anacronismo dalla nascita.

Frutto delle leggi di immigrazione antisemitiche delle nazioni occidentali
(che la lobby sionista aveva incoraggiato), la Nazione ebraica (che i
Sionisti reclamavano di rappresentare) si sarebbe trapiantata in Palestina
per adempiere ad un comandamento divino e rivendicare così l'antica nazione
di Israele. La forte valenza storica e religiosa di questa affermazione
sbaragliò in un colpo solo le mitologie delle altre nazioni e segnò la
perenne tendenza del Sionismo all'ardire.

La forza motrice del Sionismo ha continuato a guidare Israele come un
progetto coloniale espansionista fino al 21° secolo, appropriandosi,
distruggendo e annettendo inesorabilmente terre e acqua palestinesi. Questa
rapina alla luce del sole sta procedendo in maniera incalzante grazie anche
alla "barriera di separazione" che Israele sta costruendo nella sponda
occidentale palestinese. In Europa i muri sono sempre stati usati per
delineare confini di stati e ghetti. Israele li usa per continuare a
espandere i suoi confini e smembrare i suoi ghetti per uso proprio.

Rispondendo all'intolleranza dell'Europa e all'Olocausto nei termini
razzisti di colonialismo, il Sionismo ha messo insieme il desiderio ebraico
di libertà e sicurezza con i peggiori impulsi dell'animo umano. Ha unito la
cecità morale del nazionalismo etnico al crimine morale di etnocidio e ha
accollato al Sionismo un incessante bisogno di negare sempre la realtà
storica e l'umanità di arabi e musulmani.

Queste sono le radici profonde dell'illegalità che vediamo oggi in Palestina
e Israele. Nessuno è stato risparmiato. Gli israeliani sono sommersi da un
marea crescente di crimini, corruzione, incompetenze e venalità che
affliggono il loro governo e la società. Recentemente abbiamo appreso della
concussione che ha coinvolto persino l'autorità israeliana delle tasse e
probabilmente anche il Primo Ministro stesso. Nel frattempo lo Stato
minaccia di attaccare l'Iran con armi nucleari.

La Storia ci insegna che Israele dovrà inevitabilmente fare i conti con il
fallimento morale e politico del colonialismo. Non può conservare uno stato
di guerra con gli stati vicini per sempre. C'è una via d'uscita pacifica che
comincia con la rinuncia di Israele al colonialismo e all'occupazione. Se il
nazionalismo etnico sionista sopravvivrà a questi cambiamenti, è una
questione aperta. Senza questi cambiamenti Israele potrebbe essere sorpresa
dal giorno della resa dei conti e non riuscirebbe a gestirlo.

*Mark Mazower, Le ombre dell'Europa. Democrazie e totalitarismi nel XX
secolo, Garzanti, 2000

Note: James Brooks collabora come webmaster per Vermonters for a Just Peace in
Palestina/Israele (www.vtjp.org). Per contattarlo scrivere al seguente indirizzo:
jamiedb@wildblue.net .

Link al testo originale in inglese:
http://www.counterpunch.org/brooks01242007.html

Tradotto da Angela De Nicola per www.peacelnk.it
Il testo è liberamente utilizzabile per scopi non commerciali citando la fonte, l'autore e il traduttore.

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